Arresti in flagranza, processi per direttissima, sorveglianza speciale e la possibilità di ricevere di anni di carcere: sono alcuni dei rischi che corrono gli attivisti per il clima su cui in questi giorni si sta abbattendo la mano pesante della repressione statale.

Il blitz al Senato

Si parte con i tre attivisti del movimento Ultima generazione, Davide Nensi, Alessandro Sulis e Laura Paracini, che lunedì hanno gettato vernice arancione contro la facciata del Senato. Arrestati in flagranza mentre attendevano l’arrivo della polizia, sono stati processati per direttissima martedì mattina e rimessi in libertà. Il tribunale ha convalidato l’arresto e il procedimento dei tre, accusati di danneggiamento aggravato, proseguirà il prossimo 12 maggio. Per ora non è stata prevista nessuna misura cautelare nei loro confronti.

Il gesto, che non ha prodotto danni permanenti alla facciata dell’edificio, ha ricevuto la condanna unanime da parte di tutte le forze politiche. «Sono vicina al presidente del Senato e a tutti i senatori e condanno il gesto oltraggioso, incompatibile con qualsiasi civile protesta», ha fatto sapere ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha annunciato che la sua camera si costituirà parte civile nel processo contro i tre ragazzi. Il Movimento 5 stelle è stata l’unica forza politica a dichiararsi contraria alla decisione.

Altri fermi

Per esprimere solidarietà agli attivisti arrestati, Ultima generazione aveva organizzato un presidio a piazzale Clodio, di fronte al tribunale di Roma, poi annullato. Gli ecologisti hanno fatto sapere di aver scelto di annullare l’evento dopo che uno di loro, Simone Ficicchia, già in attesa di un’udienza per l’imposizione della sorveglianza speciale fissata per il prossimo 10 gennaio, è stato fermato dalla polizia mentre si dirigeva a Saxa Rubra per partecipare alla trasmissione di Rai3 Agorà.

Durante la trasmissione, l’attivista che lo ha sostituito, Michele Giuli, ha spiegato la vicenda: «Non dovrei neanche essere qui. Doveva venire Simone Ficicchia, un altro ragazzo che sta venendo posto, probabilmente, sotto sorveglianza speciale, che è una misura che andrebbe applicata ai mafiosi e ai terroristi. Stamattina è stato portato via dall’hotel in cui stava dormendo perché doveva venire qua, in questo studio». Agorà ha anche mostrato l’immagine di Ficicchia che veniva portato via di peso da tre agenti della polizia.

In un video, gli ambientalisti spiegano che la protesta al Senato «è stata, come sempre, pacifica e non violenta, non avrebbe mai potuto né voluto portare il minimo danno alle persone. Il semplice imbrattamento è considerato punibile dal codice penale con un reato specifico».

Le accuse

Per Ultima generazione, i dettami della legge sono stati disattesi: «Nonostante la previsione di legge e nonostante gli attivisti siano rimasti sul posto in attesa dell’intervento delle forze dell’ordine, nel pieno rispetto dei principi della non violenza, sono stati trattenuti e verranno processati per direttissima con l’accusa ben più grave di reato di danneggiamento».

L’accusa, in ogni caso, secondo Ultima generazione è fuorviante. «Il reato di danneggiamento, oltre a non essere stato commesso, trattandosi di semplice imbrattamento, comunque non prevede l’arresto in flagranza, ma la semplice denuncia a piede libero. Siamo quindi di fronte all’ennesimo abuso, a un’azione volta a intimorire e criminalizzare chi sta cercando di portando l’attenzione sul vero crimine che questo governo sta commettendo».

Gli attivisti rischiano multe da migliaia di euro e condanne alla reclusione che possono arrivare anche a cinque anni. Non è l’unico caso in cui magistratura e forze di polizia hanno adottato metodi duri contro gli attivisti climatici. Tre membri di Ultima generazione che avevano imbrattato la sede dell’Eni store di Roma sono in attesa della prima udienza del processo con l’accusa di violenza privata, danneggiamento e possesso di armi. Due attiviste che avevano lanciato della zuppa contro la copertura in vetro di un quadro di Van Gogh rischiano una condanna fino a cinque anni di carcere. Sei attivisti che avevano bloccato il ponte della Libertà a Venezia sono già stati condannati a pagare una multa da 1.333 euro e sono in attesa di processo. Anche loro, per via dell’inasprimento delle pene previsto dai decreti Sicurezza, rischiano anni di carcere.

 

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