- Per Letta i 12mila votanti a Torino sono «un messaggio positivo» ma ora a Roma e Bologna è allarme rosso. Soprattutto nella Capitale dove il «candidato unico» del Pd Gualtieri viene accusato dai sette sfidanti di voler restare nel perimetro dei voti di partito.
- Il segretario ieri è andato a sostenerlo in un teatro di Tor Bella Monaca, nella periferia est. Domenica prossima si punta a 40mila voti, contando anche sull’online, visto che il caldo la domenica ormai svuota la città.
- Niente alleanze con i Cinque stelle nelle amministrazioni di Appendino e Raggi: «Sono state il simbolo di una stagione del grillismo ormai archiviata, il tema non si pone».
Enrico Letta si affretta a dire a Radio Immagina – la radio web del partito – che i 12mila partecipanti ai gazebo torinesi dello scorso week end sono «un messaggio positivo» visto che «sono state le prime primarie del dopo Covid». Le previsioni segnavano però l’asticella della partecipazione più su e i media hanno parlato di «flop». Così ora a Roma e a Bologna, le due città al voto domenica 20 giugno, è allarme rosso sull’affluenza. Nella Capitale il bacino dei voti è tre volte tanto ma la sfida è meno tesa: a Torino la competizione era aperta, e infatti il candidato civico Francesco Tresso è arrivato a meno di trecento voti dal vincitore Stefano Lorusso. E le firme raccolte sui candidati erano quasi 16mila, cioè circa 4mila in più dei voti poi raccolti. A Roma il predestinato è Roberto Gualtieri, «candidato unico» del Pd; le primarie “peseranno” gli altri sei in corsa, che poi confluiranno in un unico comitato per sospingere la vittoria al Campidoglio.
L’accusa degli sfidanti di Gualtieri è che il Pd tiene le primarie “basse” nella comunicazione e preferisce restare dentro il perimetro del voto di partito per favorire il risultato di un candidato lanciato con due mesi di ritardo. Gualtieri, dopo aver saltato un primo confronto con tutti i candidati, ne ha fissati due, uno oggi allo spazio sociale Spin Time, e uno online venerdì 18 giugno. Ma Imma Battaglia, l’attivista lgbt in corsa per Liberare Roma, parla di «primarie silenziose». Ieri è arrivato anche l’appello di Massimiliano Smeriglio, l’eurodeputato che da giorni segnala la scarsa visibilità dell’appuntamento: «Le primarie di Roma meritano un confronto sulle tv nazionali. Il mio invito è rivolto ai vertici della Rai. Ascoltare i candidati del campo progressista alla guida del Campidoglio è un servizio non solo alla città, ma a tutto il paese».
Le mosse di Gualtieri
Gualtieri ostenta tranquillità. Ma intanto ieri ha chiesto al segretario di accompagnarlo al teatro di Tor Bella Monaca, popoloso quadrante a est della via Casilina. Non c’erano le masse delle periferie, ma Letta non si è spaventato: «Facile andare a fare i bagni di folla o cercare gli applausi. L’unica vera strada è accettare le sfide difficili. Per riconquistare questi territori dobbiamo prima di tutto ascoltarli, esserci, senza lo sguardo dall’alto in basso di chi considera il disagio un danno collaterale dello sviluppo», dice Letta, Gualtieri è «il miglior candidato e miglior sindaco per Roma che deve voltare pagina».
A Roma l’obiettivo è 50mila partecipanti ai gazebo, «diciamo 40mila veri», viene ammesso, fra voto in presenza e voto online. A Torino il 30 per cento dei votanti ha preferito il voto da remoto.
Ma per entrare nella parte dedicata del sito del Pd serve lo «Spid», il Sistema pubblico d’identità digitale con cui si accede ai servizi della pubblica amministrazione. Molti cittadini si stanno attrezzando perché con lo Spid si ottiene il certificato di avvenuta vaccinazione. Ma non è una procedura rapida e neanche amichevole per gli elettori più anziani, core business del popolo delle primarie.
Nel quartier generale di Gualtieri sono ore di lavoro a pancia sotto. C’è cauto ottimismo: «Qui a Roma noi abbiamo il traino del voto per i 180 candidati presidenti dei municipi», spiega Claudio Mancini, uomo macchina dell’ex ministro, «a Torino c’era una trentina di gazebo, noi ne allestiremo 190». I seggi chiuderanno alle 21, e non alle 20, perché quasi fino a quell’ora all’Olimpico si gioca la partita Italia-Galles.
A Bologna
Anche Bologna si punta a tenere i seggi aperti un’ora in più. Alle primarie del 2011 sono andati a votare in 28mila. Una quota ragguardevole che il Pd spera di poter bissare.
Anche perché in città il confronto è combattuto. Letta è schierato con Matteo Lepore, candidato di partito sostenuto anche da alcuni movimenti civici (le sardine si sono piazzate al suo fianco); ma si teme l’exploit della candidata renziana Isabella Conti, appoggiata dalla corrente Base riformista. Su Lepore è arrivato l’endorsement politicamente pesantissimo di Giuseppe Conte (che a Roma invece sostiene Raggi). E ha scatenato accuse di voto inquinato dagli esterni da parte dei dem orientati su Conti.
M5s la vera incognita
Il punto infatti è che da chi vincerà a Bologna dipenderà anche lo schema di gioco al voto vero. Lepore vuole stringere un’alleanza con in grillini, Conti no. E alla fine delle grandi città al voto il matrimonio con in Cinque stelle si celebrerà solo a Napoli. A Torino, con la vittoria di Lorusso, grande avversario della sindaca uscente Chiara Appendino, la questione è chiusa: in caso di ballottaggio farà appello agli elettori. Ma il clima non è amichevole: in queste ore circola la voce che la stessa Appendino potrebbe ripresentarsi. Glielo avrebbe chiesto lo stesso Conte.
A Roma fra Pd e M5s c’è lo stesso muro. Letta ieri ha ribadito il giudizio «molto negativo» sull’uscente Raggi. E dalla sede nazionale ieri viene chiarito che «chiederemo di costruire accordi con i Cinque stelle al secondo turno ovunque, ove possibile» ma non a Roma e Torino: «Raggi e Appendino sono state il simbolo di una stagione del grillismo ormai archiviata, il tema non si pone». A Torino, se Lorusso non arriverà allo spareggio, gli elettori dem saranno lasciati liberi di votare secondo coscienza. Nella Capitale Gualtieri è certo di arrivare al ballottaggio e non vuole neanche sentire parlare di un’eventualità diversa. A Tor Bella Monaca Letta si è attenuto alla stessa certezza. Anche se si tratta di una scelta ad alto rischio: le destre hanno scelto il tandem civico fra «il tribuno del popolo» Enrico Michetti e la magistrata Simonetta Matone. E sono certe, numeri alla mano, di arrivare al ballottaggio. I pezzi da novanta di Fratelli d’Italia promettono una campagna senza tregua: «Loro faranno i civici, a trainare il voto politico ci pensiamo noi», è l’indicazione. A capitanare le liste d’appoggio dei rispettivi partiti saranno dirigenti politici di primissimo piano. E forse è solo una suggestione che viene fatta circolare ad arte, ma al momento non si esclude che siano Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani.
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