Ora è ufficiale, spetta all’attuale cancelliere popolare Karl Nehammer l’incarico di formare un governo in Austria, dove però è l’estrema destra il primo partito: per Nehammer l’unica alternativa a un governo con i postnazisti di FPÖ è quindi assieme ai socialdemocratici.

E tra i socialdemocratici, il più influente non è il leader nazionale del partito, ma Michael Ludwig, il potente sindaco di Vienna, la città rossa dentro una nazione che si colora sempre più a destra. Il Rathaus – il municipio nel quale Ludwig dà appuntamento per l’intervista – è sia il bastione (perché qui SPÖ guadagna voti invece di perderne) che il bastian contrario: «Proprio come nella prima repubblica, la Vienna rossa è la parte combattiva del paese; il resto è dominato dalla destra».

Dopo le elezioni del 29 settembre – nelle quali l’FPÖ si è attestato come primo partito, mentre l’ÖVP di Nehammer è arrivato secondo – questo martedì finalmente il complicato cubo di Rubik della formazione di governo si è disposto verso una possibile soluzione. E a sinistra il primo a reagire non è stato Andreas Babler, il presidente di SPÖ, l’ala più a sinistra del partito, ma proprio Ludwig, leader de facto di una socialdemocrazia che trova in Vienna la bussola e nel sindaco la figura più orientata al governo.

Verso un governo

«In questa stanza, dopo anni in cui il partito socialdemocratico era stato messo fuori legge prima dall’austrofascismo e poi dal nazifascismo, il 27 aprile 1945 per la prima volta si è riunito il nuovo governo austriaco ed è nata la seconda repubblica», spiega il sindaco mostrando con orgoglio il Roter Salon, la sala rossa del municipio. Ludwig ha sempre escluso qualsiasi tipo di cooperazione con l’estrema destra, ma al contempo ritiene che «governare per i socialdemocratici sia importante».

Ora è arrivata l’occasione. Il presidente della Repubblica austriaco ha fatto ciò che finora nessuno aveva mai fatto, né dovuto fare: l’inedita vittoria di FPÖ rende insolito pure che Alexander Van der Bellen non abbia incaricato di formare un governo il leader del primo partito. In questo caso si sarebbe trattato infatti di promuovere a cancelliere l’ideologo duro dell’estrema destra austriaca, Herbert Kickl; ma i socialdemocratici lo escludono e quanto ai Popolari, non accettano di fare i partner secondari con Kickl cancelliere. Dunque questo martedì il presidente ha assegnato a Nehammer il compito di tentare una coalizione coi socialdemocratici.

Per SPÖ il primo a dare un segnale pubblico è stato Ludwig: «Accolgo con favore», ha scritto. Via libera ai negoziati con Nehammer «per rafforzare sanità, economia, garantire alloggi a prezzi accessibili e proteggere il clima». Solo dopo ha parlato Babler. Per tutta la campagna elettorale, il presidente di SPÖ è parso non avere neppure il pieno sostegno del suo partito: le sue proposte, a cominciare dalla patrimoniale, erano ritenute radicali e quindi un potenziale ostacolo al dialogo coi Popolari.

Ma c’è pure un altro rischio, ed è il tradimento da parte dei Popolari stessi. Ludwig ne è consapevole. È già successo, in un anno cruciale per capire anche quel che succede oggi: nel 2000, dopo che aveva giocato a negoziare coi socialdemocratici, il popolare Wolfgang Schüssel ha concluso un accordo con l’FPÖ, all’epoca guidata da Jörg Haider, ottenendo una posizione dominante in coalizione.

«Quello fu il primo caso problematico: Schüssel è stato il primo in Europa a prendere l’estrema destra come partner, e dopo quel primo passo tanti altri ne sono seguiti in Ue», nota Ludwig. «Voi avete Meloni...», ricorda. All’epoca l’Ue ha reagito sperimentando le sanzioni contro l’Austria ma «non si è rivelata una buona idea».

Dato che però la tendenza è europea, quel che i partiti socialisti possono e devono fare – secondo Ludwig – è «cooperare tra loro, offrire una visione comune europea che si frapponga a quella dei partiti di estrema destra che guardano a Putin». Tra gli amici di Kickl c’è AfD in Germania, tra gli alleati europei la Lega di Salvini, oltre che l’ispiratore Orbán e Le Pen.

Il modello viennese

Kickl funziona alle urne perché fa l’anti sistema – lo ha fatto pure in pandemia – e perché aizza la furia anti migranti; tra i suoi tormentoni c’è la paura dei migranti sui “tram di Favoriten”, uno dei quartieri a più alta presenza multiculturale di Vienna.

Ludwig dice che «quella contro l’estrema destra e le sue narrazioni» è per lui «una lotta quotidiana»; intanto porta avanti progetti di integrazione. Al Rathaus passa «tra le 12 e le 14 ore al giorno, weekend compresi». A quanto pare funziona: quattro anni fa, alle regionali a Vienna, il suo partito ha preso quasi il 42 per cento. Il 29 settembre, in controtendenza rispetto alla delusione nazionale, in città SPÖ è arrivato al 30 e soprattutto ha guadagnato punti (tre).

Qual è la chiave del “modello viennese”? «Il mio distretto era working class e ho iniziato a fare politica per stare dalla parte dei lavoratori», spiega il sindaco. «Credo molto nella Sozialpartnerschaft», il dialogo sociale con imprese e lavoratori, che in Austria è parte integrante del processo politico e istituzionale.

Come fa Vienna a opporre resistenza alla tendenza neoliberale dei tagli al welfare? «Noi socialdemocratici viennesi abbiamo una lunga tradizione, abbiamo messo le basi del nostro modello di social housing (edilizia sociale) da lungo tempo e guardando al futuro». Ludwig rivendica «che ci sia ora un commissario Ue alla casa» dato che su questo si è speso con tanto di lettera a von der Leyen.

Il tema della casa entrerà come priorità anche in una futura coalizione, che per Ludwig serve «a fermare l’estrema destra perché minaccia il nostro stesso sistema democratico».

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