Dietro la conventio ad excludendum di macroniani e lepeniani contro la France insoumise c’è anzitutto una operazione di sabotaggio semantico: la parola “Repubblica” è stata «svuotata della sua valenza sociale per assumerne una disciplinare, funzionale a preservare lo status quo», spiega Michaël Fœssel in questa intervista. Secondo il filosofo, noto nel dibattito pubblico francese in quanto voce orientata a sinistra, Mélenchon «è caduto in una trappola» invece di difendere e rivendicare la parola repubblicana
Mentre il cordone sanitario verso l’estrema destra si logora, in Francia la demonizzazione della sinistra procede spedita. Tanto il campo macroniano quanto l’estrema destra operano una conventio ad excludendum: tendono a escludere la France insoumise dal novero delle forze «repubblicane». Questa operazione politica non potrebbe funzionare se prima non ce ne fosse stata una semantica: tutto comincia con un furto e un sabotaggio di una parola, “Repubblica”.
È stata «svuotata della sua valenza sociale per assumerne una disciplinare, funzionale a preservare lo status quo», dice il filosofo Michaël Fœssel, che nel dibattito pubblico francese è un punto di riferimento in quanto voce orientata a sinistra. «Rinunciando a difendere il vocabolario che era anche della sinistra, Jean-Luc Mélenchon ha lasciato che l’estrema destra si appropriasse della parola “repubblicana”. Questo è un grave errore, che ora gli si ritorce contro».
Come ha fatto Le Pen a infilarsi sotto l’ombrello della Repubblica e a sfrattare la sinistra?
In Parlamento gli esponenti del RN arrivano in cravatta e si mostrano rispettosi del parlamentarismo, al quale erano storicamente contrari, mentre viene costruita la narrazione di una estrema sinistra che sarebbe violenta, brutale e «antirepubblicana». Sarebbe errato concludere che l’estrema destra abbia rotto col passato e sia diventata repubblicana. La chiave sta nel comprendere che cosa si intenda ora con «repubblicano».
Da circa vent’anni in Francia la parola “République” sta perdendo il suo significato di res publica, “cosa pubblica”, di tutti. In origine la Repubblica era una somma di princìpi che garantiscono libertà e uguaglianza costituzionali, e verso la quale il RN era contrario; oggi l’estrema destra riprende il termine, ma nel frattempo esso è mutato.
Ormai nei discorsi pubblici – non solo dell’estrema destra ma perfino nei testi giuridici – viene definito antirepubblicano chi contesta la logica dominante; quindi anche i movimenti ecologisti, femministi, le manifestazioni contro la riforma delle pensioni… Siamo passati dalla repubblica dei princìpi, con vocazione sociale, a quella dei valori, che diventa escludente.
È bollato come «antirepubblicano» chi contesta lo status quo?
Il termine «repubblicano» ha assunto oggi una carica disciplinante. La mutazione semantica si vede bene in rapporto alla laicità: in origine la République era sinonimo di libertà di coscienza e neutralità dello stato verso la religione. Invece nella legge macroniana contro il separatismo, votata pure da RN, lo stato arriva a vietare che si manifestino le proprie credenze pure nel settore privato: siamo ben oltre l’idea di vietare il velo a scuola. Lo spirito repubblicano inizia a sovrapporsi con il comportamento maggioritario e la tradizione è percepita come un valore in sé; così passa l’idea che in Francia ciò che non piace possa essere vietato.
Il nuovo significato è talmente contraddittorio rispetto a quello originario che ormai ci si può dire repubblicani difendendo tesi che sono in realtà antirepubblicane: la neutralità dello stato verso le credenze muta in ostilità contro una credenza, l’Islam. Il senso della parola “repubblicano” cambia a tal punto che anche l’estrema destra oggi può arrogarsi di esserlo. Il neoliberismo ha preparato il terreno all’estrema destra producendo diseguaglianze sociali.
La “Repubblica dei valori” è diventata il sostituto secolarizzato della religione cattolica: si propongono “valori repubblicani” per non mettere in discussione l’ordine, per non dare redistribuzione e giustizia sociale.
Come valuta la reazione della sinistra “insoumise” di fronte a questa mutazione?
L’estrema destra ha recuperato temi di sinistra al fine di sovvertirli, le ha rubato le parole al fine di pervertirle: dice «uguaglianza», ma sottintende «per i bianchi». Dice «repubblica», sì, ma per francesi nati da genitori francesi: una Repubblica contro un altro popolo. Zemmour parla di una «anti-Francia musulmana, woke e di sinistra che ci minaccia».
In tutto questo, la France insoumise ha fatto l’errore grave di lasciare la parola all’avversario. Certo, il concetto originario di Repubblica contiene elementi sui quali bisognava condurre una riflessione – ad esempio quelli relativi al passato coloniale; ma il principio andava difeso, contro le manipolazioni delle quali è stato fatto oggetto. Invece quando la mutazione semantica ha preso piede Mélenchon – seppur lui stesso provenga dalla tradizione repubblicana egualitaria – ha abbandonato il termine, come per dire: ok, se la Repubblica segue la logica dello stato autoritario non la usiamo. Invece avrebbe dovuto resistere, preservare il significato corretto della parola.
Bisognava difenderla e rivendicarla a ogni costo. Peccato che gli insoumis siano caduti nella trappola della conflittualità permanente volta a captare la collera; avrebbero dovuto canalizzarla, invece di esacerbarla facendo un favore all’estrema destra.
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