Il candidato socialdemocratico a succedere ad Angela Merkel, ministro delle Finanze ed ex sindaco di Amburgo, spiega che è ora di far tornare la socialdemocrazia nella cancelleria di Berlino: si mostra come convinto europeista, ma non lesina critiche alle scelte dell’Unione europea sulla strategia dei vaccini
- «L’Unione europea deve parlare con una voce sola. Solo in questo modo sarà presa sul serio sul piano internazionale, anche nelle trattative con la Russia, la Cina e gli Stati Uniti. Gli stati membri più grandi, come la Germania o l’Italia si portano addosso una responsabilità particolare e ne dovrebbero essere coscienti».
- «Con la decisione sul Recovery fund siamo riusciti a portare a termine uno storico atto di solidarietà. Molti non pensavano che l’Unione europea ne sarebbe stata capace. Io sì».
- «Sarebbe stato un bene se l’Europa avesse ordinato più vaccini, molti più di quanti fossero necessari. Il fatto che ciò non sia accaduto non è scusabile».
Signor ministro, la Spd va in campagna elettorale da partito di maggioranza, la grande coalizione. C’è ancora qualcosa che possa offrire agli elettori che non hanno già visto in otto anni?
Ho un piano in cui è chiaro quel che dovrà accadere nei prossimi dieci anni, una missione per il futuro della Germania. Dobbiamo mettere il paese sul binario giusto per fare in modo che la Germania abbia buoni posti di lavoro anche tra dieci, venti e trent’anni, finalmente si fa forte di un’economia ecologicamente neutrale e continua a essere tra i primi al mondo in fatto di tecnologia. Proprio per questo motivo la politica economica deve tornare tra le priorità assolute, invece di finire nelle categorie residuali. O, per dirla altrimenti: è ora che il cancelliere sia di nuovo un socialdemocratico.
La sostenibilità ambientale e l’ecologia sono temi sempre più importanti per l’elettorato tedesco. Che ruolo hanno nel suo programma elettorale? La Spd su questi argomenti ha perso il treno che invece sono riusciti a prendere i Verdi?
Tutto il contrario: la battaglia contro il cambiamento climatico non deve esaurirsi in gesti plateali e richieste il più stringenti possibile. Chi vuole amministrare il paese in maniera ecologicamente neutrale, e questo è uno degli obiettivi che la Germania vuole raggiungere entro il 2050, deve fare i suoi compiti adesso. Quindi investire in grande stile nelle energie rinnovabili, migliorare lo sfruttamento di impianti eolici e fotovoltaici, rendere più efficiente la rete elettrica e fare il nostro ingresso nel mercato dell’idrogeno. E contemporaneamente dobbiamo fare in modo che la corrente non diventi sempre più costosa. Responsabili, digitali, contrari alla creazione di nuovo impatto negativo sull’ambiente: noi socialdemocratici stiamo per questi valori.
Nei sondaggi la Spd è ben lontana dalle sue performance migliori. I tedeschi non sono più affascinati dalla socialdemocrazia?
No, sono molto fiducioso che numerosi cittadine e cittadini punteranno su di me, sulla mia esperienza da vicecancelliere, ministro delle Finanze ed ex sindaco di Amburgo. La Spd è già oggi il motore del governo. Abbiamo fatto in modo che milioni di persone in Germania conservassero il loro posto di lavoro, ampliando la cassa integrazione. Abbiamo fatto in modo di sostenere le famiglie durante la crisi Covid-19 con un bonus figli. E da ministro delle Finanze ho confezionato i più grandi pacchetti di misure per aiutare le imprese di sempre. È proprio la nostra politica a traghettare la Germania oltre la crisi in maniera sicura. E, come ho già detto, ho un piano su come portarci fuori dalla crisi.
Come si porrà con i populisti di Afd in campagna elettorale? Come è cambiato dal 2017 il rapporto degli elettori con i partiti populisti in Germania e nel resto del mondo?
I populisti fanno credere che abbiano soluzioni semplici a problemi complicati. Questo fatto è sempre sbagliato, ne è prova evidente la crisi Covid-19 che stiamo vivendo. La Germania ha davanti a sé un periodo di cambiamenti radicali. Come viviamo, lavoriamo e produciamo, tutto questo cambierà. Se lo approcceremo nella maniera giusta e con fiducia, miglioreremo la nostra vita e renderemo la nostra convivenza più equa. Il futuro chiede esperienza e coraggio, non cattivo umore e avvilimento.
La Germania dovrebbe prendersi più responsabilità nella comunità internazionale? Che ruolo dovrebbe svolgere nei confronti di grandi partner strategici come la Cina e gli Stati Uniti?
L’Unione europea deve parlare con una voce sola. Solo in questo modo sarà presa sul serio sul piano internazionale, anche nelle trattative con la Russia, la Cina e gli Stati Uniti. Gli stati membri più grandi, come la Germania o l’Italia si portano addosso una responsabilità particolare e ne dovrebbero essere coscienti. Con l’arrivo del nuovo presidente americano Joe Biden ora abbiamo l’occasione di scrivere un nuovo capitolo delle relazioni transatlantiche e di rafforzare il multilateralismo. Dovremmo sfruttare quest’occasione.
Come vede l’Unione europea tra quattro anni?
Con la decisione sul Recovery fund siamo riusciti a portare a termine uno storico atto di solidarietà. Molti non pensavano che l’Unione europea ne sarebbe stata capace. Io sì. E voglio che continuiamo lungo questa strada. Dobbiamo diventare più robusti e capaci d’agire. Tra quattro anni voglio vedere davanti a me un’Unione sovrana, forte e unita che è nel bel mezzo del processo di cambiamento digitale ed ecologico sostenuto da investimenti comuni e ne sta già traendo profitto.
Negli ultimi anni il rapporto tra Berlino e Mosca è stato quantomeno controverso. Da un lato sono stati portati avanti progetti economici discussi come il gasdotto Nordstream II, dall’altro ci sono state chiare prese di posizione del governo, per esempio nel caso Navalny. Come si dovrebbe evolvere secondo lei questo rapporto?
L’avvelenamento di Alexey Navalny è stato un atto terribile. Per questo motivo è stato giusto che l’Unione europea abbia reagito in maniera chiara e decisa con un’azione collettiva diretta contro i responsabili in Russia. II gasdotto Nordstream è un altro discorso. Si tratta di un progetto economico di privati che permetterà di rafforzare la sicurezza energetica in Europa mentre viene portata avanti la transizione verso le energie rinnovabili.
La strategia europea si è dimostrata valida nella corsa al vaccino? Le aziende farmaceutiche non sembrano in grado di consegnare il numero di dosi concordato.
Sarebbe stato un bene se l’Europa avesse ordinato più vaccini, molti più di quanti fossero necessari. Il fatto che ciò non sia accaduto non è scusabile. Ma non dovremmo spendere altro tempo a pensarci ma impegnare tutte le forze per far produrre più vaccini e inocularli il prima possibile. Il punto di partenza, cioè l’iniziativa comune degli stati europei, era giusto.
La Germania alla fine ha ordinato ulteriori dosi in autonomia, non si tratta di una scelta egoistica?
Si tratta di ottenere più vaccini. Ed è chiaro che se attribuiamo compiti importanti alle istituzioni europee devono avere competenza e volontà di trovare in fretta soluzioni da tramutare in maniera decisa in fatti. Altrimenti devono anche saper sopportare critiche nette. Competenza e responsabilità vanno di pari passo.
Cosa pensa della crisi politica che si appena conclusa in Italia?
Con Mario Draghi a guidare il governo in Italia c’è un presidente del Consiglio che ha molta esperienza e ha una forte rete di legami in Europa. Credo che sia in grado di indicare alle italiane e agli italiani una buona via per uscire dalla crisi Covid-19. Lo conosco bene dai tempi della presidenza della Bce e lo stimo molto.
Ha timori per le eventuali conseguenze di questa crisi sul Recovery plan? Secondo quali priorità dovrebbero essere scelti i progetti da finanziare? Cosa si aspetta Berlino dal piano?
Tutti gli stati europei saranno in grado di utilizzare in maniera responsabile i fondi del Recovery fund. I denari non devono soltanto porre un argine alle conseguenze della crisi ma anche contribuire a rendere i paesi pronti ad affrontare le sfide del futuro, come il cambiamento climatico e la digitalizzazione.
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