Il centro di Gjader diventa un centro per rimpatri, dove verranno portati i migranti già in attesa di espulsione, che poi dovranno ripassare dall’Italia. Cambiano le regole dello ius sanguinis
L’imperativo del governo è quello di rimettere in funzione i centri in Albania, per cui la spesa prevista è di oltre mezzo miliardo di euro in cinque anni. Costi quel che costi e anche con il rischio di finire di nuovo davanti ai giudici, con conseguente nuovo scontro con la magistratura.
Il consiglio dei ministri di ieri, infatti, ha approvato un nuovo decreto Albania, che prevede l'immediata riattivazione del centro per migranti di Gjader. «Non perde le sue funzioni», ha spiegato il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ma diventa un Centro di permanenza e per il rimpatrio (Cpr) che accoglierà i migranti in attesa di rimpatrio provenienti dall’Italia, fino a 18 mesi. Non arriverà più, quindi, chi è stato salvato in mare ma proviene da paese considerato sicuro, ma verranno portati dall’Italia coloro che già sono considerati da rimpatriare.
Per farlo, il decreto modifica la legge di ratifica del protocollo Albania. Negli auspici del governo dovrebbe essere una soluzione transitoria, in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea che dovrebbe precisare il concetto di “paese sicuro”. Piantedosi ha assicurato che la nuova destinazione del centro, vuoto da mesi nonostante il grande dispendio di denaro pubblico, «non implicherà l'utilizzo di ulteriori risorse».
Nel frattempo e in attesa della decisione dei giudici europei, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto che «non sono stati fatti cambiamenti» alla relazione annuale sui paesi di origine sicuri. Invece a cambiare sono le regole per l’ottenimento della cittadinanza in caso di discendenza italiana. «Stop alle cittadinanze facili», la richiesta si potrà avanzare solo per una discendenza fino ai nonni e se ne occuperà un ufficio dedicato alla Farnesina, che farà un esame «attento e rigoroso».
Gli effetti
Con il nuovo decreto Albania, il governo si è mosso con prudenza. «Il contatto con l'Ue c'è stato e il provvedimento non è stato ritenuto lesivo dell'ordinamento europeo», ha assicurato Piantedosi, secondo cui tutto è «sostenibile da un punto di vista giuridico» ma «poi vedremo». Qualora il trasferimento venga impugnato, infatti, sarà sempre il tribunale di Roma – che è competente per i centri albanesi – a dover valutare. In ogni caso, per non dover modificare il protocollo con l’Albania, solo una piccola parte del centro potrà essere utilizzato come cpr e, secondo la normativa corrente, Gjader può essere solo un punto di passaggio. I migranti da espellere potranno essere portati in nave in Albania ma poi, al momento dell’effettiva espulsione, dovranno ripassare dall’Italia perché le regole Ue non consentono di delocalizzare in un paese terzo i cpr. Inoltre il secondo centro di Shengjin, che non ha posti letto, rimarrà inutilizzato.
«Il Governo non si fa remore a calpestare diritti fondamentali e buttare altre risorse degli italiani per la sua propaganda vuota e dannosa. Pur di mandare qualcuno nei centri in Albania rimasti sempre vuoti e coprire il fallimento totale della sua propaganda, lo vuole trasformare nel cpr più caro della storia», ha commentato la segretaria dem Elly Schlein «per un totale di meno di 50 posti, perché per convertirli tutti bisognerebbe rivedere il protocollo con l’Albania».
Non solo, secondo Davide Faraone di Italia viva «il migrante verrà portato dall'Italia all'Albania, lì parcheggiato per 18 mesi e poi riportato in Italia per essere accompagnato in patria o rilasciato in libertà nel nostro Paese. Per ciascuno di questi assurdi tour della disperazione servono per legge due poliziotti a migrante e un botto di soldi. Il risultato è non solo uno spreco senza fine di fondi pubblici».
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