L’ex presidente Pd: «Letta è persona autorevole, non c’è bisogno che aggiunga altro. Ma il ritorno alle radici è l’unica possibilità che ha il partito»
- Non basta il ritorno simbolico di chi è stato defenestrato. Il Pd deve tornare alle origini. E cioè all’Ulivo, che è precedente al Lingotto. E’ un ritorno alle radici.
- Renzi è stato una rottura nel Pd. Non ho mai sentito una parola chiara né da coloro che sono rimasti né dall’intero partito.
- Il potere maschilista nel Pd è forte. Le donne però sono corresponsabili. Perché non solo non hanno fatto una vera battaglia per una donna, mai, ma in qualche caso si sono prestate da posizione di gregarie anche ad operazioni poco trasparenti. Come le pluricandidature.
«Letta è persona autorevole, non c’è bisogno che aggiunga altro. Ma il ritorno alle radici è l’unica possibilità che ha il Pd». Rosy Bindi è stata ministra della Sanità del governo Prodi, ma anche presidente del Pd. E candidata alle primarie. Poi, molto dopo, ha smesso di essere un’iscritta al Pd. Ora nel suo ex partito qualcosa può cambiare. Ma «Serve un centrosinistra inclusivo, che oggi non c’è. E serve chiarezza»
Presidente, ritorna Enrico Letta. Per il Pd è un ritorno indietro o un passo avanti?
Paradossalmente per andare avanti bisogna tornare indietro. L’unica possibilità che il Pd ha di futuro è tornare alle proprie origini. E cioè all’Ulivo, che è precedente e non si può identificare con il Lingotto. Non è un ritorno indietro ma un ritorno alle sorgenti, alle radici. D’altra parte penso che il Pd avrà un futuro se avrà la forza di superarsi e contribuire a costruire un campo largo del centrosinistra. Chiunque sia il segretario. L’unità è un grandissimo valore, ma ha anche un grande nemico: l’unanimismo. Ed ha un presupposto: la chiarezza. La crisi profonda del Pd è legata al fatto che ha vinto, ha perso, è andato al governo, è stato all’opposizione, si è scisso e non ha mai fatto un’analisi seria dei problemi. Mai una discussione franca dalla quale scaturisse una linea politica. Capace di unire, sì, ma dopo aver fatto chiarezza.
I vertici Pd hanno richiamato Letta in servizio perché non avevano alternative?
Letta è il segretario ideale del Pd che sostiene il governo Draghi. Ma chiedo al Pd di anticipare da subito il dopo Draghi. Draghi va sostenuto con lealtà. Ma il sostegno a governi di grandi coalizioni chiede alle forze politiche di non appiattirsi sull’azione dell’esecutivo. Di essere leali, responsabili, collaborativi, ma di saper al tempo stesso indicare qual è la prospettiva del dopo. Va ricostruita una chiara alternativa di centrosinistra. Tutti hanno capito che cos’è la destra, mentre adesso si fa molta fatica adesso capire che cos’è l’alternativa di centrosinistra.
L’unanimismo che viene ricercato su Enrico Letta è un’ipocrisia pericolosa?
Se è un’ipocrisia di certo certamente è pericolosa. Non ho mai visto risultati positivi dalle incoronazioni, in politica e in democrazia. Se l’assemblea di domenica incorona un segretario senza anticipare i nodi su cui prima è necessario anche scontrarsi, sarà un problema. Prima di una linea unitaria deve esserci un confronto vero, anche duro. Il Pd non l’ha mai fatto.
Neanche con le primarie che hanno eletto Nicola Zingaretti?
Neanche. Intanto perché era sostenuto in larga parte da coloro che hanno sostenuto Renzi. Serve che faccia i nomi?
Dario Franceschini?
Matteo Renzi non sarebbe mai stato presidente del Consiglio se non ci fosse stata la corrente Franceschini-Fassino. La responsabile della campagna congressuale di Nicola era Paola De Micheli, che era stata al governo con Renzi. E poi: si fa una gestione unitaria anche dopo che c’è la scissione guidata da Renzi. Senza aver mai fatto i conti con il renzismo. Nulla di personale, ma per chiarire i contenuti dell’alternativa di centrosinistra. Renzi ha rappresentato una rottura nel Pd. E non ho mai sentito una parola chiara sui contenuti, sullo stile del fare politica, sulla ricostruzione del partito, sulle alleanze, né da coloro che sono rimasti né dall’intero partito.
Era meglio lasciare che tutti i renziani uscissero fuori dal Pd e seguissero Matteo Renzi?
Va bene contenere l’emorragia, e trattenere le persone. Ma su una linea politica. Chiara e netta. Altrimenti si ferma un’emorragia esterna e poi si muore di emorragia interna. Parliamo di contenuti, non di persone. Io ho detto no al jobs act, alla legge elettorale, a una legge sugli appalti, dico no a certe modalità della politica, a partire dai finanziamenti: ho votato contro l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. E non mi sono mai fatta una fondazione. Su queste questioni che hanno diviso i nostri elettori cosa dice oggi il Pd?
Per parlare di Pd insomma non possiamo non parlare ancora di Renzi?
Finché non si fa chiarezza è inevitabile.
Diceva che il Pd deve ripensarsi. Ha ragione la minoranza che chiede che Letta porti quanto prima il Pd al congresso?
No. Anzi, i congressi vanno preparati. Ma credo che si debba aprire una fase di chiarimento interno e di costruzione del futuro. Sarebbe meglio, anziché un congresso, si preparasse una grande assemblea ricostruttiva del centrosinistra. Ripeto, si deve tornare all’Ulivo.
L’Ulivo era un’alleanza. Oggi il centrosinistra chi dovrebbe convocare? Anche M5s?
Prima decidano da che parte stanno. Non credo al bipartitismo, ma credo che dobbiamo rafforzare il bipolarismo. Altro che “non c’è più destra e sinistra”. Di fronte alle sfide di questo tempo quali sono le risposte alternative da una parte e dall’altra? Quelle delle destre sono chiare.
Diceva che il Pd non ha affrontato il renzismo. Ma il ritorno di Letta, un premier defenestrato dal Pd in nome di Renzi, non ha un valore simbolico?
Non possiamo accontentarci dei simboli. Non vorrei che anche questa diventasse una copertura. Facciamo tornare indietro quella famosa campanella? Non stiamo più sereni? Non si possono evitare contenuti.
Con Letta, nei punti chiave del Pd ci sono tutti e solo ex Dc, dall’Europa fino in parlamento. Cos’è successo, avete spianato gli ex Pci?
Chiariamo una buona volta. Paolo Gentiloni non è mai stato democristiano, David Sassoli era figlio di un Dc, Andrea Marcucci era liberale, Graziano Delrio non è mai stato iscritto alla Dc. E la Dc non era la Margherita. Gli ex Dc poi Ppi che hanno fondato l’Ulivo sono un’altra storia. E anch’io non ho fatto mai congressi della Dc e quindi sono molto meno democristiana di Franceschini e Letta.
Emendamento accolto, ma non svicoli la domanda.
Non svicolo. Ma bisogna smettere di fare la storia del Pd partendo dalla scissione del ‘21. Che peraltro è stata ricordata molto più del centenario della fondazione del Partito popolare, che nessuno ha pensato di mettere in relazione con il Pd. Pensiamo al futuro. Va ricostruita una coalizione di sinistra plurale. Non mi sono piaciuti i toni delle sardine, ma hanno tutto il diritto di partecipare a questa discussione visto che senza di loro avremmo perso alcune regioni. Da quando è nato il Pd la sfida ecologista è diventata enorme. I temi della corruzione e della mafia sono un elemento discriminante. Queste parole dal Pd non le ho più sentite. Ho sentito la parola ‘semplificazione’. Bella, ma non è molto.
Ha apprezzato i toni dell’addio di Nicola Zingaretti?
Zingaretti è un ottimo amministratore, uno che ha sempre vinto tutte le elezioni. Aveva tutte le carte in regola per fare un’operazione di chiarezza, e aveva anche la forza. Ma penso che un segretario, prima di dimettersi, si presenta in un’assemblea e dice quello che vuole. Se gli dicono di no, allora se ne va.
Con Letta rientrerà anche Pier Luigi Bersani?
Non mi sembrerebbe elegante. Diverso è se si apre una fase costituente del centrosinistra. Allora, certo, mi augurerei che ne facessero tutti parte, Bersani, Elly Schlein, Errani, Speranza, D’Alema. Ma serve chiarezza: scissioni per fare le liste ce ne sono già state. Vogliamo parlare di contenuti, anche con Bersani.
Alcune donne del Pd in queste ore chiedono una candidata alla segreteria. Lei è stata presidente del Pd. Il Pd è un partito maschilista?
Il potere maschilista nel Pd è forte, da sempre. Le donne però sono corresponsabili. Perché non solo non hanno fatto una vera battaglia per una donna, mai, ma in qualche caso si sono prestate da posizione di gregarie, cooptate e beneficiate, anche ad operazioni poco trasparenti. Come quella delle pluricandidature alle ultime elezioni, dove alcune hanno lasciato il posto a un uomo. E’ molto più dignitosa una candidatura alla segreteria, non solo in nome del fatto che si è donna, ma anche con una prospettiva politica. Io l’ho fatto, mi sono candidata. La mia era una mozione che si discostava in molti punti dal Lingotto di Veltroni. A partire dalla non equidistanza fra operai e imprenditori, che avevo imparato dalla dottrina sociale della Chiesa e non dal Capitale di Marx.
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