- Nella prima visita a Berlino di Giorgia Meloni, nei colloqui con il cancelliere Olaf Scholz si parlerà dei temi in agenda per l’Unione europea, a cominciare dal consiglio straordinario sui migranti.
- Resta il dubbio sulle intenzioni di Roma per quanto riguarda il piano d’azione, il trattato internazionale messo in cantiere da Mario Draghi prima di lasciare palazzo Chigi.
- Meloni nella conferenza stampa di fine anno era stata piuttosto superficiale per quanto riguarda il Trattato del Quirinale sottoscritto con la Francia, e resta il dubbio su come voglia muoversi con Berlino.
Dopo il tour delle capitali del Nordafrica la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, oggi è a Berlino. Si tratta del primo viaggio in una capitale europea, se si fa eccezione per le trasferte a Bruxelles. Dopo l’incontro con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, nel calendario della cancelleria berlinese è prevista una conferenza stampa congiunta.
A Roma, nel tardo pomeriggio di ieri, le notizie sul viaggio erano ancora poche. È previsto che i due capi di governo dialoghino sui temi europei. In cima alla lista, per Meloni, c’è il Consiglio straordinario sui migranti, in programma a metà mese e sbandierato dalla maggioranza come uno dei primi successi del governo in Europa. Tra i temi indicati da palazzo Chigi ci sono anche quelli economici: non è un segreto che la premier cerchi una rinegoziazione del Pnrr con l’Unione europea e abbia ben presente la trattativa sulla riforma del patto di stabilità che l’aspetta in primavera.
Non sembrerebbe invece nella lista di priorità il Piano d’azione, il trattato tra Italia e Germania che aveva messo in cantiere Mario Draghi negli ultimi mesi del suo governo. «Vedremo se toccheranno l’argomento», dicono fonti di governo. A Berlino, invece, le aspettative sono ben diverse: la discussione del testo, che già esiste ma andrebbe aggiornato in qualche passaggio, è data praticamente per scontata. C’è addirittura chi prevede dichiarazioni esplicite davanti alla stampa sui prossimi passi che le diplomazie intendono intraprendere.
Il contesto tedesco
In Germania il contesto per la prosecuzione dei lavori appare più che mai favorevole. Il fatto che il testo fosse iniziativa di Draghi lo aveva blindato anche dalle obiezioni della politica tedesca nei confronti di Meloni tanto che, fin dalle prime settimane di governo, l’approccio del partito socialdemocratico a cui appartiene il cancelliere era rimasto positivo e aperto a continuare la trattativa.
Oggi i presupposti sono ancora più positivi. Conflitto ucraino, manovre economiche europee e transizione energetica continuano a creare tensione tra Berlino e Parigi nonostante il rapporto di lunga data. La frizione più recente in ordine di tempo si è verificata sulle posizioni contrapposte rispetto alla fornitura di armi all’Ucraina.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha aperto alla consegna di aerei militari, ponendosi in posizione diametralmente opposta a Scholz, che aveva escluso totalmente questa possibilità. In questo contesto, a Berlino l’idea di creare un legame più solido con Roma non dispiace, anche considerato il bilancio dei primi cento giorni di governo di Meloni. L’esecutivo si è dimostrato più europeista e moderato delle attese, smentendo i timori che circolavano a fine settembre: un fatto che è stato riconosciuto e cautamente apprezzato anche dalla stampa, che ha dedicato ampio spazio al giudizio sulle prime settimane della premier.
Resta l’incognita della posizione di palazzo Chigi, dove la linea sulla politica estera è contesa tra i due esperti che affiancano Meloni. Da un lato il consigliere diplomatico ufficiale Francesco Maria Talò, diplomatico d’esperienza e allievo del leggendario ambasciatore all’Onu, Francesco Paolo Fulci, e dall’altro il protetto di Giulio Terzi Sant’Agata, Luca Ferrari, ex ambasciatore in Cina nominato dalla premier Rappresentante personale del presidente del Consiglio per il G7 e il G20.
Per ora, non è chiaro quali rapporti diplomatici i due ritengano cruciali per il nuovo governo. A fine 2022, la presidente era stata polemica sul Trattato del Quirinale concluso con la Francia ed entrato in vigore pochi giorni fa. Durante la conferenza stampa di fine anno, Meloni aveva detto che «i contorni del trattato non mi sono ancora chiarissimi, perché non ho avuto la possibilità di approfondirlo come avrei voluto». I rapporti con il presidente francese si sono complicati già nelle prime settimane del governo con la vicenda della Ocean Viking dirottata a Tolone.
La comunicazione di Meloni aveva creato un caso diplomatico con Parigi, ricomposto solo dopo qualche tempo: un clima non facilissimo per prendere in mano le trattative diplomatiche. In questa situazione, la collaborazione con Berlino sembra obbligata. Il legame andrebbe solo formalizzato, pur nella consapevolezza di entrambi i governi che i dettagli sono ancora tutti da scrivere.
Vanno messi anche in conto tempi lunghi per avvicinare il trattato a una cornice formale di livello adeguato, simile a quella del Trattato del Quirinale. Ma Meloni deve decidere se continuare lungo la strada tracciata da Draghi: da un lato, significherebbe e
sporsi alle obiezioni di chi l’accusa di essere troppo in continuità con il suo predecessore, dall’altro, raccogliere i frutti seminati dall’ex premier offrirebbe alla presidente l’occasione di rafforzare la sua posizione in Europa grazie al sostegno tedesco.
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