«La situazione è tragica e so che la risposta data non basta. Dobbiamo migliorare e farlo uniti», ha detto questo sabato il premier socialista spagnolo Pedro Sánchez, parlando a una nazione martoriata dal cambiamento climatico.

«Il governo dà alla comunità autonoma valenciana tutto ciò che viene chiesto»: è sottinteso anche ciò che finora il presidente della comunità, il popolare Carlos Mazón, non aveva chiesto. I suoi tempi di reazione ritardati, il livello di allerta tenuto al di sotto del necessario senza che il governo potesse prendere le redini del disastro. «Ci sarà tempo per analizzare le negligenze, riflettere su come migliorare le competenze», dice Sánchez: la gestione a dir poco controversa della crisi da parte di Mazón è un disastro nel disastro.

Su questo il dibattito politico agiterà la Spagna per i mesi a venire, come fa intuire la manifestazione già in programma il 9 per le dimissioni del presidente valenciano, e come l’uso della parola «negligenza» da parte di Sánchez fa chiaramente intendere.

«Ora però dobbiamo dare del nostro meglio e pensare all’emergenza»: nel frattempo ci sono il fango, le difficoltà di accesso al cibo, all’acqua potabile e all’energia elettrica, le difficoltose ricerche dei dispersi, i collegamenti paralizzati.

Fantasmi e divise

«Siamo di fronte agli ultimi colpi del Dana, ma non possiamo ancora abbassare la guardia. Nel pomeriggio di sabato e domenica si registreranno rovesci sul Mediterraneo, molto forti nel sud della Catalogna e nel nord di Castellón»: questo è il bollettino pubblicato all’ora di pranzo di sabato dall’Agenzia statale di meteorologia spagnola (Aemet) che tempestivamente – già la settimana prima, e poi alle sette e mezza della mattina di martedì – aveva messo in guardia sul disastro in arrivo. Col finire della settimana dovrebbe terminare il periodo duro dell’alluvione.

Non significa affatto che la catastrofe verrà sùbito archiviata: la Spagna sta ancora contando migliaia di fantasmi e di divise, come in un cupo tempo di guerra.

Le divise sono quelle di migliaia e migliaia di membri delle forze dell’ordine spediti in aiuto dal governo: «Il più gran dispiegamento in tempo di pace», ha detto Sánchez questo sabato, annunciando l’invio di altri 10mila tra militari (5mila) e agenti.

I fantasmi sono le migliaia di desaparecidos. Si sommano al numero ufficiale dei morti, e sono persino di più: a metà pomeriggio di sabato le vittime accertate erano 211, mentre gli scomparsi quasi dieci volte di più; «mancano all’appello 1900 dispersi», ha detto il ministro degli Interni a weekend appena iniziato.

Per un’idea delle proporzioni: l’alluvione che ha attraversato più nazioni dell’Europa centrale a settembre – non questa Dana ma quella tempesta Boris, sempre figlia però del cambiamento climatico che inasprisce i fenomeni – ha fatto nell’immediato una ventina di morti (7 in Romania, 7 in Polonia, 5 in Austria e 3 in Repubblica Ceca: 22 vittime al 17 settembre). Nel solo sud della Spagna le vittime certe sono dieci volte di più, i desaparecidos quasi cento volte di più.

Questo sabato una donna è stata liberata dall’auto nella quale era rimasta intrappolata per tre lunghi giorni, ma per una storia così ne restano molte tragiche – come il maxiparcheggio trasformatosi in «cimitero» a detta dei soccorritori – e altre ancora senza finale: «In alcune aree l’accesso è tuttora limitato», ha lamentato Caritas Spagna, descrivendo un contesto in cui è difficile anche solo comunicare, visto che la corrente elettrica salta.

Competenze e allerte

Sappiamo già che, nonostante l’agenzia meteorologica avesse segnalato «pericolo estremo» martedì mattina, il giorno clou della catastrofe, Mazón ha spedito l’allerta sui cellulari dei valenciani solo all’ora di cena, quando ormai il peggio era in corso da tempo.

Ma le «negligenze» a cui accenna il premier riguardano anche la gestione delle fasi successive, dato che il presidente della comunità valenciana non ha voluto dichiarare il livello di emergenza «catastrofica». Secondo la stessa legge di protezione civile che regola la comunità autonoma, questo livello (il 3) prevede che il presidente della Generalitat valenciana sussuma sotto il proprio diretto controllo la struttura organizzativa del piano territoriale di emergenza, assumendosi così non solo responsabilità politiche e operative ma pure legali, sulla gestione della crisi.

Il presidente ha quindi optato per il livello 2, schivando quello «di rilievo nazionale» che avrebbe assegnato al governo il ruolo di comando. L'esecutivo avrebbe dovuto a quel punto scavalcare l’ente locale, con una forzatura unilaterale, mentre anche ieri il premier ha ribadito: la comunità conosce meglio il territorio.

Ma in questi giorni i ministri hanno lasciato trapelare frustrazione per le mancate richieste di militari e aiuti da parte della comunità autonoma. Perciò il premier ha ribadito: «Daremo tutto ciò che viene chiesto». Questo sabato sera Mazón ha accettato che alcuni ministri compartecipino alla gestione della crisi.

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