«Chiamiamo cittadine e cittadini, affinché il 25 Aprile di quest’anno sia una grandissima festa unitaria, pacifica, antifascista e popolare». L’appello con cui l’Associazione partigiani d’Italia convoca le manifestazioni per la Liberazione e in primis il tradizionale corteo di Milano va sempre letto in controluce. Ma quest’anno di più. Sarà una giornata particolare, innanzitutto per le istituzioni. Perché quest’anno, il 75esimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione, le intemperanze del governo e delle istituzioni incarnate da esponenti della destra ex missina rischiano di alzare la temperatura della festa, se non rovinarla. Gli svarioni della premier Giorgia Meloni sulle Fosse Ardeatine e quelli del presidente del senato Ignazio La Russa sull’attentato di via Rasella non sono archiviati, nonostante qualche scusa maldestra.

Per questo le undici associazioni antifasciste e della Resistenza hanno scelto con attenzione le parole del comunicato, poi firmato da altre 25 associazioni: «Esprimiamo preoccupazione per dichiarazioni, decisioni e comportamenti di alcuni rappresentanti delle istituzioni e della politica», vi si legge, «che, in vari casi, sono apparse divisive e del tutto inadeguate rispetto al ruolo esercitato». L’allusione alla seconda carica dello stato non è casuale. Così come è voluto il passaggio in cui viene spiegato che il ventennio che precede la Liberazione fu anche ventennio «di lotte antifasciste» in cui «decine di migliaia di italiani furono perseguitati, arrestati, confinati, deportati e uccisi perché contrari al regime di Mussolini». Leggasi: non uccisi perché «italiani» come ha preteso la premier a proposito dei martiri delle Ardeatine. Si «impone» dunque «una netta condanna del fascismo, mentre si moltiplicano episodi di violenza e di apologia del fascismo stesso».

Le istituzioni ci saranno

In questo clima, lo sforzo del Comitato permanente antifascista, nato nel maggio del 1969, che convoca il corteo milanese è di fare di quella giornata «la festa di tutti i cittadini», spiega il presidente Roberto Cenati: «Rivolgiamo un invito alla partecipazione unitaria, pacifica e più ampia possibile. La Resistenza ha restituito la libertà a tutti indistintamente, anche a quelli che oggi la criticano». Una sottolineatura chiarificatrice dopo che il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo aveva detto di condividere la scelta «di non invitare rappresentanti delle istituzioni sul palco della manifestazione dopo le imbarazzanti dichiarazioni di La Russa», di cui l’Anpi chiede le dimissioni.

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Su quel palco le “istituzioni” però ci sono da sempre, rappresentate dal sindaco di Milano. «Dal 1945, il governo non è mai stato invitato. Sono stati invitati ufficialmente solo due rappresentanti del parlamento: nel 2013 la presidente della Camera Laura Boldrini, e nel 2017 quello del Senato Piero Grasso», dettaglia Cenati. Gli altri politici, quando ci sono stati, si sono semplicemente uniti al corteo.

La mattina, poi, il comitato e l’Anpi sono impegnate come da tradizione proprio con le istituzioni cittadine – sindaco, prefetto, Guardia di Finanza, carabinieri ed esercito – a deporre corone di fiori in quattro luoghi simbolici della Resistenza milanese: palazzo Marino, Loggia dei Mercanti, piazza Tricolore e infine Piazzale Loreto, dove il 10 agosto 1944 furono fucilati quindici partigiani da militari della Legione Ettore Muti della RSI, per ordine dei nazisti (e i loro cadaveri vennero esposti al pubblico). 

Aria da 1994

Il caso più clamoroso fu quello di Umberto Bossi nel corteo del 1994, sotto un memorabile acquazzone. Una fiumana di popolo sotto gli ombrelli sfilò nel primo anno di Silvio Berlusconi, a pochi mesi dalla prima caduta. Berlusconi, dal governo e dall’opposizione, non si fece mai vedere né a Milano né in altre commemorazioni. Tranne che nel 2009, l’anno del tragico terremoto dell’Aquila, quando da premier si presentò a Onna, fra i partigiani, si mise al collo un fazzoletto tricolore e pronunciò un discorso che rimase famoso (perché unico per lui): «Il 25 Aprile, la festa di tutti gli italiani che amano la libertà e vogliono restare liberi». La sera del giorno dopo andò a Casoria, alla festa di compleanno di Noemi Letizia, la ragazza che lo chiamava «papi».

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«Quest’anno c’è un po’ un’aria da 1994», secondo Carlo Ghezzi, vicepresidente dell’Anpi. Che racconta anche che alle manifestazioni preparatorie del 25 aprile in questi giorni, sono presenti molti sindaci leghisti ancora legati alle radici «antifasciste» di Bossi più che a Matteo Salvini. Come ogni anno, il presidente della Lombardia Attilio Fontana parlerà nella sua Varese. Sul palco di Milano invece, dopo Cenati, parlerà il sindaco Beppe Sala, la presidente dell’Associazione partigiani cristiani Maria Pia Garavaglia, il presidente Anpi Pagliarulo, quello dell’Aned Dario Venegoni (l’associazione ex deportati), il segretario Cisl Luigi Sbarra (quest’anno tocca a lui, i leader dei sindacati confederali parlano a turno). Nel finale si collegherà da Roma il 96enne Aldo Tortorella, il partigiano «Alessio».

Le parole del capo dello stato

Il clima di divisioni, partito in realtà da palazzo Chigi, renderà particolarmente delicato anche il discorso di Sergio Mattarella. I suoi consiglieri sanno che ogni sua parola sarà attentamente ascoltata e pesata dalla maggioranza di governo. Il Colle non autorizza la lettura delle sue scelte come dettate dall’intenzione di fare «opposizione» all’esecutivo. Ma sarà difficile sfuggire al paragone con il probabile silenzio delle altre istituzioni. Sul sito del Quirinale ancora c’è il programma di quella giornata. La mattina, come sempre, andrà a deporre una corona alla Tomba del Milite ignoto, a Roma. Non è ancora ufficiale, ma la premier Meloni sarebbe intenzionata ad essere al suo fianco. Poi il presidente con ogni probabilità parlerà a Boves, in provincia di Cuneo, il paese che nel 1943 fu teatro di due feroci eccidi nazisti. Ci sarà il ministro della difesa Guido Crosetto, cuneese. Della Liberazione degli altri esponenti del governo ancora non si ha notizia.

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