- Il candidato della Spd, Olaf Scholz, ha chiuso la campagna elettorale a Colonia, con tutto lo stato maggiore del partito, parlando per tre quarti d’ora del suo programma, insistendo soprattutto sul lavoro e sul clima.
- L’entusiasmo è stato limitato, ma com’è nella sua natura Scholz ha eseguito il suo compito in maniera affidabile.
- Anche se non scalda i cuori, Scholz è quello che cercano quegli elettori convinti che la Cdu debba passare all’opposizione, ma non sono persuasi dai Verdi di Annalena Baerbock.
L’immagine più significativa del comizio conclusivo della campagna elettorale di Olaf Scholz arriva alla fine: intorno al candidato, sul palco in camicia con i polsini rigorosamente allacciati, si raccoglie lo stato maggiore del partito socialdemocratico e parte una cover di The Best di Tina Turner, con la melodia vocale eseguita da un chitarrista virtuoso.
I dirigenti battono le mani a tempo, qualche sorriso tirato, ma tutti sono fermi ai loro posti, quasi in attesa che qualcuno faccia una foto di gruppo. Lo stesso Scholz gira appena su sé stesso per salutare timidamente il pubblico da tutte le angolature. Una pacatezza un po’ impacciata che è in continuità con lo stile di Angela Merkel, che non è mai stata famosa per gli entusiasmi.
L’immagine è coerente con le parole che l’hanno preceduta: Scholz ha parlato per tre quarti d’ora di rispetto, la parola di riferimento che è affiorata per tutta la campagna. E ne ha parlato come se fosse già cancelliere.
Quello che di certo non si può rimproverare al candidato socialdemocratico è che non svolga il suo compito sempre in maniera diligente: non è un fuoriclasse, ma porta a casa il risultato.
Applausi educati
Alla fine, dopo aver aspettato per un paio d’ore il loro beniamino, le persone accorse in una piazza di Colonia non difficilissima da riempire applaude convinta. Non è una folla oceanica, certo, e gli applausi sono diffusi ma molto educati.
I temi sono sempre gli stessi: le politiche per il lavoro e gli apprendistati, la rigenerazione della solidarietà all’interno della società. Si vede che Scholz è stato istruito dai suoi consulenti di comunicazione a smarcarsi dai tecnicismi complessi che da ministro amava utilizzare.
Il nuovo candidato si sforza per sembrare meno avvocato della ztl, più vicino all’elettricista o all’insegnante, e l’operazione funziona con un certo successo. Più del lavoro a animare la piazza sono le promesse sul clima, il passaggio del discorso in cui Scholz chiama in causa i concorrenti: il conservatore Armin Laschet, che ha detto di recente che la decisione di abbandonare il nucleare andava gestita diversamente, e i Verdi, «che sono sulla buona strada, ma a cui manca la capacità di portare a casa la transizione energetica con la giusta efficacia».
La sintesi è chiara: domenica l’unico che può portare a casa il cambiamento senza eccessi che gli elettori chiedono e che ha la competenza per rilanciare il paese dopo la crisi del Covid è lui.
Scholz dice che ha la situazione in pugno: all’inizio del comizio parla dei nuovi debiti che il governo ha fatto in deroga al freno inserito in Costituzione. Ma lui, che solo qualche anno fa si batteva come un leone per il pareggio di bilancio, è il primo ad andarne fiero.
A recuperare si fa sempre in tempo, come è successo dopo la crisi delle banche: in dieci anni, l’economia è ripartita, allo stesso modo si potrà superare anche questa crisi. Con Olaf non sarà un problema, fa capire Scholz.
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