La finestra pensionistica non verrà rifinanziata e il premier vuole modificare il reddito di cittadinanza, a causa del flop dei “navigator”. Così cambiano faccia le due misure chiave del governo Lega-5 Stelle
- Passata la tornata elettorale, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha annunciato che Quota 100 non verrà rifinanziata e terminerà nel 2022 e medita di modificare il reddito di cittadinanza.
- Il mancato rinnovo della misura pensionistica comporta la necessità di negoziare coi sindacati una nuova norma per definire l’età con cui andare in pensione. Altrimenti torneranno in vigore i 67 anni della legge Fornero.
- Il reddito di cittadinanza ha dato risultati scarsi dal punto di vista dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro e Conte vuole imporre una revisione di quelle norme.
Più che i pieni poteri chiesti da Matteo Salvini al Papete, il vero spartiacque politico che segna il passaggio dal governo Conte I al Conte II sembra essere stato il voto del 20 e 21 settembre. Il Sì al referendum e la tenuta del centrosinistra in Toscana ha fortificato l’esecutivo, rinsaldando l’asse tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Partito democratico. L’effetto è stato quasi immediato: il segretario del Pd, Nicola Zingaretti ha annunciato la modifica dei decreti sicurezza voluti dall’allora ministro leghista Matteo Salvini, Conte ha invece dato la spallata alle altre due misure caratterizzanti: Quota 100 e il reddito di cittadinanza. Le tre iniziative smontano l’architrave del precedente governo approfittando della confusione che regna nei Cinque stelle, dilaniati dalle liti interne e senza un capo politico che tenga la linea.
Quota 100
«Quota 100 è un progetto triennale di riforma che veniva a supplire a un disagio sociale. Non è all’ordine del giorno il rinnovo», ha detto il presidente Conte. Tecnicamente è così: la finestra pensionistica che ha permesso il pensionamento di chi sommava 38 anni di contributi ad almeno 62 anni di età non era una misura strutturale, ma una misura finanziata per tre anni che avrebbe poi dovuto essere rinnovata. Approvata nel 2018 su spinta in particolare della Lega, l’attuale governo non la rifinanzierà dopo il 31 dicembre 2021. Anche perché la misura è una delle più costose per la finanza pubblica: secondo gli ultimi dati disponibili di giugno 2020, le domande accolte sono state 200 mila e le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio prevedono che nel 2021 si dovrebbe arrivare a circa 246 mila pensionati per una spesa di 5,4 miliardi. Il leader leghista, Matteo Salvini « La Lega non permetterà di tornare alla legge Fornero. Non si scherza con i sacrifici di milioni di lavoratrici e lavoratori italiani». Il problema del governo sarà appunto il ritorno in vigore della legge Fornero nel 2022, che fissa a 67 anni – cinque in più rispetto a Quota 100 – l’età per la pensione di vecchiaia. Al vaglio c’è l’ipotesi di una soglia d’accesso a 64 anni con 38 anni di contribuiti e la personalizzazione delle posizioni in base al calcolo contributivo. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, è impegnata in un negoziato coi sindacati e l’ex ministro Cesare Damiano mette in guardia: «I 38 anni di contribuiti già previsti da Quota 100 sono troppi: escludono coloro che non hanno carriere continuative, soprattutto le donne».
Reddito di cittadinanza
Conte è andato all’attacco anche della misura più rappresentativa per i Cinque stelle. Il presidente del Consiglio avrebbe detto che, per come è erogato ora, il reddito di cittadinanza «rischia di essere una misura assistenziale senza progettualità». Secondo i dati pubblicati dal Sole 24 ore, risulta che i navigator assunti proprio per trovare lavoro ai percettori del reddito abbiano formalizzato in tutto 220 mila offerte di formazione o di lavoro, troppo poche rispetto alla platea di 1,23 milioni di percettori di reddito e ritenuti idonei al lavoro. Inoltre, secondo i dati raccolti fino a dicembre 2019, hanno trovato effettivamente lavoro solo 28mila persone. Il 30 settembre la misura scadrà per circa un quarto dei beneficiari e a fine anno però più della metà delle famiglie: sarà possibile chiederne il rinnovo per altri 18 mesi, ma solo dopo un mese di sospensione. Le richieste di accesso al reddito sono aumentate del 25 per cento nel 2020.
L’obiettivo del premier è di avere pronto un intervento operativo entro sei mesi, per allestire una struttura informatica che permetta di incrociare in modo più efficace domanda e offerta di lavoro, che oggi avviene sulla base di 20 sistemi regionali diversi, e per rendere più difficile rifiutare il lavoro per chi percepisce il reddito.
Dentro il governo c’è chi ha festeggiato l’accelerazione di Conte: Italia viva lo ha definito un suo successo. Le opposizioni, Fratelli d’Italia e Forza Italia in testa, hanno invece definito «inutile» la misura e auspicato una sua «abolizione». A difendere il reddito è intervenuto il ministro Cinque stelle, Luigi Di Maio, che ha parlato di «sabotaggio dello strumento», e ha accusato gli enti locali: «Su 8mila comuni, solo 400 hanno approvato i regolamenti per impiegare i percettori di reddito in lavori di pubblica utilità».
Così il Conte II vuole mandare in soffitta il Conte I: ne archivia le due misure chiave, che sono state una enorme leva di consensi per Lega e Cinque stelle ma anche interventi di welfare – diretto o indiretto – per le famiglie italiane.
© Riproduzione riservata