Il ministro Urso aveva attaccato l’Alfa Romeo per la produzione del brand “Milano” in Polonia, ma non usa le Fiat. Anche alla presidenza del Consiglio c'è il predominio di modelli prodotti all’estero: appena un terzo è “italiano”
Sovranisti sì, ma non quando si tratta di autoblu. In quel caso ci si affida, legittimamente, al mercato. Alla migliore dotazione, senza guardare troppo alla nazionalità. Eppure da Adolfo Urso a Francesco Lollobrigida, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, il governo è pieno di cantori del made in Italy e di tutori – almeno a parole – delle produzioni tricolori.
Solo, però, che le auto di servizio, quelle usate dai ministeri e palazzo Chigi per i vari spostamenti, sono quasi tutte straniere, salvo qualche eccezione. Su tutti il ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti, uno dei pochi sovranisti doc, almeno per le quattro ruote istituzionali.
Secondo quanto è in grado di ricostruire Domani, visto che i dati sono pubblicati a singhiozzo sui siti ministeriali, è predominante la scelta di marchi stranieri rispetto all’unico vero, riconducibile all’Italia: la Fiat. Ammesso che, vista l’evoluzione dell’azienda in chiave internazionale, possa essere considerata a pieno titolo italiana. Ma quello resta e bisogna farci i conti.
L’aspetto più singolare è che i più accaniti tifosi del made in Italy polemizzano con i vertici aziendali, quando si tratta di delocalizzazioni, ma non sempre sono agiscono di conseguenza. Anzi.
Urso e Milano polacca
Un esempio lampante è il ministro delle Imprese Urso, che ha ingaggiato un duello a distanza con Stellantis. L’azienda voleva produrre la macchina dell’Alfa Romeo con il nome «Milano» in uno stabilimento in Polonia. Il ministro meloniano ha posto l’altolà, evocando addirittura la legge sull’italian sounding, l’impiego di nomi italiani per attirare i consumatori in maniera ingannevole.
Uno scudo politico intorno all’italianità. E da un ministro strenuo difensore del made in Italy, smanioso di imporre paletti ai vertici Fiat, ci si attendeva quantomeno che viaggiasse su vetture prodotte da lavoratori italiani.
Fin dal suo insediamento a via Veneto, sede del Mimit, c’è invece un parco auto tutto straniero, made in Europe. Senza Italy.
Si contano quattro Audi 3 Sedan, azienda sicuramente tra le più apprezzate, ma con un pedigree tutto tedesco. La nuova flotta è peraltro arrivata proprio dal novembre 2022, a poche settimane dal giuramento dell’esecutivo di destra, all’alba dell’èra Urso.
L’attuale ministro ha poi ereditato solo una Peugeot elettrica, brand francese, dal proprio predecessore, Giancarlo Giorgetti all’epoca a capo del ministero dello Sviluppo economico nell’esecutivo di Mario Draghi. Del resto, come già raccontato da Repubblica, anche sulle preferenze personali Urso risulta intestatario di due auto, una Toyota e una Volkswagen, che di italiano non hanno nulla. Al massimo il concessionario dove sono state acquistate.
Sovranità solo agricola
Ma il numero uno del Mimit, alfiere delle battaglie tricolori, è in buona compagnia nel governo Meloni. Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, parla in ogni occasione del valore delle produzioni italiane. L’estrazione sovranista, dicitura infilata nell’etichetta del dicastero, non vale però per il parco auto.
Al Masaf, fino al 31 dicembre dello scorso anno, c’erano quattro veicoli: due Peugeot 208 (elettriche) e una Nissan, eredità del precedente governo. L’unico mezzo che potrebbe essere ricondotto all’Italia è la Jeep, prodotta da Stellantis. Ma al netto dello sforzo di fantasia non è certo un brand che fa pensare all’Italia e alla Fiat essendo da sempre associato alla statunitense Chrysler.
Salvini international
A palazzo Chigi, poi, l’italianità delle quattro ruote è in minoranza, ma almeno presente rispetto agli altri casi. Alla presidenza del Consiglio fanno capo non solo la premier Giorgia Meloni, ma anche la schiera di ministri senza portafoglio.
Su un parco auto di 21 veicoli, solo 7 (quindi un terzo del totale) sono macchine Fiat: 6 Tipo ibride e una Panda. A farla da padrone è comunque la Volvo, casa automobilistica svedese, che rifornisce di 8 vetture la presidenza del Consiglio, mentre altre 6 sono delle Ford Focus.
E cosa fa invece il leader della Lega Matteo Salvini, altro grande appassionato di sovranismo, che sbandiera posizionamenti da patriota? Al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti risultano utilizzabili 2 Jeep, 2 Peugeot a cui si somma una “vecchia” – immatricolata nel 2019 – Nissan Leef.
E dire che meritoriamente al Mit, da quando è arrivato Salvini, è stato ridotto il numero di veicoli a disposizione. Solo che all’attenzione verso le spese, non corrisponde la medesima attenzione al luogo di fabbricazione.
Parchi misti
La lista prosegue con un altro leghista, fedelissimo di Salvini come il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che ha una dotazione di Ford Focus. Tra le righe qualcuno si lamenta: «Ne servono di più». Chissà se davvero crescerà la dotazione e l’attenzione verso i brand. Mentre al ministero dell’Università di Anna Maria Bernini vige un principio misto: una sola vettura Fiat, circondata da Kia, Toyota e Jeep.
Al ministero dell’Ambiente di un altro forzista, Gilberto Pichetto Fratin si ritrovano almeno delle vetture ibride, 2 su quattro, sventando l’onta di un parco veicoli inquinanti nel dicastero che più di tutti dovrebbe essere green. Ma sulla nazionalità lo spartito è lo stesso: due Toyota Auris di proprietà, un’altra Toyota c-hr e una Jeep renegade.
Un misto che si ritrova, seppure in una diversa ripartizione, al ministero del Lavoro e delle politiche sociali affidato a Marina Elvira Calderone. Si contano due Kia Stonic e una Fiat Tipo, ereditate dal predecessore Andrea Orlando.
Sovranisti istituzionali
Ma, aggirandosi tra i parchi auto dei ministeri, non mancano sorprese. Il più sovranista, in termini di autoblu, è la figura che ha un imprinting più europeo di tutti: il numero uno dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il Mef conta su una flotta di mezzi tutti Fiat (Tipo).
Una rarità tra i sovranisti, che però può vantare pure il titolare della Difesa, Guido Crosetto, che al suo dicastero ha in totale 5 auto, di cui 3 Alfa Romeo e 2 Fiat. Nel club sovranista delle autoblu rientra il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, contando su una dotazione quasi esclusivamente tricolore. E si “salva” nell’approccio dell’italianità il leader di Forza Italia e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, per cui però il parco auto è fermo a quello del precedente governo, l’ultimo dato risale infatti al marzo 2022.
Come funziona l’approvvigionamento dei mezzi per gli spostamenti di ministri e i rispettivi vertici dirigenziali?
Le auto di servizio, quasi tutte a noleggio con uso non esclusivo (quindi non riservate a una sola persona), sono messe a disposizione attraverso l’accordo quadro della Consip. Palazzo Chigi e i ministeri sono riforniti dalle società aggiudicatarie dei vari lotti. La dotazione delle aziende è ampia, ma evidentemente l’aspetto dell’italianità è sfuggito ai sovranisti.
Censimento lento
Sul punto il governo Meloni ha, però, un altro neo: il censimento delle auto della Pa non è stato ancora reso noto con un netto ritardo sull’abituale tabella di marcia. Negli anni scorsi, infatti, entro pochi mesi (salvo alcuni casi come negli anni della pandemia) le informazioni che riguardano ogni amministrazione, dalle regioni alle Asl fino alle province e ai comuni, venivano comunicati per avere un quadro chiaro sulla tendenza. Una mappa utile a scoprire un vecchio vizio italico, quello di collezionare autoblu, anche perché alcuni ministeri – come il Viminale di Matteo Piantedosi – non hanno reso pubblici i dati nonostante le richieste di Domani.
Da quanto risulta, peraltro, il Formez ha inviato il materiale al dipartimento della Funzione pubblica per la definitiva elaborazione. Ma il ministro Paolo Zangrillo, su questo punto si dimostra meno solerte rispetto al predecessore, Renato Brunetta. «Il monitoraggio è in corso», spiegano da palazzo Chigi.
Di sicuro, insomma, c’è solo la passione per l’auto straniera da parte dei sovranisti.
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