- Il leader dei popolari Manfred Weber ostenta sui social una foto in cui abbraccia Ursula von der Leyen. È un tentativo riparatore: i suoi attacchi alla presidente della Commissione europea, che è della sua stessa famiglia politica, sono fin troppo evidenti.
- È da un’intera legislatura che i due si contendono la leadership. La faida interna al Ppe può sembrare personalistica, ma la frattura riguarda anche il futuro del centrodestra in Europa: Weber proietta la sua famiglia politica verso la destra estrema e prepara l’operazione “Metsola bis” per il 2024.
- Lo scontro di potere non è solo sui nomi ma anche sui contenuti: se c’è qualcosa che il leader del Ppe proprio non digerisce, è il Green Deal di von der Leyen. E se c’è qualcosa che unisce le destre di ogni sfumatura è anzitutto l’obiettivo di fiaccare i piani verdi.
«Lo faremo per i nostri figli». Con toni epici, il leader dei popolari Manfred Weber ostenta sui social una foto in cui abbraccia Ursula von der Leyen. È un tentativo riparatore: i suoi tentativi di sabotare la presidente della Commissione Ue, che è della sua stessa famiglia politica, sono ormai troppo evidenti.
L’ultimo scandalo è una risoluzione dell’Europarlamento sulla competitività dove il Ppe ha assunto una posizione contraria alle politiche di von der Leyen e alla maggioranza che la sostiene. Ma la storia è lunga: è da un’intera legislatura che i due si contendono la leadership.
La faida interna può sembrare personalistica, ma la frattura riguarda anche il futuro del centrodestra in Europa: Weber proietta la sua famiglia politica verso la destra estrema e prepara l’operazione “Metsola bis” per il 2024. Lo scontro di potere non è solo sui nomi ma anche sui contenuti. Se c’è qualcosa che il leader del Ppe proprio non digerisce, è il Green Deal di von der Leyen. E se c’è qualcosa che unisce le destre di ogni sfumatura è anzitutto l’obiettivo di fiaccare i piani verdi.
La leadership e il 2024
Fanno a turno, von der Leyen e Weber: si silurano a vicenda, o almeno ci provano. Alle elezioni europee del 2019 Manfred Weber era lo Spitzenkandidat dei popolari: il gruppo era andato al voto proponendo lui come futuro presidente della Commissione Ue. Ma a elezioni avvenute i governi – cancelliera tedesca compresa – hanno dirottato le loro preferenze verso von der Leyen come soluzione di compromesso.
L’ex ministra della Difesa di Angela Merkel, già coinvolta in scandali in patria, ha finito così per tenere le fila di una Große Koalition europea. Alle elezioni di metà mandato dell’Europarlamento – gennaio 2022 – Weber si è preso la sua rivincita. Individuando Roberta Metsola come presidente, il leader del Ppe ha concretizzato l’alleanza tattica con l’Ecr, i consevatori europei. E con la presidente del Partito conservatore europeo, che è Giorgia Meloni, continua ad avere rapporti sempre più stretti. Nel 2024 ci sono le elezioni europee, e Weber punta a replicare l’operazione del 2022: sul nome di Metsola presidente della Commissione europea potrebbero convergere sia popolari che meloniani. E non è un caso che l’attuale presidente dell’Europarlamento ostenti il proprio sostegno all’Ucraina. La posizione pro Kiev è l’ombrello unificante delle due componenti della destra europea.
Intanto il miglior assist a Weber sta arrivando dagli Stati Uniti. L’opacità di von der Leyen sui contratti per i vaccini concordati via sms con il ceo di Pfizer trova ancora coperture nella conferenza dei presidenti dell’Europarlamento, ma ha scatenato la procura europea e ora anche il New York Times, che sulla vicenda vuole portare la presidente in tribunale.
Lo scontro e gli schemi
Peccato che von der Leyen, refrattaria com’è alle proteste per la trasparenza e agli scandali, non abbia ancora escluso di volere un secondo mandato alla guida della Commissione, anzi. Se fosse per Weber lei dovrebbe già fugare questa ipotesi, e siccome la presidente non lo fa, allora il leader bavarese si lascia andare intenzionalmente – parlando ai giornali tedeschi – a valutazioni pubbliche su quanto sia brava anche Metsola.
L’esercizio di slittamento a destra dei popolari di Weber, già proiettati sul 2024, si è visto in modo chiaro sui temi ambientali: il Ppe ha ripetutamente sconfessato il Green Deal di von der Leyen e si è schierato assieme ai gruppi di destra estrema su posizioni contrarie. I voti riguardanti il pacchetto Fit for 55 lo hanno mostrato bene. Avversare i piani verdi di von der Leyen significa per il Ppe anche sconfessare l’alleanza con il fronte progressista sulla quale si fonda la sua maggioranza.
Oltre ai voti assieme ai conservatori c’è anche una fase di transizione più ibrida ed è sempre più frequente, all’Europarlamento, uno schema di gioco nel quale il Ppe ufficialmente si accorda coi socialisti (la “maggioranza Ursula”) ma poi lascia che un pezzo del partito voti contro. È successo con l’elezione del vicepresidente – il Ppe era schierato col socialista Marc Angel ma una parte ha votato la leghista Annalisa Tardino – o con la direttiva sulla casa, dove i popolari hanno firmato in commissione Ambiente l’accordo a favore, ma poi si sono divisi, con alcuni eurodeputati che hanno votato contro coi meloniani.
Sono segnali che Weber sta già spostando il gruppo più a destra. L’ultima puntata dello scontro con von der Leyen si è consumata su una risoluzione che riguarda le imprese; il testo esprimeva sostegno al Green Deal della Commissione e ai suoi piani per la transizione industriale. A seguire il dossier per i popolari è un bavarese legatissimo a Weber, l’influente Christian Ehler, che ha dato indicazione di votare contro. Così la maggior parte del Ppe ha votato contro, come la maggioranza dell’Ecr; i meloniani si sono astenuti e un pugno di popolari ha votato a favore. È il balletto verso il 2024.
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