Per il direttore di ricerca di Ipsos France lo scenario di una Francia ingovernabile è «realistico», ma al secondo turno un muro netto contro l’Rn «può fare la differenza». Perché Le Pen sbanca? Anzitutto «in opposizione a Macron» e perché «la sua strategia di normalizzazione paga». Quella di Mélenchon invece «crea perplessità anche a sinistra»
Dal secondo turno dipenderà la forza con cui l’estrema destra francese potrà imporsi nelle istituzioni, come spiega in questa intervista Mathieu Gallard, il direttore di ricerca di Ipsos France.
Per ora Emmanuel Macron ha favorito il Rassemblement national in almeno tre modi: gli elettori votano Rn in opposizione a lui, lo scioglimento dell’aula è stato un fallimento e la confusione sul fronte repubblicano fa il gioco dei lepeniani.
Quali scenari sono plausibili dopo il secondo turno?
Ritengo improbabile – anche se non impossibile – che il Rassemblement National ottenga la maggioranza assoluta in parlamento, cioè almeno 289 seggi. Se arriva a 270-280, cioè a una composizione comunque molto forte, tenterà di governare cercando supporti tra i repubblicani. Poi c’è lo scenario con l’Rn molto debole (230-240 seggi), dunque senza una reale prospettiva di governo; a quel punto l’unica alternativa sarebbe una coalizione ampia, ma difficile da costruire e ancor più da gestire. L’ipotesi di ingovernabilità è realistica.
Fino a che punto sarà determinante la compattezza di un fronte repubblicano al secondo turno?
Mentre è in ogni caso difficile che l’Rn abbia la maggioranza assoluta, un fronte può fare la differenza nel consegnare al Rn una compagine forte oppure no.
Una ambiguità dei centristi, macroniani per primi, può concedere ai lepeniani 280 seggi, mentre un argine duro li tiene a 220?
Questo è un esempio, il concetto è che l’ambiguità del campo macroniano favorisce l’Rn per vari motivi: la confusione comunicativa, con ministri ed esponenti che esprimono ognuno una posizione diversa; un gran bazar. Se anche raggiungono una posizione chiara, a livello locale verrà poi seguita? Non è detto: il partito di Macron è molto debole e dopo la scelta di sciogliere l’aula l’immagine del presidente si è indebolita pure agli occhi dei suoi stessi sostenitori. La confusione non aiuta di certo a mobilitare l’elettorato contro l’estrema destra.
L’alta partecipazione è dovuta a una mobilitazione per il Rn o al tentativo di fermarlo?
A entrambe le cose. L’elettorato percepisce che c’è molto in gioco: per la prima volta nella nostra storia, l’Rn può governare il paese, e ciò mobilita sia chi lo auspica che chi ne è terrorizzato.
Dal 2017 in cui Macron diceva di voler fermare Le Pen, lei non fa che crescere di elezione in elezione. Cosa innesca questa dinamica favorevole all’Rn?
La spiegazione principale del successo dell’Rn sta nel fatto che c’è rabbia e pessimismo per la situazione del paese, dunque ci si rivolge al partito più abile ad attrarre arrabbiati e pessimisti. Inoltre oggi il tema dell’immigrazione ha un ruolo molto forte nella scelta degli elettori, e su questo punto i Le Pen hanno caratterizzato la loro formazione dagli anni Ottanta. C’è poi un terzo elemento: l’Rn è visto come la più forte opposizione a Macron; la sinistra, in confronto, appare divisa e inefficace. Gli insoddisfatti verso Macron si rivolgono ai lepeniani pure se non sono del tutto soddisfatti del Rn.
La strategia di normalizzazione dell’Rn ha prodotto effetti rilevanti, in termini elettorali?
Sì. Senza questa, molti elettori non si sarebbero rivolti all’Rn, che oggi viene percepito come credibile quanto gli altri partiti. La strategia è stata molto efficace, mentre Jean-Luc Mélenchon ha imboccato quella opposta, e non sta funzionando.
In che modo la figura di Mélenchon condiziona la tendenza elettorale a sinistra?
Ha avuto un effetto positivo al primo turno, perché se la sinistra non si fosse unita sarebbe finita decimata. Ma al secondo, quando i votanti moderati possono fare la differenza, rischia di dissuaderli. Sarà l’elettorato centrista a risultare decisivo al secondo turno: da questo dipenderà la forza con cui l’Rn si impone in parlamento.
Il gradimento di Mélenchon in queste elezioni è diverso rispetto al 2022 della Nupes?
Sì, sicuramente. Sùbito dopo le presidenziali Mélenchon era relativamente popolare almeno a sinistra, mentre negli ultimi due anni – anche per il posizionamento internazionale e il piglio politicamente aggressivo – ha problemi anche nell’elettorato di sinistra stesso. C’è solo un leader che va peggio di lui nell’indice di gradimento, ed è Éric Zemmour; nessun altro suscita tassi così alti di disapprovazione. Ma a quanto pare Mélenchon ha ancora un suo zoccolo duro senza il quale la sinistra si attesterebbe a percentuali ben peggiori, almeno al primo turno.
Il Fronte popolare può arrivare a contendere il governo all’Rn, oppure no? Riuscirebbe a trovare abbastanza sponde in aula senza scontare un abbraccio elettoralmente fatale con Macron?
Se tutti i partiti fanno fronte contro l’Rn, ciò non comporta anche una alleanza di governo, ovviamente. Se Rn risultasse primo ma debole, la sola alternativa sarebbe una coalizione molto larga, dai comunisti ai repubblicani. Ma al momento i tre blocchi elettorali (estrema destra, campo macroniano e sinistra) sono chiusi tra loro e non si amano l’uno con l’altro. Se mai socialisti ed ecologisti accettassero di coalizzarsi con Macron, non lo accetterebbero i loro elettori, il che rende possibile una alleanza del genere più sul piano matematico che politico.
La Macronie sarà spazzata via?
Dal punto di vista elettorale la sconfitta non è terribile come ci si aspettava: rispetto alle europee c’è un miglioramento. Ma il campo macroniano resta molto debole rispetto agli altri due blocchi. Inoltre la scelta di sciogliere il parlamento ha indebolito Macron pure tra i suoi – lo hanno criticato ministri e maggiorenti di partito – quindi non sarà neppure nella posizione per decidere il proprio successore. Il centrismo in sé esiste ancora, ma come partito… L’azzardo di Macron nell’andare al voto è una pessima idea, e qualsiasi cosa succeda nella futura assemblea nazionale, lui sarà in una posizione peggiore che prima di scioglierla.
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