Al buio in senso tecnico o figurato, improvvisati, infilati tra un impegno e l’altro: gli incontri tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron hanno questa cifra sin dal giorno in cui la leader ha preso in mano la campanella di governo. La prima volta – con Macron a Roma – era stato così soprattutto per evitare all’Eliseo problemi con la propria opinione pubblica. Questo venerdì – con Meloni a Versailles – è valso forse il contrario.

Nel mezzo ci sono state crisi politiche e diplomatiche, telecamere che indugiavano sull’espressione infastidita della premier, dichiarazioni poco cordiali dei ministri francesi, schermaglie e freddezze. E a conclusione dei primi anni di governo Meloni quel che si attesta è che la premier non è riuscita ad aprirsi margini di manovra con un paese fondatore assieme al quale avrebbe potuto altrimenti spostare equilibri e dossier europei.

L’«incastro» olimpico

Si sono fatti riprendere dalle telecamere sorridenti e disinvolti, questo venerdì, Macron e Meloni, ma si può dire che l’incontro abbia avuto la stessa durata dei sorrisi: pochi minuti, forse una decina, trapela da fonti francesi. «Eccellente, veramente molto bene», ha detto il presidente ai cronisti insistenti.

Non solo niente conferenze stampa o dichiarazioni dei due, ma esangue pure la comunicazione dell’incontro: l’Eliseo si limita a far sapere che il presidente si è intrattenuto con Meloni a Versailles «a margine di una prova di equitazione dei giochi olimpici» e che i due «hanno discusso dei principali dossier bilaterali, europei e internazionali attuali, in particolare la situazione in Medio Oriente come pure gli ultimi sviluppi politici in Venezuela». Quel poco che trapela fuori microfono fa intendere che su questi temi i due si siano detti poche frasi appena. La nota di Chigi è in sintonia nel dire poco o nulla, come del resto pare sia stato l’incontro stesso: «Al centro dei colloqui i principali temi della politica europea e internazionale» e a seguire Medio Oriente e Venezuela.

Ci sono due motivi per i quali un incontro può apparire assai informale: o per dirsi cose cruciali e non darlo a vedere, o per fare giusto il gesto di vedersi. La premier ha voluto far intendere sin dall’inizio che il suo viaggio in Francia sarebbe stato concentrato sulle Olimpiadi, e che un incontro con Macron sarebbe stato solo un eventuale corollario. «Lui oggi non è a Parigi, dipende se riusciamo a incastrarci», aveva detto il giorno prima Meloni, riferendo che gli staff stavano cercando un momento buono per entrambi.

Insomma un incontro infilato per non apparire del tutto ostili, ma privato di valenza politica. E dire che i due avrebbero di che parlarsi: tanto per cominciare c’è il tema delle deleghe della ventura Commissione europea. Durante l’ultimo vertice tra i leader europei a Bruxelles – il 27 giugno – il Financial Times aveva fatto circolare la notizia di uno scontro in atto tra i due paesi per le future competenze nell’esecutivo comunitario. Fonti del governo francese avevano detto a Domani che dal punto di vista francese non c’era nulla da litigarsi, dato che la richiesta dell’Eliseo mirava agli interessi industriali. Nulla da litigarsi nel senso che era dato per scontato che all’Italia non spettasse questo, o che non vi ambisse neppure.

Dopo essersi isolata in Ue per ben due volte – prima in Consiglio europeo sulle nomine, poi all’Europarlamento sulla rielezione di von der Leyen – Meloni non può arrogarsi di apparire incisiva nelle dinamiche europee. Recuperare un canale effettivo con l’Eliseo le sarebbe strategicamente utile. Ma non pare che i minuti di questo venerdì siano stati sfruttati.

Occasioni perse

Sembra un film già visto: l’intera relazione con Macron comincia come occasione persa, sin dal primo incontro. Il 23 ottobre 2022 la premier aveva ricevuto da Mario Draghi non solo la campanella di governo ma pure una prima facilitazione dei rapporti con l’Eliseo: quel giorno Macron si era fatto trovare a Roma con l’argomento di un evento sulla pace. Evitando grandi annunci, comunicandolo all’ultimo, aveva incontrato la neopremier in una terrazza romana, al buio.

In quel caso i toni bassi erano dovuti all’opinione pubblica francese, pronta ad attaccare l’Eliseo per l’avvicinamento alla «premier neofascista», come infatti l’opposizione ha commentato sùbito dopo. Ma Macron era in cerca di una sponda dati i rapporti incrinati con Berlino. L’occasione per Meloni c’era, ma è andata presto sprecata, seguita dalla partita malgestita della Ocean Viking, con conseguente crisi diplomatica.

Dalla riforma del patto di stabilità al prosieguo dell’indebitamento comune, il governo italiano avrebbe avuto di che guadagnare da una effettiva cooperazione con la Francia. Invece la storia va avanti come è iniziata: con incontri rubati e occasioni perse.

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