Tutto quello che c’è da sapere sulla corsa al Quirinale, fra suggestioni della stampa, ambizioni, calcoli, tattiche e assenza di manovre dei protagonisti. Monte Cavallo, la rubrica quotidiana sull’elezione del prossimo capo dello stato
- Nuova divisione fra curve di tifosi: anche per l’elezione del capo dello stato ci si schiera sulla candidatura di Silvio Berlusconi. Il Fatto e Libero fanno da capofila alle due fazioni, pro e contro il Cav.
- Depositata la legge di alcuni senatori Pd per vietare il bis dello stesso presidente. Una manovra per spingere Sergio Mattarella al secondo mandato? C’è chi lo pensa.
- La guerra dei borsini: dalle scelte si capiscono le preferenze delle varie testate per i diversi candidati quirinabili. Mario Draghi, primo per il Corriere, non c’è nell’elenco del Fatto. Il Foglio comincia con la conta: 1.007 i grandi elettori.
L’Italia è proprio il paese che ama dividersi in due. Da sempre. Già nella Firenze di Savonarola c’erano i Piagnoni contro gli Arrabbiati. Pensate come ci si è divisi sul Covid: no-vax contro sì-vax. E anche la corsa al Quirinale non può sfuggire alla logica della divisione manichea, soprattutto quando si parla di Silvio Berlusconi.
La raccolta di firme, uguale e simmetricamente opposta, del Fatto quotidiano e di Libero rientra in questa voglia di polarizzazione, spinta fra l’altro dai social. I no-Cav sono guidati da Marco Travaglio, i sì-Cav da Alessandro Sallusti.
Oggi fra l’altro Il Giornale si entusiasma per una frase pronunciata da Giorgia Meloni, che è stata invitata dallo storico deputato democristiano Gianfranco Rotondi, insieme al ministro dem Dario Franceschini, alla presentazione di un libro.
Meloni, nel titolo del Giornale afferma sicura: «Berlusconi al Colle tutelerà la sovranità». Commenta nell’articolo Fabrizio De Feo: la leader di FdI «torna a riaprire». Ma allora aveva chiuso davvero…
Vietare il bis? Dalla prossima volta
Ogni tanto in politica si dice una cosa per dire il suo esatto contrario. Fra ironia (ne è rimasta pochina dopo la prima Repubblica) e sfacciata doppiezza. L’esempio più recente, e famoso, è quello che coinvolge il leader di Iv Matteo Renzi e il segretrario Pd Enrico Letta.
Quando Renzi pronunciò quell’«Enrico, stai sereno», la frase suonò quasi come una condanna irrevocabile, confermata da quello che accadde subito dopo. Beh, in questo caso la faccenda è più raffinata. Qui a Monte Cavallo ce ne siamo già occupati: ieri è stato depositato ufficialmente un disegno di legge costituzionale contro il bis.
Ne bis in Colle, potremmo dire parafrasando un famoso motto latino di saggezza giurisprudenziale (Ne bis in idem). La proposta vieta di eleggere per due volte lo stesso presidente della Repubblica. L’hanno avanzata il senatore Luigi Zanda e altri suoi colleghi del Pd, come raccontano sulla Stampa Federico Capurso e Ilario Lombardo.
Danno quindi ragione a Sergio Mattarella, che non ne vuole sapere del secondo mandato? Apparentemente sì, ma allo stesso tempo rendono in pratica possibile proprio il bis, garantendo che sarà l’ultima volta che accade. Ci avete capito qualcosa? State sereni, dice Stefano Ceccanti, costituzionalista dem: «Con Draghi a palazzo Chigi e Mattarella al Quirinale, non vedo alternative a confermare i due nel ruolo che hanno. Ma questo lo penso a prescindere da quel progetto di legge».
La guerra dei borsini
Dopo quello di ieri del Corriere della Sera, nuovo borsino, ma senza percentuali, questa volta del Fatto quotidiano. Il giornale diretto da Marco Travaglio pubblica stamattina profilo e foto di quattro candidati. Chi sono i quirinabili? Ovviamente è escluso Silvio Berlusconi.
È interessante invece notare che non c’è neanche Mario Draghi, non solo sempre considerato in queste previsioni, ma proprio 24 ore fa quotato dal Corriere della Sera come il più probabile inquilino futuro del Colle, con l’80 per cento! In corsa per il Fatto sarebbero Carlo Casini, Rosy Bindi, Marta Cartabia e Giuliano Amato.
A proposito di Casini, sul Corriere Maria Teresa Meli racconta che Renzi e il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, stanno pensando di organizzare una settantina di grandi elettori, che potrebbero diventare decisivi alla quarta votazione.
Il Foglio comincia a fare i conti e sostiene: su 1.007 votanti, 864 sono per Draghi. Sulla carta. Intanto Romano Prodi risponde a Maria Elena Boschi che lo aveva accusato di essere «accecato dal risentimento» perché Renzi gli preferì Mattarella nel 2015: «Non sapevo di essere candidato», ha risposto divertito il professore che ha confermato di vederci benissimo.
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