Parigi rafforza la sua partnership strategica con il Cairo nonostante la repressione del regime. Storia dell’ambiguità della Francia, che predica diritti e pratica relazioni controverse
- C’è un ministro francese che condivide affari e torte di compleanno con il presidente di un paese, l’Egitto, responsabile di torture, uccisioni, incarcerazioni. C’è il presidente francese che accoglie al Sisi con il tappeto rosso nel pieno della repressione. Concede la legione d’onore, ma lo tace all’opinione pubblica.
- L’indulgenza di Parigi verso al Sisi non è una novità di questa stagione: nell’aprile 2016, quando Regeni era stato ucciso da poco, Hollande volò al Cairo per rafforzare i rapporti tra i paesi.
- Storia dell’ambiguità della Francia: predica diritti e pratica relazioni controverse.
C’è un ministro francese che condivide affari, amicizia e torte di compleanno con il presidente di un paese, l’Egitto, che è responsabile di torture, uccisioni, incarcerazioni. C’è il presidente francese stesso che accoglie al Sisi all’Eliseo nel pieno della repressione egiziana. Lo fa usando il tappeto rosso, concede la legione d’onore, ma lo nasconde alla sua opinione pubblica, che intanto sul tema dei diritti umani è sempre più sollecita. L’indulgenza di Parigi nei confronti di al Sisi non è una novità di questa stagione politica: nell’aprile 2016, quando presidente era il socialista François Hollande e Giulio Regeni era stato ucciso da non molto, Hollande volò al Cairo per siglare un accordo da un miliardo e rafforzare i rapporti tra i due paesi. Questa è la storia dell’ambiguità della Francia, che predica diritti e pratica relazioni controverse.
I due incontri all’Eliseo
Prima del lunedì 7 dicembre in cui al Sisi cammina sui tappeti rossi di Macron, avviene un altro incontro al vertice. È il primo pomeriggio di giovedì 3. Tre ong vengono ricevute all’Eliseo. Hanno appuntamento con i consiglieri diplomatici del presidente: ci sono due suoi consiglieri stretti, uno si occupa di diritti umani. Il motivo dell’incontro è l’atteggiamento francese nei confronti dell’Egitto. Il frangente è particolare: 500 personalità francesi, fra cui parlamentari e accademici, in un appello chiedono che «la Francia non resti muta di fronte al crescendo di repressione da parte del governo egiziano»; nelle carceri d’Egitto ci sono 60mila prigionieri politici.
Tra il 15 e il 19 novembre sono stati arrestati al Cairo tre esponenti di Eipr (Egyptian initiative for personal rights), organizzazione per i diritti con la quale ha collaborato Patrick Zaki, e che si batte per la sua liberazione. I tre arresti avvengono dopo che Eipr ha incontrato i rappresentanti di alcuni governi europei per chiedere attenzione sulla repressione in corso. Tra gli incontri c’è quello con l’ambasciatore francese.
Il 3 dicembre le tre ong si presentano all’Eliseo per sollecitare una presa di posizione ferma del governo nei confronti delle violazioni dei diritti. Katia Roux partecipa per Amnesty Francia, e dice che «ci è stato detto che il presidente egiziano sarebbe venuto in visita di stato, che avrebbe visto Macron, con conferenza stampa, che avrebbe incontrato anche i presidenti delle due camere, ma hanno taciuto tutto il resto». Poche ore dopo il suo incontro all’Eliseo, Roux viene a sapere che i tre membri di Eipr sono stati liberati. La sensazione tra gli attivisti è che Macron sia intervenuto sulla partita per non ricevere al Sisi con le mani troppo sporche.
Tappeti rossi
Ma l’idea che al Sisi sia accolto all’Eliseo tormenta l’opinione pubblica francese, che peraltro viene tenuta all’oscuro dei fatti: «Il 3 ci hanno detto solo una minima parte dell’agenda di al Sisi. Ci hanno taciuto per esempio il suo incontro con i grandi gruppi industriali della difesa come Airbus e Naval», dice Roux. Tra i non detti c’è pure l’incontro previsto in agenda con il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, che è stato anche ministro della Difesa dal 2012 al 2017. Architetto della partnership strategica tra Parigi e il Cairo, è esempio della continuità della posizione francese: a prescindere dalle stagioni politiche, lo stato francese ha intessuto con l’Egitto rapporti sempre più stretti.
Tra il 2012 e il 2016, con Le Drian alla Difesa, la Francia ha fornito più armi all’Egitto che nei vent’anni precedenti. Anche le strumentazioni per la sorveglianza arrivano da Parigi. Nel solo 2017, quando già l’Italia piangeva Regeni, la Francia vendeva armi per un miliardo e mezzo di euro. Non solo l’Eliseo non si è mai mosso realmente per ottenere verità per Giulio, ma non ha fatto quasi nulla neppure quando i casi Regeni li ha avuti in patria. Non ha chiesto verità per Éric Lang, morto nel 2013 in un commissariato egiziano, le autorità dicono per colpa di altri detenuti. La Francia si accontenta di questa versione. E non ha ottenuto la liberazione di Ramy Shaath, attivista egiziano-palestinese, la cui moglie francese cerca invano l’impegno del governo. Le analisi delle associazioni per i diritti mostrano che con le armi francesi gli apparati egiziani hanno represso la società civile.
La versione fragile dell’Eliseo
Le Drian coltiva con al Sisi rapporti stretti. In passato ha festeggiato con lui il compleanno, con tanto di foto della torta. Di recente, il 7 e 8 novembre è stato in visita al Cairo, prima ancora di reincontrare al Sisi a Parigi. «Per la Francia la partnership con l’Egitto è un asse portante, e non solo per gli affari di compagnie energetiche come Total, o per le armi, ma soprattutto per la strategia geopolitica. Macron, nel conflitto libico, è sempre stato dalla parte di Tobruk proprio come al Sisi», dice Ugo Tramballi, analista dell’Ispi.
Durante la conferenza del 7, Macron ha difeso la «relazione eccezionale e amicale», sostenendo che è fondamentale contro il terrorismo islamista e per stabilizzare l’area.La vendita di armi per lui è irrinunciabile e sul fronte dei diritti è sempre meglio «uno scambio». L’affermazione vale in base agli interlocutori: ora che l’Iran ha ucciso il giornalista Rouhollah Zam, Parigi non ha esitato a boicottare il business forum Europa-Iran. Con l’Egitto, vince il pragmatismo. «Con che faccia Macron ci ha raccontato che tutelare i difensori dei diritti sarebbe stata una priorità del suo mandato?», dice Roux.
Macron sa che l’opinione pubblica non digerisce il sodalizio con al Sisi. Infatti ha provato a omettere alcuni dettagli. Non ha detto alle ong del tappeto rosso con cui lo avrebbe accolto. Poi ha taciuto la concessione al presidente della legione d’onore: i media francesi non hanno avuto accesso ad alcune notizie e immagini. Solo tramite i media egiziani è filtrata la storia. A quel punto, la motivazione data dall’Eliseo è stata che chiunque partecipi a una visita di stato la riceve. Ma non è così. Sergio Cofferati, che ha restituito ieri la sua legione d’onore, dice che «la Francia non ha mai dato seguito alle risoluzioni dell’Europarlamento per Regeni». Giovedì c’è un nuovo tentativo: i socialdemocratici stanno negoziando una risoluzione che solleciti gli stati a limitare i rapporti con al Sisi. Sull’export di armi, è già stata approvata una risoluzione in autunno. Ma Parigi fa finta di nulla.
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