Nelle elezioni europee in corso in queste ore, tocca agli elettori ricostruire gli argini che le estreme destre europee stanno sfondando.

«Secondo le nostre proiezioni, qualora tutti i partiti che vanno dalla destra all’estrema destra si alleassero, potrebbero disporre di una maggioranza di blocco nel venturo Europarlamento, anche senza avere l’appoggio dei liberali», fa sapere François Hublet, il direttore di Blue (i “Bollettini elettorali dell’Ue”) che assieme al Grand Continent si sta esercitando nella simulazione delle coalizioni a urne ancora aperte.

Significa in sostanza che l’apertura avvenuta già anni fa da parte dei Popolari europei – finora la principale famiglia politica europea nella quale siedono anche i cristianodemocratici tedeschi – nei confronti di Giorgia Meloni sta producendo i suoi effetti: una volta rotto l’argine, l’onda nera può espandersi nelle istituzioni Ue. Là dove i partiti non hanno voluto o non sono stati in grado di fermarla, possono riuscire gli europei alle urne, con lo stesso spirito che ha portato centinaia di migliaia di cittadini tedeschi nelle piazze a inizio anno contro l’avanzata dei postnazisti di Alternative für Deutschland.

L’Ue sotto scacco?

Con 720 europarlamentari da eleggere, e con una maggioranza da cercare con almeno 361 seggi, l’esercizio di Hublet consente di arrivare a 365 mettendo insieme i potenziali eletti del Ppe, i Popolari europei dai quali proviene Ursula von der Leyen, di Ecr, i Conservatori europei il cui partito è presieduto da Giorgia Meloni, di Identità e democrazia, i sovranisti di Id dei quali fanno parte la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen, assieme ai “non iscritti” destrorsi.

Non significa che i Popolari europei annunceranno subito di voler sostenere una presidenza di Commissione europea con il sostegno di queste forze. Prima del voto, Ursula von der Leyen ha fatto intendere che per il bis si allargherebbe volentieri a Fratelli d’Italia, ma è improbabile che il Ppe si sobbarchi ufficialmente la cooperazione con estreme destre come Alternative für Deutschland, che è stato scaricato pure dai suoi stessi alleati di Identità e democrazia. La maggioranza tradizionale che ha retto finora l’Europarlamento, con Popolari (Ppe), Socialdemocratici (S&D) e Liberali (Renew), godrebbe secondo le proiezioni di numeri adeguati anche dopo questa domenica.

Ma come ha osservato il giurista Alberto Alemanno dalle colonne di questo giornale, «seppur l'estrema destra non otterrà il controllo politico del progetto dell'Ue, un numero record di seggi le farà comunque guadagnare una profonda influenza politica, potenzialmente destabilizzante».

Il blocco nero

Non si può dire che i meloniani non lo dicano da tempo: si può condizionare la politica europea in tanti modi, esistono le cosiddette «geometrie variabili», le «alleanze sui dossier». Far saltare o meno un nome per la presidenza della Commissione europea è soltanto una delle possibilità in mano alle maggioranze di blocco.

La stessa Ursula von der Leyen, durante il dibattito tra spitzenkandidaten in eurovisione, ha sottolineato che le maggioranze «emergono nel corso del tempo», e non basta – per assodarle – il voto sulla presidenza di Commissione.

Lo si è visto nella legislatura che volge al termine. Nonostante nel 2019 il trio di popolari, socialisti e liberali fosse partito ancora non contaminato da componenti di estrema destra, a gennaio 2022 la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola è stata eletta coi voti dei Conservatori meloniani, che hanno quindi ibridato la maggioranza tradizionale.

E successivamente, Manfred Weber, il leader dei Popolari nonché promotore della cooperazione con Meloni, ha esercitato il blocco di destra a scagliarsi contro l’agenda verde di Ursula von der Leyen, che infine è arrivata a sabotare lei stessa il proprio Green Deal. Von der Leyen ha introiettato l’agenda di Meloni sulle frontiere sia nei viaggi a Tunisi che negli spot elettorali. Già al voto, arriviamo con tutte le destre che in campagna elettorale si sono mosse in modo coordinato con un attacco congiunto a migranti e clima.

La melonizzazione

Il respiro di sollievo che il centrosinistra e i verdi hanno tirato guardando gli exit poll dell’Olanda, dove anche se per poco paiono superare il Pvv di Geert Wilders, non basta certo a contenere l’estrema destra in Ue, soprattutto se i risultati dovessero confermare il calo di liberali e verdi europei. Intanto l’onda nera è già più minacciosa.

Dal 2021 in cui Meloni ha avviato l’alleanza tattica col Ppe, ottenendone il patentino di governabilità, sono aumentate le estreme destre che hanno sfondato il cordone sanitario nei vari paesi europei: i Popolari hanno sdoganato Vox, i liberali olandesi Wilders, e poi Svezia, Finlandia… Le Pen prepara la batosta per Macron con l’Eliseo all’orizzonte, e i filorussi alleati di Salvini dell’FPÖ pregustano il successo oggi pensando alle politiche d’autunno.

Con la normalizzazione delle destre estreme da parte dei partiti mainstream europei, destre persino più estreme entrano nell’arena dell’Europarlamento, come i neonazisti ungheresi di Mi Hazánk e la marmaglia di estremisti che si sta aggregando attorno all’ala identitaria di AfD. «L'Europa non esiste che per le nazioni che la compongono», insiste Le Pen, che con Meloni punta a condizionare il più possibile le scelte dell’Unione. Il Ppe si illude di poter guidare il processo di assimilazione delle destre estreme, ma la premier italiana vuole «cambiare l’Europa», ovvero assumere sempre più influenza; non in nome dell’integrazione europea, ma viceversa. Gli elettori possono arginarla.

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