- L’Agcom si è pronunciata sul preannunciato duello televisivo fra Letta e Meloni. Un unico confronto fra due leader determinerebbe per i soggetti partecipanti «un indebito vantaggio elettorale rispetto agli altri».
- La legge sulla par condicio nell'accesso ai media e i regolamenti attuativi comportano un burocratico bilanciamento di presenze e cronometraggio degli interventi dei soggetti politici, ma a volte questa parità formale non è sufficiente a garantire una parità sostanziale.
- Dalla decisione dell’Agcom si evince che non sono esclusi confronti tra due o più esponenti politici, purché siano assicurate pari opportunità, nonché una rappresentazione completa e imparziale delle diverse proposte politiche, sotto la responsabilità editoriale dell’emittente.
La par condicio tra forze politiche in campagna elettorale è stata citata spesso per le polemiche sorte a seguito del preannunciato confronto televisivo fra Enrico Letta e Giorgia Meloni, a Porta a Porta. Secondo molti esponenti politici, il duello tra i due avrebbe violato la parità di condizioni tutelata dalla legge, dato che a tutti gli altri sarebbe stata consentita solo un’intervista di pari minuti, ma senza confronto. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) è stata investita della questione dalla Commissione per l’indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, e si è pronunciata nella serata del 24 agosto: un unico confronto fra due leader non si può fare, perché determinerebbe per i partecipanti «un indebito vantaggio elettorale rispetto agli altri».
Prima di dare conto della decisione, è utile ripercorrere le regole sulla par condicio. Perché la misurazione col bilancino degli interventi di esponenti politici in programmi radio-televisivi non basta a escludere squilibri, come dimostra la decisione dell’Agcom.
La legge sulla par condicio
La legge sulla par condicio (n°28/2000) «promuove e disciplina, al fine garantire la parità di trattamento e l’imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici, l’accesso ai mezzi di informazioni».
La normativa considera, da un lato, la “comunicazione politica”, cioè «la diffusione sui mezzi radiotelevisivi di programmi contenenti opinioni e valutazioni politiche», circa la quale prescrive – mediante criteri di «riparto degli spazi tra i soggetti politici» – che sia «assicurata parità di condizioni (…) nelle tribune politiche, nei dibattiti, nelle tavole rotonde, nelle presentazioni in contraddittorio di programmi politici, nei confronti, nelle interviste e in ogni altra trasmissione nella quale assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche» (articolo 2, comma 3). Dall’altro lato, la legge ha riguardo ai “programmi di informazione”, ove dev’essere garantita «la parità di trattamento, l’obiettività, la completezza e l’imparzialità» (articolo 5, comma 1).
In occasione di ogni consultazione elettorale, Agcom e Commissione di Vigilanza Rai predispongono specifici regolamenti (per le prossime elezioni, rispettivamente delibera n. 299/22/Cons e provvedimento del 2 agosto 2022), con i criteri per l'equidistribuzione dei tempi di comunicazione e la ponderazione equa degli spazi di informazione, sulla cui osservanza vigila l'Agcom stessa.
I social network
Diversa la situazione per i social network. Il regolamento Agcom per le elezioni del 25 settembre dispone che «le piattaforme per la condivisione dei video siano tenute ad assumere ogni utile iniziativa volta ad assicurare il rispetto dei principi di tutela del pluralismo, della libertà di espressione, dell’imparzialità, indipendenza e obiettività dell’informazione nonché ad adottare misure di contrasto ai fenomeni di disinformazione anche in conformità agli impegni assunti dalle piattaforme nell’ambito del Code of Practice on Disinformation». Si tratta del codice di condotta europeo contro la disinformazione, sottoscritto nel 2018 dall’Ue, da una parte, e da piattaforme online, fact-checker ecc., dall’altra.
Gli impegni sono stati rafforzati qualche mese fa e, in sintesi, prevedono l’intervento dei firmatari su contenuti falsi o fuorvianti, tali da arrecare un pregiudizio pubblico, come minacce ai processi politici democratici. Già presentando la relazione annuale alle camere, il presidente di Agcom, Giacomo Lasorella, aveva avvertito che la legge sulla par condicio sarebbe «da aggiornare e da adeguare ai tempi». L’Autorità non dispone di poteri riguardo all’«ambiente digitale», perciò ha rimandato agli impegni assunti in sede europea da coloro i quali ne sono attori.
L’Agcom verifica il tempo di parola dedicato alle diverse posizioni politiche nei notiziari, nonché nei programmi di approfondimento informativo diffusi da ciascuna testata, tenuto conto tra le altre cose del format, del tipo di intervento, della periodicità di ciascun programma, dell’argomento trattato. La verifica della completezza dell’informazione e della pluralità dei punti di vista, così come del rispetto dei criteri di riparto degli spazi tra i soggetti politici, tuttavia non basta.
Perché, se è vero che la par condicio sui media si traduce per lo più nel burocratico bilanciamento di presenze e cronometraggio degli interventi, a volte questo non è sufficiente a garantire “parità”. Basti pensare al duello televisivo fra Letta e Meloni, con pari minuti a disposizione di tutti gli altri: pur essendoci formale parità di spazi, ciò non assicura parità sostanziale, potendo indurre nell’elettorato, ad esempio, la percezione che a competere davvero fossero solo i due esponenti politici che si confrontavano in via diretta.
La decisione dell’Agcom
Come si legge nella delibera dell’Agcom, l’attuale legge elettorale, che si fonda su «un sistema misto (maggioritario e proporzionale)», consente alle liste di presentarsi (o meno) in coalizione per concorrere all’assegnazione dei seggi in collegi uninominali in base a un sistema maggioritario, ma non prevede «l’individuazione di un capo della coalizione (…), né postula necessariamente che l’esito delle elezioni venga determinato dal confronto tra due liste o tra due coalizioni».
Per questo motivo, «un unico confronto televisivo tra due soli soggetti politici, nonché le attività di comunicazione ad esso correlate, risulta non conforme ai principi di parità di trattamento e di imparzialità dell’informazione, essendo suscettibile di determinare, in capo ai soggetti partecipanti al confronto, un indebito vantaggio elettorale rispetto agli altri». Inoltre «la definizione delle modalità di eventuali confronti fra esponenti politici non può essere rimessa agli esponenti politici medesimi, rientrando, tale definizione, nella responsabilità editoriale dei direttori responsabili dei programmi».
Il riferimento è probabilmente al fatto che, come dichiarato da Bruno Vespa, il confronto fra Letta e Meloni era il risultato di un mero accordo tra le due parti. Dunque, dalla delibera si evince che con opportuni “aggiustamenti” – quindi, con confronti fra più candidati o molteplici confronti a due, in grado di rispettare il «principio delle pari opportunità tra gli aventi diritto» e «garantire all’elettorato una rappresentazione completa e imparziale delle diverse proposte politiche in vista del voto» – il confronto fra Letta e Meloni potrebbe rientrare nel quadro previsto dalle regole sulla par condicio. Vedremo come la decisione dell’Autorità sarà tradotta in concreto.
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