A sentir parlare Marc Lazar – storico e sociologo della politica, professore emerito a Sciences Po con cattedra anche alla Luiss – sembra che la Francia abbia davanti molti scenari possibili. Ci sono almeno quattro o cinque ipotesi di governi e maggioranze possibili, dopo le legislative, convocate da Emmanuel Macron per 30 giugno e 7 luglio. Ma a ben guardare chi ha ben poche possibilità di sopravvivenza politica è proprio lui, il presidente che «assisterà alla fine del macronismo entro le presidenziali del 2027». Le ragioni sono profonde, ma pure la mossa di sciogliere il parlamento a quanto pare non aiuta: dalle ricostruzioni di Lazar si coglie che il piano di Macron è in parte già fallito.

Cosa intendeva ottenere Macron convocando le elezioni dopo la batosta da lui subita alle europee?

Il primo obiettivo è mettere in crisi i due partiti tradizionali di governo, peraltro già in grande difficoltà, ovvero repubblicani e socialisti; e recuperare parte dell’elettorato moderato su entrambi i versanti. Per quel che riguarda i Républicains, si può dire che lo abbia già ottenuto, visto che una parte minima se ne sta andando col Rassemblement National e il colpo metterà in difficoltà l’elettorato del partito, del quale una metà vuole andare con l’RN ma un’altra parte è tentata dal campo macroniano. Per quel che riguarda il tentativo di mettere in crisi il partito socialista si può però già dire che la strategia di Macron sia un fallimento: il Parti Socialiste ha immediatamente deciso di ricostruire l’alleanza con la sinistra radicale di Mélenchon e solo una piccola minoranza di socialisti rimbrotta.

Davvero lei esclude che una fetta di socialisti si faccia attirare dalle sirene del presidente e del progetto di «federazione» di cui ha vagheggiato mercoledì? Quelle sirene erano rivolte anzitutto a Raphaël Glucksmann, il nome a cui è associata la rianimazione elettorale dei socialisti alle europee…

Glucksmann ha potuto giocare un ruolo alle europee perché c’era un sistema proporzionale, ma con le legislative tutto cambia: dopo domenica lui rappresenta sé ma non il partito, che il giorno dopo le europee è corso a fare l’unione di sinistra nonostante i pregressi di polemiche terribili con la France Insoumise. È ovvio per me che una volta eletti con l’alleanza del Front Populaire, dal giorno dopo i parlamentari torneranno a dividersi tra loro; ma solo una piccolissima parte, che si conta sulle dita di una mano, fuggirebbe nel campo macroniano.

Non è ciò che Macron ha sperato.

Esatto: il ragionamento che lo ha spinto a convocare elezioni si basava sull’ipotesi che non ci sarebbe stata possibilità di alleanza tra France Insoumise, Glucksmann, socialisti. Ma il presidente ha fatto male i suoi calcoli, anche perché per quanto l’elettorato moderato socialista sia in disaccordo con Mélenchon, ci sono almeno due validi motivi per i quali non si sposterebbe verso Macron: la riforma delle pensioni e la legge sull’immigrazione.

C’è da domandarsi se il presidente non rischi di rimanere schiacciato tra destra e sinistra.

Tra i calcoli che lo hanno spinto a convocare le elezioni c’è l’idea che presentarsi come la barriera verso gli estremi possa mobilitare il suo elettorato: la lista macroniana alle europee ha avuto poco più di tre milioni e seicentomila voti, mentre Macron al primo turno delle presidenziali 2022 ne aveva presi 9 milioni e 700mila. Ma secondo me anche questo calcolo e questa speranza si riveleranno sbagliati. Quanto al ritrovarsi stritolato, bisogna vedere il tasso di astensionismo, dopodiché ci sono diversi scenari possibili.

Quali scenari prevede?

Il primo è quello in cui spera il Front Populaire, e che io do per impossibile: l’alleanza di sinistra ottiene la maggioranza assoluta. Un’ipotesi quasi impossibile è che vinca il blocco centrale, ma il rigetto degli elettori verso Macron è troppo forte perché sia suffragata. Terzo scenario: l’RN ha la maggioranza assoluta e il presidente deve insignire Bardella premier per una coabitazione durissima. Quarto: l’RN ha la maggioranza relativa e Macron cerca un capo di governo destrorso ma rispettoso delle istituzioni: in quel caso la coabitazione sarebbe meno dura. L’ultimo scenario è quello di un’assemblea così frammentata e caotica da giustificare un premier tecnico – come con Castex – per poi tornare alle urne l’anno dopo.

La convince l’interpretazione secondo la quale Macron punterebbe proprio sulla coabitazione per logorare il campo lepeniano?

In caso di coabitazione dura Macron potrebbe fare come Mitterrand con Chirac o come Chirac con Jospin: mandare regolarmente messaggi per dire che è in disaccordo col premier, facendo una sorta di guerriglia, e dopo un anno sciogliere di nuovo il parlamento sperando di raccogliere i frutti elettorali.

Qualcuna delle ipotesi contempla la sopravvivenza del macronismo alle presidenziali del 2027?

Vedremo se il macronismo avrà vita dopo Macron e i suoi due mandati. Io penso proprio di no: per non estinguersi, il suo campo avrebbe dovuto costituirsi non solo come partito – cosa che peraltro non ha fatto fino in fondo – ma nei contenuti, costruendo una egemonia culturale e politica. Invece il macronismo è inesorabilmente legato al capo, e Macron ha perso presto una visione: naviga a vista e fa politica alla giornata.

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