La decisione non è ancora presa, ma l’azienda rischia di rinunciare a share gratuito pur di limitare la visibilità del programma che ha indispettito molti esponenti di destra
Nuovi palinsesti, nuove occasioni di fare lo sgambetto a chi non è in linea con la narrazione sovranista della Rai. Mentre a Viale Mazzini ci si concentra sul rinnovo del consiglio d’amministrazione, le direzioni di genere hanno iniziato a lavorare sui palinsesti estivi, da cui rischiano di scomparire le repliche di Report.
La suggestione circola già da qualche settimana, ma l’azienda, a richiesta puntuale, risponde che una decisione definitiva non è ancora stata presa. Anche alla redazione del programma, che tradizionalmente torna in onda a metà estate, non sono arrivate ulteriori delucidazioni.
Già il fatto che si stia pensando a questa possibilità è però una notizia. Cancellare le repliche di Report significherebbe dire addio a una trasmissione a costo zero che comunque garantisce uno zoccolo duro d’ascolti anche nei mesi estivi.
A luglio scorso, per dire, le puntate viaggiavano intorno al 6 per cento, con picchi anche oltre il 10 per cento. Valori che garantivano a Rai 3 la terza posizione nella classifica delle reti più viste. Rimpiazzare il programma con qualcosa che porti lo stesso seguito, a maggior ragione senza costi ulteriori, sarebbe piuttosto complicato.
E allora l’impressione che circola è che alla base della valutazione in corso ci sia una ragione politica. «Il sospetto è che si voglia indebolire ancora una volta una trasmissione “scomoda” che con le sue inchieste ha fatto luce sulle ombre di molti esponenti del governo Meloni», scrivono i parlamentari M5s in una nota, promettendo un’interrogazione in commissione Vigilanza. «Potremmo essere di fronte a un nuovo inaccettabile attacco a Report che “puzza” di bavaglio», si legge ancora. A microfono spento, fonti Cinque stelle sottolineano anche il grande imbarazzo dei vertici Rai su questa questione.
Gli attacchi
Dopo essere stato spostato alla domenica sera, in concorrenza con Fabio Fazio sul Nove, ed essere stato costretto a conquistare un nuovo pubblico, Report ha subito contestazioni da parte dei protagonisti delle sue inchieste.
In azienda le risposte sono evasive. C’è chi attribuisce la responsabilità per i palinsesti – che arriveranno sulla scrivania dell’ad Roberto Sergio la prossima settimana – alla direzione omonima, cioè a Stefano Coletta. E chi vede la responsabilità ultima in capo al direttore del genere approfondimenti, Paolo Corsini.
Qualcun altro ancora dice che certe decisioni non possono essere prese senza il via libera dei vertici. Quindi sia Sergio sia il dg Giampaolo Rossi (che potrebbe firmare da ad la programmazione qualora la sua probabile elezione arrivasse in tempo) sono coinvolti.
Insomma, nessuno vuole prendersi la responsabilità di pronunciare una parola definitiva sulla questione. Dalla maggioranza smentiscono però che ci sia stata un’indicazione esplicita da parte di Palazzo Chigi, più interessato in questi giorni a portare a casa l’avvicendamento tra Sergio e Rossi e comunque occupato nella stesura delle liste.
L’impressione è che si sia piuttosto data soddisfazione alle lamentele di chi si è sentito personalmente danneggiato dalla trasmissione. In molti non hanno esitato a denunciare Report: dai La Russa (con il presidente del Senato particolarmente arrabbiato per i servizi che lo hanno riguardato) ai Berlusconi, passando per Vittorio Sgarbi e Giancarlo Giorgetti. Maurizio Gasparri, uno dei protagonisti indiscussi della stagione, che ha anche lasciato la vicepresidenza del Senato dopo un’inchiesta di Report che aveva denunciato una sua possibile incompatibilità tra il mandato di senatore e la presidenza di una società di cybersicurezza, ha postato giusto ieri sui suoi social un’immagine che lo ritrae mentre firma l’ennesima querela nei confronti del programma di Sigfrido Ranucci. Alla lista dei “nemici” va aggiunto anche il ministro Adolfo Urso, che aveva denunciato il conduttore all’Ordine dei giornalisti del Lazio. Ma l’Ordine ha archiviato il procedimento.
Non è poi da escludere, suggerisce qualcuno, che la proposta di non rimandare in onda la trasmissione sia da attribuire a un eccesso di zelo dell’ufficio legale della Rai, preoccupato dalle conseguenze che potrebbe provocare sui procedimenti già in corso una nuova messa in onda.
Al di là delle voci, non confermate, che girano su un possibile avvicendamento al timone di Report – si fa il nome di Federico Ruffo, a cui però si attribuiscono simpatie più gialloverdi che di centrosinistra, un nome che potrebbe quindi provocare qualche perplessità in termini di continuità della linea editoriale – l’impressione è che la trasmissione continui a essere una spina nel fianco per TeleMeloni. Limitarne la diffusione sembrerebbe la via maestra per eliminare l’ostacolo. Anche a costo di danneggiare l’azienda.
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