Le politiche di coesione occupano una fetta importante del bilancio europeo; del resto il loro stesso obiettivo di ridurre i divari è essenziale per l’Unione europea. Tuttavia negli ultimi anni i fondi di coesione ci sono venuti in soccorso per svariate emergenze e crisi: sono serviti per ammortizzare gli effetti della pandemia, per l’accoglienza dei rifugiati ucraini, per i disastri climatici e così via. Con “Step” anche a supporto delle grandi imprese.

Maciej Berestecki, il portavoce della Commissione europea con delega a Coesione e riforme, risponde alle domande su come sta cambiando – e come cambierà ancora – la politica di coesione europea.

Quali garanzie abbiamo che i fondi siano indirizzati anzitutto nella riduzione e prevenzione delle diseguaglianze? Cosa si intende per “flessibilità” (termine evocato anche durante l’audizione in commissione Regi) e fino a che punto questa flessibilità potrà cambiare connotati alla coesione?

Per decenni la politica di coesione ha giocato un ruolo cruciale come “macchina di convergenza” dell’Europa, aiutando le regioni meno sviluppate a raggiungere gli standard di vita di altre regioni più sviluppate dell’Ue. La politica di coesione segue un approccio basato sui territori con lo scopo di ridurre le disparità regionali. La allocazione dei fondi è orientata da norme di programmazione e obiettivi strategici definiti a livello Ue, come la promozione delle transizioni verde e digitale o il sostegno all’inclusione sociale.

Con la parola “flessibilità” si fa riferimento alla capacità di questa politica di riallocare fondi rapidamente in risposta alle emergenze. Durante il precedente mandato, ha offerto nuove flessibilità, trovandosi in prima linea nella risposta dell’Ue alla pandemia e nel supportare lo sforzo di accoglienza dei rifugiati ucraini da parte degli stati membri a seguito dell’aggressione russa. Ha mobilitato miliardi di euro per aiutare tutte le regioni europee a far fronte agli effetti di queste crisi senza precedenti, aiutandole a riprendersi economicamente.

In aggiunta a queste flessibilità, la politica di coesione ha mantenuto la sua rotta e ha continuato a portare avanti i suoi obiettivi di lungo termine e investimenti.

Con un budget di 392 miliardi di euro, i programmi di finanziamento della politica di coesione per il 2021-2027 continueranno a investire nella competitività europea, nella transizione verde e digitale, nel capitale umano e nell’inclusione sociale, e nella connettività fisica e digitale, rafforzando al contempo la partecipazione civica.

La discussione sul prossimo quadro finanziario pluriennale (MFF) sarà un buon momento per riflettere su questi temi, anche alla luce dei rapporti pubblicati quest’anno sotto la guida di Mario Draghi ed Enrico Letta; entrambi hanno invocato più risorse a livello Ue per far fronte alle molte sfide che l’Unione sta affrontando attualmente.

In che modo la coesistenza con Next Generation EU e con i piani nazionali di ripresa e resilienza ha trasformato il modo di operare con politiche e fondi di coesione? Sulla base di quanto già avvenuto, e proiettandoci su quanto potrà accadere, lei immagina che anche nell’ambito della coesione si rafforzerà il nesso tra finanziamenti e riforme?

La Commissione passa sempre in rassegna la politica di coesione e le risorse a essa associate al fine di assicurare che entrambe rispondano nel modo migliore ai bisogni delle regioni e dei cittadini europei adesso e nel futuro.

Per esempio, ogni tre anni, la Commissione pubblica un Rapporto sulla Coesione, che definisce lo stato della coesione economica, sociale e territoriale dell’Ue. Il nono rapporto, pubblicato a marzo 2024, mette in luce la necessità di riflettere su come migliorare il design della politica così che possa consegnare i migliori risultati a fronte degli obiettivi stabiliti dai trattati. Alcuni aspetti includono il far fronte alle dinamiche economiche emergenti e a nuovi squilibri, cucendo su misura il supporto ai bisogni delle regioni, velocizzando l’implementazione, portando una maggior semplificazione, un più forte orientamento alla performance, una più stretta connessione con le riforme, e flessibilità previste già all’interno così da reagire a eventi inaspettati.

Le raccomandazioni derivanti da questo e dagli altri rapporti contribuiranno alla riflessione in corso sul futuro della politica di Coesione, sommandosi alle opinioni provenienti dai vari attori e istituzioni coinvolti.

Non lasciare nessuna persona o regione indietro: questo è e rimarrà il cuore della missione della politica di coesione.

Questo contenuto giornalistico fa parte del progetto “#CoesioneItalia. L’Europa vicina”, che è finanziato dall’Unione europea. I punti di vista e le opinioni espresse sono tuttavia esclusivamente quelli dell’autore e non riflettono necessariamente quelli dell’Ue. Né l’Ue né l’autorità che eroga il finanziamento possono essere ritenute responsabili per tali opinioni.

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