- A due giorni dal voto, scambi al veleno fra candidati e sostenitori. Schlein: «L’unica corrente rimasta intera è quella degli ex del rottamatore. Lotti: «Se vinci tu mi cacci?». La replica: «Non è il nostro metodo».
- Su richiesta di Arci e Acli, Letta dice sì alla bandiera della pace ai seggi. Purché sia insieme a quella ucraina: «Noi sempre dalla parte dell’aggredito». Bonaccini è sulla stessa linea: pace sì ma «pace giusta».
- Chiuse le liste: la deputata schiera giovanissimi, attivisti, ambientalisti e civici che “pescano” fuori dal partito. Il presidente dell’Emilia-Romagna invece amministratori, consiglieri, segretari di circolo, giovani e «innovativi» purché «ben radicati nel territorio».
Il fair play è finito, a due giorni dal voto dei gazebo – 5.500 in tutta Italia, saranno aperti domenica 26 febbraio dalle 8 alle 20 – i candidati alla segreteria Pd la smettono con i minuetti. Tema più incandescente, il tasso di renzismo che Elly Schlein misura in Stefano Bonaccini. Che, dice lei, non è renziano, «però l’unica corrente che è rimasta intera è a supporto suo, ed è quella di Guerini e Lotti e di chi allora stava con Renzi». La rispostaccia arriva da Luca Lotti, ex autosospeso Pd ed ex braccio destro di Renzi: «Se vinci tu che devo fare, lasciare la tessera? O aspettare che sia tu a cacciarmi? È questo il clima che imporrai nel Pd da segretaria?». Controreplica di Schlein: «Non cacciamo nessuno, non è il nostro metodo».
In realtà a ventilare il disimpegno, in caso di vittoria della deputata movimentista, era stato qualche esponente riformista. In ogni caso si tratta di un’ipotesi molto improbabile: il favorito è Bonaccini, anche se per la prima volta chi ha vinto ai circoli non ha già l’elezione a segretario in tasca. Più realisticamente, sarà il presidente dell’Emilia-Romagna a dover trovare un modo per trattenere i nuovi sostenitori di Schlein nel suo Pd.
Molto dipenderà dalle proporzioni della vittoria (e della sconfitta). Secondo Schlein più sarà alta l’affluenza più il voto «d’opinione» la premierà. Nel comitato Bonaccini il calcolo è opposto: più il voto sarà ampio e più peserà il consenso organizzato, quello in cui lui va più forte. E su cui infatti ha modellato le liste dei suoi candidati all’assemblea nazionale: amministratori, consiglieri, segretari di circolo, giovani e «innovativi» purché «ben radicati nel territorio»: insomma quelli i voti ce li hanno. Dal lato Schlein invece sono stati schierati giovanissimi, civici, ambientalisti, quelli che trasmettono l’idea di un rinnovamento anche generazionale.
La composizione delle liste, chiuse ieri, non è stato un passaggio indolore. Per la prima volta nei collegi – ricalcati sulla base di quelli del voto per la Camera – viene sperimentata la lista unica a sostegno della o del candidato. Niente più liste per correnti ma un mischione unitario in cui passa chi è piazzato in alto.
Dal lato Bonaccini, al Sud, soprattutto in Campania e in Calabria, coabitano uomini di big che storicamente si guardano in cagnesco. Invece a Caserta, dove i congressi di circolo sono stati sospesi per sospetto tesseramento gonfiato, capolista è il coordinatore della mozione Alessandro Alfieri («per assicurare la massima vigilanza sulla trasparenza del voto»). Al nord corrono, ma a fine lista e solo «per spingere» il sindaco di Torino Stefano Lo Russo e quello di Bergamo Giorgio Gori. A Roma fra i capolista c’è Alessio D’Amato, già candidato (sconfitto) alla presidenza della Regione Lazio. A Brescia l’ex sindaco Emilio Del Bono, uno da 35mila preferenze al recente voto lombardo.
Sindaci e sardine
Dal lato Schlein c’è la carica dei nuovi tesserati. A Firenze Iacopo Melio, l’attivista dei diritti e consigliere regionale dem affetto da sindrome di Escobar; il capo dei rider Andrea Pratovecchi; e Mauro Scopelliti di Arcigay. «Ci sono 67 capolista donne su 90» esulta la candidata. In Liguria tre ventenni, Aurora Lessi, Alberto Giorgini, Simone Anselmo e lo scrittore Bruno Morchio. Ci provano anche le ex “sardine” Jasmine Cristallo (Calabria), Mattia Santori (Emilia-Romagna), Mery De Martina (Bologna), Mia Diop (Livorno).
Per Bonaccini corre qualche deputato o deputata (oltre ad Alfieri, le due capogruppo in parlamento Simona Malpezzi e Debora Serracchiani). Fra quelli di Schlein meno: un po’ per la religione del rinnovamento e un po’ perché tanto i parlamentari eleggeranno i loro rappresentanti all’assemblea. Non c’è neanche il nome di Goffredo Bettini: ha simpatizzato per Schlein ma da una posizione autonoma.
Endorsement di prestigio per il ticket Bonaccini-Picierno: i dissidenti iraniani e l’Ambasciata popolare della Bielorussia. E per Pina Picierno, europarlamentare schieratissima con Kiev, tifa la scrittrice ucraina Yaryna Grusha Possamai. Tema delicato, quello della guerra contro l’Ucraina: il voto dei gazebo si svolge due giorni dopo l’anniversario dell’invasione russa. Acli e Arci chiedono al Pd di esporre la bandiere della pace in ogni gazebo. Ma il Pd è da sempre favorevole agli aiuti militari a Kiev. A risolvere la situazione è il segretario uscente Enrico Letta, che sarà oggi alla manifestazione in solidarietà con l’Ucraina a Roma, davanti all’ambasciata russa, insieme a un drappello di parlamentari. Proprio qui un anno fa Letta convocò un sit-in in difesa del paese invaso. «Bellissima idea», risponde il segretario, «Alle bandiere della pace ai gazebo chiediamo ai nostri militanti di affiancare quella dell’Ucraina, a simboleggiare l’impegno della comunità democratica a sostegno di ogni iniziativa di pace e sempre dalla parte dell’aggredito». Bonaccini è sulla stessa linea: pace sì, ma «pace giusta».
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