A dar retta ai comunicati stampa della Coldiretti, mercoledì 19 marzo in quel di Parma, sotto la sede dell’Efsa – l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – si daranno appuntamento migliaia di agricoltori. Sarà un numero decisamente di taglia extra large, da qualsiasi punto di vista lo si guarderà.

Ora Coldiretti non è nuova a manifestazioni di questa portata, anzi ne ha fatto “un marchio di fabbrica”: una volta a Bologna intorno al 2007, ministro dell’agricoltura De Castro, di persone ne portarono centomila; un’altra volta ancora, presente Matteo Renzi, all’apertura di Expo 2015 si presentò un infinito serpente di colore giallo con più di trentamila agricoltori che finì per ipnotizzare l’allora presidente del Consiglio; parecchie altre volte, in mezzo alle nevi del Brennero, confluirono in non meno di diecimila per scoperchiare i tir in entrata, alla ricerca di prodotti esteri pronti a essere trasformati in prodotti italiani.

Questa volta tuttavia la tradizionale impronta che caratterizza la Coldiretti forse ha bisogno di qualche spiegazione.

Intanto perché Parma? Perché Parma è il cuore della cosiddetta Food Valley che, come recita l’enciclopedia Treccani “è calco da Silicon Valley, lanciata da un gruppo di ricerca dell’università di Parma nel 2010” e dove, a dar retta agli emiliani che sono da sempre straordinari venditori del proprio territorio, esiste “una terra unica, dove il cibo è chiave di accesso per esperienze memorabili”. Dunque, e questo è il primo dato: la capacità organizzativa della Coldiretti si incontra con la “grandiosità”, dei produttori di Dop e Igp emiliani e dei loro centri universitari che non mancano di celebrarla e di celebrarsi.

A Parma inoltre – e questo è l’elemento cruciale – ha sede Efsa, l’ Autorità europea per la sicurezza alimentare, l’unica agenzia europea presente in Italia (vi lavorano ottocento persone), il cui compito statutario è quello di garantire “Alimenti sicuri e sistemi alimentari sostenibili, fondati su pareri scientifici, trasparenti, indipendenti e affidabili”.

A sentire gli organizzatori, la mobilitazione ha un doppio obiettivo: manifestare “a favore” dell’Europa, un’”Europa di pace”, e, in questo spirito, sollecitare Efsa a una maggior attenzione al nesso “cibo-salute” quando si parla di prodotti completamente nuovi per l’organismo umano, mettendo in campo una serie di misure, finora rimaste inattuate.

Da un punto di vista strettamente politico, è interessante osservare che Coldiretti forse per la prima volta non sceglie né un obiettivo unico né “un nemico”, ma privilegia la doppia congiunzione “ma anche” che fece la fortuna di Walter Veltroni: Coldiretti cioè si schiera senza esitazioni per un’Europa di pace, “ma anche” per un’Europa che sappia fare in fondo il suo mestiere. C’è quindi un netto affiancarsi alla costruzione europea, ma non si rinuncia a “criticare” esitazioni e ambiguità che sono venuti dalla Commissione, negli indirizzi dati all’Autorità europea per la sicurezza alimentare.

E, se di salute si parla, il tema appare chiaro e riapre un capitolo doloroso per la Commissione europea: Coldiretti infatti riscopre il dossier novel food, e quindi cibi da laboratorio a base cellulare, chiedendo che per la loro autorizzazione vengano adottati studi medici e analisi precliniche e cliniche, affinché sia la scienza ad avere l’ultima parola.

Se da un lato quindi la svolta coldirettiana – animale anfibio sospeso fra sindacato, forza sociale e agglomerato economico – in direzione di un pieno europeismo è puntualmente ravvisabile, altrettanto visibile appare l’ancoraggio al principio di precauzione per la tutela della salute, che l’accompagna fin dalla crisi scatenata dalla Mucca Pazza negli anni Duemila e dalla difesa della biodiversità con la chiusura agli ogm.

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