Il futuro della democrazia in Italia (in crisi) dipenderà dalla capacità di riportare a votare la maggioranza dei cittadini. I votanti alle europee sotto il 50 per cento sono un allarme rosso.

La destra guadagna dalla crescita dell’astensione perché le bastano le percentuali. Fratelli d’Italia è cresciuto in percentuale ma ha perso 700.000 voti dal 2022. Chi è all’opposizione, se non vuole rinunciare a crescere, ha la responsabilità di convincere gli astenuti che vale la pena di partecipare al voto.

È fondamentale dare nuovo valore al diritto di voto conquistato con lotte e fatica, prima per i meno abbienti, nel 1946 per le donne, infine per i giovani.

Occorre ridare valore a progetti di futuro, difendere le conquiste, contrastare la passività di fronte a drammi che riguardano la vita stessa: pace, migrazioni, diritto a non perdere la vita per chi lavora, salute, istruzione.

Elettori ed eletti

Il primo obiettivo è ridare ruolo e forza a partiti non personali che oggi sono fin troppo diffusi, individuando progetti costruiti su valori, comportamenti etici.

Secondo, occorre cancellare regole elettorali che hanno favorito l’astensione perché hanno troncato ogni rapporto diretto tra elettore ed eletto. Perché l’elezione dei parlamentari dipende dal posto in lista che gli assegna il capo del partito. La legge elettorale deve tornare sostanzialmente proporzionale e consentire la scelta dell’eletto da parte dell’elettore.

Terzo, occorre ridare centralità alla nostra Costituzione del 1948, antifascista e democratica, fondata sulla divisione dei poteri, che contiene obiettivi sociali e principi di solidarietà mai realizzati. Da alcune conquiste si è tornati indietro.

Costituzione sottovalutata

Da troppo tempo la Costituzione è sottovalutata. Nel tempo anche la sinistra si è fatta coinvolgere da un’ansia di cambiamento, con risultati discutibili, basta pensare al titolo V riscritto nel 2001 e ad alcune sue improvvide formulazioni si è agganciato Calderoli per portare avanti un’autonomia regionale differenziata che mina l’unità nazionale dei territori e dei diritti.

La proposta Calderoli esaminata con i principi costituzionali fondamentali verrebbe bocciata ma la riscrittura del titolo V ha aperto dei varchi. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge di iniziativa popolare, sostenuta da 106.000 firme, discussa al Senato che ha spinto le opposizioni a riesaminare precedenti posizioni e ad affrontare senza imbarazzo un confronto aspro con la maggioranza delle destre.

Analogamente per l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Ci sono stati tentativi in passato di cambiare la Costituzione e sono state avanzate proposte che oggi vanno archiviate. Non a caso Giorgia Meloni ha giocato su affermazioni e contraddizioni esistenti. Per questo occorre che al di là di posizioni precedenti oggi l’elezione diretta del presidente del Consiglio venga contrastata perché intaccherebbe un fulcro della nostra Costituzione, basata sulla divisione dei poteri, sulla centralità del parlamento e non su quella del governo, sull’autonomia della magistratura, escludendo in radice l’accentramento del potere in una persona.

Capocrazia

L’elezione diretta del capo del governo porterebbe alla capocrazia, ridurrebbe drasticamente il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica e il parlamento, già fin troppo indebolito, ne sarebbe dipendente.

La personalizzazione ha invaso la vita politica, è una scorciatoia sulla fatica di costruire e gestire proposte di cambiamento in grado di intervenire sulle relazioni sociali e sui ruoli ossificati che stanno allargando una frattura sociale impressionante tra chi decide e chi deve sottostare alle decisioni.

La Costituzione del 1948 è un impasto eccezionale di obiettivi per una società più solidale e meno disuguale e poteri che favoriscono la partecipazione e la dialettica sociale e politica perché nessuno possa decidere da solo. La personalizzazione cavalcata dalle destre porta passività e allontanamento dal voto, ma l’alternativa è possibile a condizione di riconoscere gli errori.

Coinvolgere i cittadini

Elly Schlein è uscita da schemi subalterni. Le elezioni europee l’hanno premiata. Ora ha le condizioni per cambiare scenario e rilanciare la Costituzione.

I referendum sono inevitabili per fermare lo stravolgimento della Carta che la destra sta tentando, approfittando del premio di maggioranza del 15 per cento in parlamento, e possono essere l’occasione per riportare alla partecipazione aree di astensionismo.

L’autonomia differenziata deve essere fermata e se in parlamento non sarà possibile occorre chiamare a decidere i cittadini, insieme ai referendum sociali, così sul premierato anche se questo arriverà più avanti perché cambiare la Costituzione ha tempi diversi.

Per attuare e difendere la Costituzione oggi servono i referendum, chiamando elettrici ed elettori a decidere, costituendo subito la rete dei Comitati.

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