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Ursula von der Leyen ha smessaggiato per settimane con l’amministratore delegato di Pfizer, anche quando un nuovo contratto per i vaccini veniva negoziato, ma rifiuta di render pubblici quei documenti. I messaggini sono «effimeri», secondo la Commissione. Ma la stroncatura arriva dalla mediatrice Ue, che valuta l’opacità di Bruxelles come «malgoverno».
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La mancanza di trasparenza di Bruxelles riguarda il dossier dei contratti dei vaccini nel complesso. E non è la prima volta che von der Leyen cancella messaggi: due anni fa lo ha fatto anche ai tempi di un’inchiesta relativa a quando era ministra della Difesa in Germania.
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La eurodeputata liberale Sophie in’t Veld, che si è battuta per avere trasparenza sui messaggi con Big Pharma, solleva una questione di democrazia, perché «non si tratta di un singolo caso», e di fiducia, perché «quella dell’Europarlamento alla Commissione non va data per scontata».
L’opacità della presidente della Commissione europea sui suoi rapporti con Big Pharma, e nello specifico con Pfizer e il suo amministratore delegato, è diventata ormai a tutti gli effetti uno scandalo europeo: lo scandalo dei messaggini cancellati.
La mediatrice europea Emily O’Reilly, che come organo indipendente indaga sulle denunce di cattiva amministrazione, non esita a definire «malgoverno» il tentativo di Bruxelles di celare le comunicazioni con la corporation.
I messaggini sul cellulare sono testi «effimeri» secondo la Commissione, che ha cercato così di giustificare il buio totale sugli scambi. «Ma questo è al di sotto di ogni criterio di trasparenza e di ogni standard amministrativo», dice O’Reilly.
Per la eurodeputata liberale olandese Sophie in’t Veld, che si è battuta in prima persona per rivendicare trasparenza, «il Deletegate non è un singolo incidente: tocca al cuore la democrazia». A questo punto, conclude, «la fiducia dell’Europarlamento verso la Commissione non può, né deve, essere data per scontata».
Del resto Von der Leyen ripete gli stessi errori: due anni fa aveva cancellato tutti i messaggi da un cellulare che avrebbe potuto contenere prove utili per un’inchiesta relativa a quando era ministra della Difesa in Germania. Anche lo scandalo che la aveva travolta da Berlino riguardava dei contratti, consulenze esterne a dir poco lucrative.
Intese particolari
Aprile 2021, cioè il mese in cui comincia il caso, è un momento decisamente interessante sul fronte dei vaccini anti Covid e dei rapporti con BigPharma: proprio allora cominciano a livello europeo i negoziati per i nuovi contratti.
Si è già chiusa la prima stagione di acquisti, che ha trascinato con sé le polemiche sui ritardi nelle consegne e la querelle tra Bruxelles e AstraZeneca, e ormai Ursula von der Leyen ha fatto capire più volte, in modo palese, che Pfizer è il partner preferito: è quello «affidabile», e la tecnologia mRna è quella su cui la Commissione punta.
Quindi il 14 aprile, quando la presidente inaugura la nuova stagione di acquisti, Pfizer è naturalmente l’azienda in prima fila: «Ci stiamo preparando per il futuro», twitta la presidente, e annuncia che è in corso il nuovo negoziato. Si tratta del terzo contratto con BioNTech-Pfizer, e si parla di 1,8 miliardi di dosi fino al 2023.
Anche se la Commissione continua a mantenere un clima di segretezza sui contratti, da alcune rivelazioni emerge che in quei negoziati di aprile Pfizer ha spuntato prezzi più alti, di circa il 25 per cento, per le dosi.
Aprile è anche il mese in cui, in sede di Organizzazione mondiale per il commercio, l’Ue difende a oltranza la posizione delle aziende farmaceutiche, che si oppongono alla deroga sui brevetti dei vaccini; e la Commissione manterrà questa posizione anche dopo l’apertura della Casa Bianca sul tema, che matura ai primi di maggio.
Messaggi segreti
Il 28 aprile 2021, Matina Stevis-Gridneff del New York Times rivela un dettaglio bruciante su come si è arrivati al nuovo contratto con Pfizer, e cioè dopo che è maturato un intenso scambio personale, fatto di contatti telefonici e messaggi, tra la presidente e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla.
Il rapporto a tu per tu viene avviato a gennaio, quando ci sono i primi problemi di ritardi sulle consegne, e per settimane von der Leyen continua «a scambiarsi messaggi e chiamate: Pfizer poteva dare più dosi, l’Ue era entusiasta». Questa «diplomazia personale», conclude Stevis-Gridneff, «ha giocato un gran ruolo nell’accordo che sta per essere finalizzato», cioè il contratto di aprile.
Formalmente, esiste una squadra di negoziatori, composta da rappresentati di governi e Commissione, e per Bruxelles a capo dei negoziati c’è Sandra Gallina. Ma ciò che il New York Times porta alla luce è il ruolo dei rapporti tra presidente e l’azienda: confidenziale, «di fiducia» come lo chiama Bourla.
Opacità dichiarata
L’eurodeputata in’t Veld ha chiesto conto alla Commissione di quei messaggi. Il 18 gennaio ha ricevuto la risposta: «I messaggini hanno natura effimera, immediata, e si suppone non contengano informazioni rilevanti; non rientrano nel regolamento del 2001 sull’accesso agli atti».
Ovviamente i commissari, e la presidente, devono rendere conto dei loro incontri e scambi con portatori di interesse, ma Bruxelles si aggrappa a regole che sono state concepite vent’anni fa, quando ancora gli smartphone non erano diffusi, e le interpreta come un via libera per cancellare ogni prova.
In realtà il regolamento del 2001 parla di «qualsiasi contenuto, che sia su carta o in forma elettronica, sonora, video» e la ratio è piuttosto chiara. Infatti la mediatrice Ue condanna l’opacità della Commissione con parole dure: «Malgoverno». Il dossier le arriva sul tavolo perché anche la richiesta di un giornalista, Alexander Fanta, di avere accesso agli atti è stata respinta da Bruxelles. Ma Fanta non si è arreso: «Se sono usati per chiudere contratti miliardari, serve scrutinio democratico».
Il problema dell’opacità non riguarda solo i messaggi, ma il dossier dei contratti dei vaccini nel complesso: i testi dei contratti in sé sono visionabili solo da pochi eurodeputati per pochi minuti in una «dark room», e non c’è limpidezza neppure su incontri, negoziatori, negoziati, spese. Una delle richieste di accesso agli atti fatta da Corporate europe observatory ha ricevuto in risposta dalla Commissione l’offerta di 125 documenti invece di 365, e ha innescato questa settimana un’ulteriore indagine di O’Reilly.
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