Se le vaccinazioni in Italia sono più indietro rispetto a Israele e Stati Uniti la responsabilità è soprattutto delle case farmaceutiche, ma ci sono errori tutti italiani che spiegano il crescente divario tra le regioni e le differenze con alcuni nostri vicini europei
- Tutti i principali indicatori mostrano che stiamo vaccinando più o meno alla stessa velocità del resto d’Europa.
- Il limite principale è la fornitura di vaccini da parte delle case farmaceutiche, ma ci sono anche problemi italiani, come ad esempio i divari nelle vaccinazioni degli anziani.
- Questi problemi derivano dall’impostazione del piano vaccinale che delega quasi tutto alle regioni e prevede pochi aiuti per quelle che non riescono a mantenere il ritmo.
Cosa sta succedendo con il piano vaccinale anti Covid-19? Le aziende farmaceutiche hanno ridotto le consegne, costringendoci alla paralisi, oppure è colpa del governo e d è per questo che siamo rimasti indietro rispetto ad altri paesi?
La risposta è che entrambe queste affermazione sono in parte vere. L’attuale situazione è frutto, nel bene o nel male, di eventi internazionali sulla quale noi italiani abbiamo un limitato controllo, e di errori e limitazione che invece sono squisitamente nostrani.
La situazione
Complessivamente, il piano di vaccinazione italiano non stata andando malissimo. Venerdì sono stati raggiunte le 5 milioni di dosi somministrate e anche rispetto al resto dell’Unione europea non stiamo facendo particolarmente male.
Con circa otto dosi somministrate ogni 100 persone, l’Italia è un po’ sotto la media europea, sotto la Germania, ma spesso leggermente sopra la Francia (la classifica complessiva varia abbastanza di frequente, ma i grandi paesi europei sono in genere molto vicini). Siamo invece piuttosto indietro rispetto alla Spagna (che ha superato le 9 dosi ogni 100 persone) e la Danimarca (oltre le 12).
Anche se guardiamo alla differenza tra dosi consegnate dalle aziende e dosi somministrate, l’Italia è in linea con il resto dell’Unione Europea: 76 per cento di dosi somministrate nel nostro paese, contro una media europea dell’82 per cento.
La situazione cambia completamente se ci confrontiamo invece con i campioni mondiali delle vaccinazioni. In Israele sono state somministrate quasi 100 dosi ogni 100 abitanti (il che si traduce nel 50 per cento della popolazione vaccinata), nel Regno Unito sono più di 32 e negli Stati Uniti più di 24.
Queste differenze così marcate sono dovute alla quantità di vaccini disponibili. L’Unione europea li ha acquistati in blocco tramite un processo lungo e flagellato da problemi e ritardi. Israele, Stati Uniti e Regno Unito hanno negoziato molto più rapidamente e in maniera più spregiudicata e come risultato ora hanno molti più vaccini disponibili e ne ricevono di nuovi molto più in fretta dell’Unione europea.
Quali vaccinazioni?
Per quantità totali di vaccinazioni, quindi, l’Italia è sostanzialmente allineata alla media europea e vicina agli altri grandi paesi. Il limite superiore è dato dal numero di vaccini dispoinibili.
Ma non tutte le vaccinazioni sono uguali. Quelle di persone con più di 80 anni, ad esempio, sono considerate particolarmente importanti, sia perché gli anziani sono una categoria molto vulnerabile e che riceve un grosso beneficio dal vaccino, sia perché vaccinare gli 80enni, soprattutto quelli che si trovano fuori delle case di riposo, è una procedura logisticamente complicata e che, se messa in pratica rapidamente, è indice di una capacità vaccinale sviluppata.
In Italia, sono stati vaccinati oltre 1,2 milioni di over 80, cioè circa il 28 per cento del totale. La Francia, che fin dall’inizio ha puntato molto su questa categoria, è quasi al 30 per cento, mentre la Germania non diffonde dati sulle vaccinazioni in questa fascia d’età. Fanno meglio di noi quasi tutti i paesi che comunicano questo dato.
I problemi
Il piano vaccinale è partito molto rapidamente e a gennaio l’Italia è stata per diverse settimane in testa alla classifica europea di somministrazione. Con il passare del tempo, è scesa nella classifica e ora si trova poco sotto la media, vicina agli altri grandi paesi. Ma come abbiamo visto, in Italia si sono vaccinati in percentuale meno anziani.
Le ragioni di questa situazione hanno a che fare con la strategia scelta per il piano vaccinale italiano. Le regioni hanno avuto un’ampia autonomia nello scegliere chi e come vaccinare, mentre il governo centrale ha fatto poco per coordinarle o aiutare quelle in maggiore difficoltà.
L’ex commissario Domenico Arcuri ha puntato invece molto sulla competizione tra regioni (ad esempio evidenziando le diverse prestazione regionali nel portale ufficiale delle vaccinazioni). In questo modo ha contribuito allo sprint dei primi giorni, ma ha fatto poco per aiutare quelle più deboli, che in breve si sono trovate in ritardo sulle altre.
Arcuri, ad esempio, ha preferito non coinvolgere direttamente nel piano vaccinale la Protezione civile. Ma le assunzioni straordinarie che aveva pianificato procedono lentamente e solo ora i primi medici e infermieri aggiuntivi vengono distribuiti tra le varie regioni, mentre il progetto primule è stato cancellato dal nuovo governo.
Il risultato è che oggi una regione come la Toscana ha usato l’85 per cento delle dosi ricevute, mentre la Calabria solo il 61 per cento. Alcune regioni hanno già vaccinato un elevato numero di over 80 fuori dalle case di riposo, mentre altre devono ancora cominciare.
Nelle prossime settimane sapremo se i cambi operati dal governo Draghi nella Protezione civile e nel commissariato straordinario produrranno un cambio di passo.
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