- Da «avanti tutta» a «i tempi non sono maturi». Nel giro di un mese Matteo Salvini ha fatto una giravolta su se stesso e il suo grande progetto di “super gruppo” sovranista europeo è tornato al punto di partenza.
- Sabato a Varsavia Jaroslaw Kaczynski, leader del Pis, rischia di trovarsi con tante sedie vuote e con un menù politico che salta. Giorgia Meloni aveva già deciso di disertare il meeting per frenare le accelerazioni su una nuova formazione subito; e con gli alleati polacchi manda segnali di compattezza.
- Ora anche Salvini è costretto a rivedere i suoi piani, complici anche gli interessi di politica nazionale: le discussioni sulla manovra, sul Quirinale e sul futuro della maggioranza entrano nel vivo.
Da «avanti tutta» a «i tempi non sono maturi». Nel giro di un mese Matteo Salvini ha fatto una giravolta su se stesso e il suo grande progetto di “super gruppo” sovranista europeo è tornato al punto di partenza. Mentre in Italia le discussioni sulla manovra e sul futuro della maggioranza, complice la prossima elezione del capo dello stato, entrano nel vivo, su una cosa la linea ondivaga del leader della Lega, di governo e di lotta, d’Europa e contro, resta linearmente sovranista: mette i suoi interessi di politica nazionale sopra tutti gli altri. Al punto da derubricare a perdita di tempo la sua stessa creatura, quella nuova formazione europea fatta per unire le destre italiana, francese, polacca, ungherese e quant’altro offra il panorama sovranista attuale.
Disdette a raffica
Sabato a Varsavia Jaroslaw Kaczynski, leader del Pis, il partito ultraconservatore che governa in Polonia, rischia di trovarsi con tante sedie vuote e con un menù politico che salta, dopo aver invitato i leader dei partiti sovranisti e conservatori che a luglio avevano sottoscritto una carta di valori europei comuni. «Dovrebbero esserci Viktor Orbán, Santiago Abascal, Marine Le Pen e qualcun altro», l’eurodeputato del Pis Zdzisław Krasnodębski tiene il conto di chi ha confermato la presenza. Quindi gli ungheresi di Fidesz, gli spagnoli di Vox, e i francesi del Rassemblement national. Non Meloni né Salvini, che si sono sfilati uno dopo l’altra. Quanto al menu politico, per Krasnodębski a breve non ci sarà un nuovo gruppo. «Non è imminente», ribadisce da giorni. «Semmai per le prossime europee, non ora». Il 4 dicembre poteva essere proprio il momento in cui sancire un abbozzo della nuova alleanza, in tempo per le elezioni di metà mandato che si tengono a gennaio all’Europarlamento: si rinnovano presidente, vice e commissioni. Ma l’altro ieri il Pis ha scelto la sua candidatura di bandiera assieme al suo gruppo attuale, i conservatori di Meloni. Segnali voluti di stabilità dell’assetto attuale. Quando ieri da Budapest è partito un vociare di «alleanza imminente Orbán-Salvini-Kaczynski», il retroscena è servito solo a stimolare le smentite. «Fake news», ha detto il Pis. «Non mi risulta», dicono in coro Fratelli d’Italia e Lega.
La perdita di tempo
Mentre lo scetticismo di Meloni sui piani di un nuovo gruppo era già noto, come la sua disdetta all’invito del 4 proprio per frenare il progetto, la novità è che adesso anche Salvini ha perso le speranze o le intenzioni. Neanche lui andrà a Varsavia. E come mai? Perché l’idea di un grande abbraccio delle destre per ora resta un’ipotesi e quindi per lui andare al meeting polacco è una perdita di tempo. «Matteo Salvini è concentrato su partite italiane. E non ci sono novità sostanziali tali da giustificare sottrazione di tempo a queste partite italiane», dice l’eurodeputato leghista Marco Zanni. Capogruppo di Identità e democrazia, a cui aderiscono anche Marine Le Pen e altri sovranisti, Zanni ha sempre sostenuto l’idea di nuova alleanza. Eppure lui stesso pochi giorni fa, a margine della plenaria di Strasburgo, ammetteva con franchezza di non sapere se il progetto andrà in porto entro gennaio. Ora conferma che «no, il nuovo gruppo al parlamento Ue non è in procinto di nascere. Non mi risulta proprio».
La soglia di gennaio
Gennaio è la cartina di tornasole del progetto. Infatti la linea di divisione politica tra Fratelli d’Italia e Lega, ma anche all’interno del partito ultraconservatore di governo polacco Pis e dentro l’eterogenea galassia sovranista, è sempre stata proprio il tempo: se chiudere una alleanza entro le elezioni di metà mandato dell’Europarlamento di gennaio, oppure far scivolare i rimescolamenti più in là, magari prima delle prossime europee. Ovviamente il tempo è politicamente rilevante: per Meloni, presidente del partito dei conservatori europei, è tempo utile per riequilibrare a suo favore il proprio peso nel centrodestra italiano rispetto a una Lega che in Ue gode ancora del 34 per cento delle scorse europee, quando risultò primo partito. Prendere tempo significa anche prendere le distanze dalle frange più estreme e consolidare la propria immagine conservatrice governista, la presentabilità internazionale e in vista del midterm anche il dialogo con la candidata dei popolari, la maltese Roberta Metsola, che con FdI ha ottimi rapporti. Il tempo significa anche vedere come andranno per Le Pen e Orbán le elezioni francesi e ungheresi, entrambe ad aprile.
L’ambiguità di Salvini
Salvini prima ha accelerato sull’alleanza, per distinguersi da Giancarlo Giorgetti che lo invitava invece a moderarsi assieme ai popolari europei. Adesso frena. Ma con parole ambigue: «Continua l’impegno per il centrodestra allargato anche in Europa», dove centrodestra è idea vaga, «è necessario che i tempi maturino», quindi non subito, «appena ci sono le condizioni farò un tour nelle capitali europee», ma non a Varsavia il 4. Quali sono quindi queste condizioni? Le partite nazionali di cui sopra. Se Salvini vuole mettere in salvo la sua leadership nella Lega, e sperare di avere anche quella di un centrodestra che vinca le elezioni, deve partecipare all’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Perché sia Mario Draghi, un profilo troppo sovranista non funziona, né autorelegarsi all’opposizione sovranista d’Europa. Allo stesso tempo il repertorio di richiami sovranisti e identitari è imprescindibile per tenere unito il proprio elettorato e i suoi supporter. In questa convivenza impossibile tra Lega di lotta e di governo, d’Europa e sovranista, succede che Matteo Salvini finisca per boicottare la sua stessa idea del nuovo gruppo di destra.
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