Trentanove secondi di violazione dello spazio aereo della Polonia riaccendono le tensioni con Mosca, il cui rappresentante diplomatico rifiuta di riferire al governo polacco. Il premier Tusk e i suoi ministri intanto spendono in difesa oltre il 4 per cento del Pil. E preparano la popolazione «a tutti gli scenari»
L’ultimo episodio riguarda un missile che vola dove non dovrebbe – cioè nello spazio aereo polacco – e un ambasciatore – quello russo in Polonia – che invece non va dove dovrebbe, ovvero al ministero degli Esteri polacco, dove era stato convocato questo lunedì per il caso del missile, appunto. Ma si tratta solo dell’ultima puntata di una storia di tensioni.
Non è solo per geografia, né soltanto per la sua linea di frontiera con l’Ucraina, che oggi la Polonia appare come la più esposta dell’Ue. Anche sul versante politico, il governo è “falco” quando si tratta di guerra in Ucraina e spese per la difesa; ed è inoltre esposto in direzione atlantica. Questo posizionamento supera i cambi di stagione politica, al punto da vedere insolitamente uniti – magari su un aereo per Washington come due settimane fa – il premier polacco Donald Tusk e la sua nemesi, il presidente della Repubblica Andrzej Duda, che per il resto non perde occasione per boicottarlo favorendo gli ultraconservatori del Pis.
Mentre i leader europei battezzano una «economia di guerra», la Polonia spende già in difesa il doppio di quanto ci si aspetterebbe. Mentre l’opinione pubblica europea si interroga sul rischio di una guerra, quella polacca discute sui tempi: entro tre anni o no? E certo, la coalizione centrista di Tusk non propone lezioni di tiro come il precedente ministro dell’Istruzione del Pis, Przemysław Czarnek. Oggi si parla di «formazione universale al salvataggio» dall’asilo in poi. Lo stile cambia. Ma il dibattito su bunker e sistemi aerei resta intenso, come pure la preoccupazione diffusa di un popolo che ha in memoria l’esperienza della dominazione sovietica.
Missili e inneschi
I momenti di massima tensione tra Polonia e Russia coincidono con la traiettoria dei missili. Per poche ma concitate ore, la sera del 15 novembre del 2022 è parso davvero che un ingresso della Nato in guerra potesse essere imminente. Il governo polacco – all’epoca targato Pis – aveva annunciato la caduta sul suo territorio – a Przewodów e cioè al confine con l’Ucraina – di un missile che ha ucciso due persone.
Nell’estate di quello stesso anno, l’allora premier polacco Mateusz Morawiecki aveva minacciato di «prendere a cannonate» l’Ue per liti sui fondi bloccati, e cercava più che mai – tramite il pontiere Duda – la sponda degli Usa.
Quando è circolata la notizia del missile, si è temuto l’innesco di uno scontro diretto tra Mosca e la Nato, se non fosse che nel giro di poche ore da Washington stessa è arrivato poi il disinnesco: anche se Volodymyr Zelensky se l’era presa con la Russia, gli Usa stabilirono che il missile era stato lanciato dagli ucraini contro uno russo in arrivo. La stessa Casa Bianca aveva frenato Kiev e Varsavia.
Questa domenica – poco dopo un Consiglio europeo all’insegna di più fondi pubblici all’industria militare – il governo polacco, ora a guida Tusk, si è trovato di nuovo alle prese con un missile: «La Polonia chiederà spiegazioni alla Russia per l’ennesima violazione del suo spazio aereo», ha dichiarato il ministro degli Esteri polacco.
Radosław Sikorski è noto per svariate ragioni: era stato ministro della Difesa del Pis, prima di rovesciare la propria sorte politica e diventarne, assieme alla moglie Anne Applebaum, uno dei più ferventi critici. Inseritosi nel partito di Tusk, ne era, ed è tornato a essere dopo le ultime elezioni, il ministro degli Esteri. Nell’intermezzo da eurodeputato si è occupato delle relazioni con gli Usa, che a settembre 2022 ha ringraziato («grazie, Usa!») contestualmente al sabotaggio di Nord Stream 2 (la cui foto accompagnava il tweet).
Oggi da posizioni di governo è schieratissimo con Kiev, al punto da polemizzare col Papa.
Bunker e miliardi
Questo lunedì Sikorski ha discusso con governo e Nato dell’episodio del missile rimasto 39 secondi nello spazio aereo polacco, e Washington ha fatto sapere che «il sostegno della Nato alla Polonia è di ferro». All’ambasciatore russo erano state chieste spiegazioni, ma lui ha preferito andare a dire alle agenzie russe che «non hanno prove» e all’appuntamento non si è presentato. Varsavia si prepara a scenari di guerra.
Già nel 2022 Maciej Wąsik del Pis aveva commissionato una ricognizione dei bunker, e ora il governo Tusk si propone di passare all’azione. Il ministro della Difesa Władysław Kosiniak-Kamysz dice da giorni che «bisogna prepararsi anche allo scenario peggiore»: a febbraio avvisava che «la maggior parte di attacchi aerei va verso la Polonia e dalla fine dell’anno capita sempre più spesso». Il ministro, centrista di Terza via, ha pure proposto che già dall’asilo si venga educati ad affrontare situazioni di rischio.
Mentre altri partner europei faticano a raggiungere la soglia del 2 per cento del Pil di spese militari raccomandata dalla Nato, in difesa la Polonia quest’anno spenderà più del doppio; Sikorski è arrivato a dire che «ha ragione Trump» a chiedere agli alleati Nato di spendere di più per la difesa. Intanto – proprio come nell’era Pis – queste spese di Varsavia vanno anzitutto nelle tasche dell’industria militare Usa. Per fare solo un esempio, il 29 febbraio Kosiniak-Kamysz ha firmato con Washington un accordo da due miliardi e mezzo di dollari per l’Integrated Battle Command System.
© Riproduzione riservata