- La votazione per il presidente della Repubblica tedesco avviene quasi in contemporanea a quello italiano. Dopo aver conquistato il sostegno dell’intera maggioranza e dei conservatori all’opposizione, Frank-Walter Steinmeier può serenamente aspirare a una rielezione alla prima votazione.
- I poteri associati alla carica per ragioni storiche sono molti minori, in particolare quelli politici: il ruolo è più rappresentativo del corrispettivo italiano, ma nel suo primo mandato Steinmeier ha dato prova di voler sfruttare tutti gli strumenti che la Costituzione gli concede.
- L’ha fatto nella formazione del governo nel 2017 e nei rapporti con gli estremisti di AfD.
La rielezione del presidente della Repubblica tedesco Frank-Walter Steinmeier il prossimo 13 febbraio è quasi cosa fatta. Potrà contare su una maggioranza ampissima. L’ex ministro socialdemocratico si è guadagnato prima il sostegno dei liberali e nei giorni scorsi anche quello dei Verdi, che sono alleati di Spd e Fdp nella nuova alleanza semaforo ma avevano esitato fino all’ultimo per pronunciarsi sul prossimo inquilino del castello Bellevue, l’equivalente berlinese del Quirinale. La maggioranza garantisce da sola i voti sufficienti nella Bundesversammlung, l’assemblea che elegge il presidente, formata dai 736 deputati del Bundestag e da altrettanti rappresentati dei Land. Dopo aver riconosciuto la scarsa prospettiva che avrebbe in condizioni simili un candidato alternativo, anche la Cdu ha espresso il proprio sostegno al presidente uscente. A contrapporsi alla rielezione sarà soltanto AfD, che già nel 2017 aveva presentato un candidato alternativo.
La scelta di un usato sicuro potrebbe ricordare il dibattito italiano, dove c’è chi chiede un bis di Sergio Mattarella anche contro la sua volontà, ma il contesto dell’elezione tedesca è radicalmente diverso, innanzitutto perché Steinmeier, a differenza di Mattarella, si era messo a disposizione di una ricandidatura già a maggio scorso. È stato un azzardo, considerato che allora il suo partito, la Spd, si muoveva su consensi di appena il 15 per cento e un cancelliere socialdemocratico sembrava un miraggio. Ma Steinmeier, non proprio noto per la sua attitudine al rischio, ha vinto la sua scommessa e disinnescato ogni possibilità che la Cdu proponga uno sfidante.
La possibilità di rielezione è esplicitamente prevista dalla Costituzione tedesca e non sarebbe la prima volta che accade: prima di Steinmeier altri tre presidenti hanno fatto il bis, anche se soltanto il popolarissimo Richard von Weizsäcker è riuscito a portare a termine i due mandati da cinque anni.
L’incarico
Per ragioni storiche legate al nazismo, il potere dei singoli organi costituzionali tedeschi è volutamente ridotto. Per questo motivo il presidente federale, a differenza di quanto accade in Italia, non è il capo delle forze armate né presiede organi giudiziari. Anche per quanto riguarda la formazione dei governi ha poteri molto meno ampi: propone il cancelliere alla votazione del Bundestag, ma non può entrare nel merito delle sue scelte politiche, per esempio nella selezione dei ministri. In Germania, un episodio come il rifiuto da parte di Mattarella di avallare la scelta di Paolo Savona come ministro dell’Economia del governo Conte I difficilmente sarebbe stato possibile. Come è prassi anche in Italia, è raro che intervenga nella politica quotidiana. Secondo quanto stabilito dalla Costituzione, il presidente della Repubblica svolge tre compiti: rappresentare il paese all’estero, favorire cooperazione e armonia interne sui valori costituzionali e gestire le situazioni d’emergenza parlamentare. Anche nell’ultimo caso, però, i margini di manovra sono ristretti e i poteri controbilanciati da quelli di altri organi di sorveglianza. Considerata la proverbiale stabilità politica tedesca degli ultimi anni, non ci sono state occasioni in cui Steinmeier abbia potuto dare prova della sua capacità di gestire le emergenze, ma le sue prestazioni nei primi due ambiti sono state molto apprezzate. Per scegliere chi li accompagnerà fuori dalla pandemia, i tedeschi hanno dunque intenzione di affidarsi a un personaggio familiare con gradimento altissimo. Non è l’unico tratto in comune con Mattarella. Steinmeier, classe 1956, è un politico esperto, membro della Spd fin dal 1975, nello stesso anno in cui si è unito anche il cancelliere Olaf Scholz. Entrambi si sono mossi fin dagli anni Novanta nell’orbita di Gerhard Schröder, il cancelliere alla guida della prima coalizione rosso-verde, autore di una riforma liberista del mercato del lavoro, un’eredità con cui il partito ha combattuto per vent’anni. I protagonisti di quell’epoca però continuano a ricoprire posti in prima fila nel partito, come dimostra l’esempio di Scholz, che sarà più che soddisfatto di vedere il suo storico compagno di battaglie restare altri cinque anni al castello Bellevue. Il personaggio
Steinmeier è riuscito ad affrancarsi dall’identificazione con le politiche di Schröder attraverso i suoi due mandati da ministro degli Esteri. Le qualità che ha più sfruttato in quel contesto, l’attitudine al dialogo e la capacità di trovare compromessi, sono quelle che hanno caratterizzato anche il suo mandato come capo dello stato. Questi tratti distintivi sono stati apprezzati dai sostenitori quanto criticati dai detrattori, che lo hanno spesso considerato troppo poco incisivo. La guida della diplomazia tedesca gli ha permesso di assumere l’autorevolezza necessaria per essere un candidato con una storia politica forte ma votabile anche dai conservatori della Cdu, con cui la Spd nel 2017 governava in grande coalizione. Certo, il quinquennio di Steinmeier è stato di certo meno turbolento del settennato di Mattarella. Ha visto giurare nelle sue mani solo due governi, ma la sfida vera sono state le trattative per la formazione dell’esecutivo Spd-Cdu del 2017: in quell’occasione il presidente è stato protagonista quanto la Costituzione lo permette, convincendo la Spd di Martin Schulz a tornare sui suoi passi ed entrare in una nuova grande coalizione. In realtà i socialdemocratici, usciti con le ossa rotte dalle elezioni, ne avrebbero fatto volentieri a meno. Dopo il fallimento delle trattative per un governo di conservatori, liberali e Verdi, però Steinmeier ha applicato il suo talento più apprezzato: la propensione al compromesso. È riuscito così a convincere il suo partito a rimangiarsi nel giro di qualche mese la promessa fatta agli elettori la sera delle elezioni. Il socialdemocratico ha portato la sua capacità di mediazione anche nei suoi numerosi viaggi all’estero, dove ha potuto approfittare dell’esperienza guadagnata come ministro. Anche in queste occasioni si è posto come mediatore, soprattutto in periodi di tensione internazionale, come durante le sue prime visite nel 2017 in Israele e in Polonia. A essere particolarmente prezioso per il neocancelliere Scholz è poi il buon rapporto che il presidente ha creato con l’Italia. Una risorsa utile anche in prospettiva di un’alleanza più profonda come è stata prospettata di recente da Berlino e Roma. Alla base c’è anche il rapporto privilegiato con Mattarella: i due appartengono a generazioni diverse, ma lo stile politico simile ha creato un’amicizia personale che ha permesso di rasserenare la situazione durante la pandemia. Il rifiuto iniziale della Germania di condividere dispositivi di protezione individuale aveva creato parecchie tensioni, risolte in parte dall’offerta di curare i malati anche negli ospedali tedeschi. Steinmeier ha dilatato per quanto possibile i propri poteri anche per quanto riguarda la vita politica quotidiana tedesca. Ha dovuto fare i conti con il primo parlamento in cui era rappresentata AfD, contro la quale si è esposto parecchie volte, condannando le espressioni razziste che gli esponenti del partito di destra utilizzavano in campagna elettorale e l’autodefinizione di «partito borghese» utilizzata dai parlamentari. Secondo Steinmeier, «chi si ispira a questa tradizione non può seguire una mentalità discriminante, autoritaria o addirittura razzista». Parole molto forti per un presidente. La pandemia è stata l’altro banco di prova del suo mandato. Ha più volte rassicurato il paese, ma ha adottato una strategia più dialogante rispetto a Mattarella nei confronti degli scettici sul vaccino, che in Germania sono molti più che in Italia. Ha raccomandato al paese di non spaccarsi e di continuare a discutere «in maniera ragionevole». Una missione difficile in un paese in cui nei giorni scorsi le forze dell’ordine hanno dovuto proteggere la sede della televisione pubblica dalle aggressioni dei manifestanti antivaccino. ©riproduzione riservata
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