- I talebani sono pronti a entrare a Kabul. Sono trascorsi due decenni dall'offensiva militare degli Stati Uniti sostenuta dall’Italia e da una larga schiera di politici.
- Il conflitto è costato mille miliardi di dollari agli Stati Uniti e 8,7 miliardi all'Italia. Ma non è servito a sconfiggere i talebani.
- Nel 2001 l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ii vertici di Margherita e Ds tutti si schierano a favore dell’offensiva militare. Contrari associazioni e sindacati.
I talebani sono pronti a entrare a Kabul, a venti anni esatti, era l’ottobre 2001, dall’invasione delle truppe americane e della coalizione internazionale. Una guerra costata agli Stati Uniti mille miliardi di dollari. Ma oggi, nonostante tutto, quel territorio è nuovamente occupato, “governato” dai talebani che, provincia dopo provincia, si stanno impossessando dell’intero paese.
Ma non ci sono solo le spese degli Stati Uniti, anche gli altri paesi non sono stati da meno. Dopo gli Usa ci sono il Regno Unito (30 miliardi di dollari), la Germania (19 miliardi di dollari) e l’Italia 8,7 miliardi di euro, di cui 840 milioni diretti alle truppe afghane.
Il costo più importante, però, è sicuramente quello relativo alle perdite di vite umane. Sono migliaia i militari della coalizione e i soldati afghani uccisi, circa 250mila i caduti civili.
Quando nel 2001 la coalizione internazionale aveva lanciato l'offensiva di terra in risposta all’attacco alle Torri Gemelle, Gino Strada, il fondatore di Emergency scomparso in questi giorni, aveva dichiarato in un’intervista al quotidiano britannico The Independent: «Sono spaventato dalla retorica da spaghetti western di George Bush che vuole catturare i nemici dell’America vivi o morti. Politici che fino a pochi giorni fa non sapevano neppure dove sta l’Afghanistan adesso discutono se il paese deve essere colpito da bombardamenti cosiddetti chirurgici o a tappeto. Una cosa è certa: un sacco di gente sarà uccisa».
Con Emergency e Gino Strada, Arci, Cgil, sinistra radicale avevano criticato l’intervento armato, ma la politica aveva scelro un’altra strada. Ecco le posizioni dei leader politici allora.
Chi ha sostenuto l’inutile guerra
Silvio Berlusconi sosteneva convintamente le ragioni della guerra decisa dal presidente repubblicano George W. Bush. All’epoca il presidente del Consiglio italiano schierava il nostro paese sul fronte con queste parole: «L’Italia è a fianco degli Stati Uniti per stroncare il terrorismo internazionale, ed è pronta anche a partecipare a operazioni militari». Nelle aule di Camera e Senato, il governo parlava di sostegno incondizionato e annunciava l’impiego delle nostre forze armate.
Enrico Letta, oggi segretario del Pd, all’epoca esponente della Margherita, sosteneva apertamente le ragioni del conflitto. Per farlo rivendicava anche il conflitto bellico promosso dal governo di centrosinistra nell’ex Jugoslavia. «L’Ulivo ha sostenuto tre anni fa la necessità di una guerra, quella in Kosovo, che aveva motivazioni meno solide di quelle di oggi. Guai se il centrosinistra italiano si facesse dividere dall’attacco contro l’Afghanistan. Qui ci sono 6mila morti innocenti colpiti in territorio Usa e questa è una risposta al terrorismo che minaccia tutti senza esclusione», diceva Letta.
Massimo D’Alema, già presidente del Consiglio all’epoca della crisi del Kosovo, appoggiava anche lui l’offensiva in Afghanistan polemizzando con una parte della sinistra concentrata soltanto sull’intervento militare della crisi che «rimuove lo scenario nuovo che si è creato e i problemi drammatici che ne derivano». Un’analisi che lo spingeva a una conclusione: «La reazione militare contro il terrorismo non è solo un atto giustificabile, ma necessario».
Piero Fassino, all’epoca segretario dei Ds, al congresso di Pesaro del partito chiariva le ragioni dell’appoggio alla guerra: «Qui non si è condotta una guerra per occupare una nazione, soffocarne l’indipendenza, toglierle la libertà. Qui si è fatto ricorso alle armi per liberare l’Afghanistan da un regime complice del terrorismo». Fassino che credeva alla possibilità di liberarsi dai talebani per via militare e raccontava le virtù salvifiche della guerra. «E se oggi le donne afghane possono affrancarsi finalmente da quel simbolo di umiliazione che è il burqa, se le ragazze di Kabul possono ritornare a scuola, se i ragazzi possono di nuovo ascoltare il suono di una musica, se i bambini possono inseguire finalmente un aquilone colorato, ebbene tutto ciò è perché la comunità internazionale si è assunta la responsabilità di agire tempestivamente e con fermezza».
Il video integrale del discorso di Gino Strada
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