Fosse uno spettacolo teatrale, si intitolerebbe “Berlusconi secondo Berlusconi”. Perché, ascoltando l’intera registrazione del colloquio tra l’ex premier (oggi in convalescenza ad Arcore dopo alcune difficili settimane all’ospedale San Raffaele) e Amedeo Franco, il giudice della sezione feriale della corte di Cassazione che nel 2013 confermò la condanna per frode fiscale contro il politico nel processo “Mediaset”, ci si trova davanti a un lungo sfogo.

Un inedito flusso di coscienza durante il quale il leader forzista riscrive la sua storia giudiziaria da cima a fondo, ribaltando sentenze ed evidenze, distorcendo fatti e circostanze aggiungendo prospettive nuove agli eventi che hanno costellato il difficile rapporto che ha avuto con la legge.

È ormai noto che Franco, a distanza di pochi mesi dalla sentenza che inguaiò Berlusconi, ammise di essere stato travolto da un forte rimorso per quanto era accaduto al leader politico, condannato in via definitiva dal collegio di cui il magistrato faceva parte. Un rincrescimento che lo convinse a rivolgersi a Cosimo Ferri, all’epoca sottosegretario alla Giustizia e oggi deputato renziano: è a lui che Franco chiese di organizzare un incontro riservato con il neo-pregiudicato. L’ex Cavaliere accettò e – d’accordo con i suoi avvocati – registrò i colloqui con la toga.

Si scopre ora che quei nastri contengono non solo il presunto «travaglio interiore» di Franco (deceduto nel maggio di due anni fa) in merito a presunte «irregolarità» nell’assegnazione del processo alla sezione feriale, smentite dalla procura di Roma in un documento pubblicato dal Fatto Quotidiano qualche giorno fa. Ma anche un lungo monologo dell’ex presidente del Consiglio che discetta per ore di tutto e di più: dai “miracoli” dei suoi governi alla verità sul bunga bunga, dalla questione Ruby al lodo Mondadori, fino ai «veri rapporti» con Gianpaolo Tarantini e Sergio De Gregorio.

Partiamo dall’inizio. È il 6 febbraio 2014. Quel giorno il presidente del Senato Pietro Grasso ha deciso di costituire il Senato come parte civile nel processo a carico di Berlusconi per la presunta corruzione, appunto, del senatore De Gregorio, che aveva confessato tempo addietro ai pm di Napoli di aver lasciato le file del centrosinistra in cambio di un due milioni di euro in nero. Sono giorni febbrili anche nei palazzi del potere: nel Partito democratico si discute da tempo di un eventuale ingresso di Forza Italia nel governo, mentre Matteo Renzi, che ha appena ospitato al Nazareno l’avversario storico del suo partito, sta preparando il benservito all’allora presidente del Consiglio Enrico Letta. Davanti al giudice Berlusconi comincia il suo soliloquio parlando dei postumi di una rovinosa caduta avvenuta qualche giorno prima, cagionata – involontariamente – dal suo Dudù. «Ho messo il piede su quelle palle che lancio al mio cagnolino, mi piace che le tiro e torna indietro».

I miracoli

Poi l’ex Cavaliere comincia a snocciolare numeri. Quelli dei sondaggi, che fin dalla discesa in campo nel 1994 hanno condizionato ogni sua scelta politica. «Quando io sono stato eletto con il 48 per cento nel 2008, mi sono subito incontrato con delle situazioni che sono riuscito a risolvere con successo», chiarisce a Franco, parlando dei risultati ottenuti dal suo governo nell’emergenza rifiuti in Campania. «Sono riuscito con il mio sistema di tre turni di otto ore l’uno, sabato e domeniche comprese, a far funzionare il termovalorizzatore di Acerra e in 58 giorni ho pulito Napoli e la Campania. Dopo sono ritornati con la spazzatura, perché non hanno fatto niente di quello che gli avevamo dato. Dovevano portare la raccolta differenziata dal 14 al 40 per cento, dovevano costruire due altri termovalorizzatori e gli abbiamo detto uno qui e l’altro qui e due grandi depositi. Non hanno fatto niente. Da allora, dal 2009 a oggi, non hanno fatto niente».

Berlusconi passa poi alla crisi infinita di Alitalia. «Era già nelle mani di Air France. Io dico: ma noi che siamo un paese con il 70 per cento dei beni artistici dell’Europa, abbiamo le città d’arte, il turismo è una cosa fondamentale per noi, e chiudiamo un centinaio di uffici di Alitalia nel mondo? Se quegli 800 milioni di turisti che vanno in giro finiscono su un aereo Alitalia ma di proprietà di Air France, dove li portano secondo lei? A Firenze, a Roma e Napoli, o a vedere i castelli della Loira? Allora, ho cercato io, personalmente, quindici amici che hanno messo dentro i soldi».

Come si sa, la truppa di cavalieri bianchi non riuscì nell’intento, e ancora oggi la compagnia si trova in pessime condizioni. Berlusconi ricorda infine il suo “miracolo” più complesso: la ricostruzione dell’Aquila. Evento che gestì (a suo parere) con tale maestria da diventare davvero pericoloso agli occhi di un pezzo del paese. «Morale: alla fine del 2009 io raggiungo come apprezzamento, è una media di tutte le case di sondaggio, il 75,3 per cento di stima da parte degli italiani. Così si riuniscono i vertici del Partito democratico, i vertici dell’associazione nazionale magistrati e il capo dello stato e si dicono… e si dicono: “Questo qua non ce lo togliamo più dai piedi”».

Il complotto

L’attacco finale dei giudici contro Berlusconi sarebbe figlio di un “eccesso di successo”, dunque, e delle stesse capacità taumaturgiche di un presidente del Consiglio troppo amato, e dunque inamovibile. Per toglierselo dai piedi la sinistra ordisce un complotto, con l’aiuto di procure amiche. «Nei miei processi la musica cambia» continua a raccontare. «Mi assegnano a dei pm, tutti di magistratura democratica (la corrente di sinistra delle toghe italiane, ndr) e comincio a essere condannato ovunque».

Berlusconi e Franco parlano poi delle ingiustizie che si sarebbero consumate in seno alla sezione feriale della Cassazione. Quella, cioè, che confermò la sentenza di condanna per frode fiscale, facendo scattare le tenaglie della legge anticorruzione Severino e la sua clamorosa espulsione dal Senato. Franco ipotizza negli audio registrati (di nascosto?) «porcherie» e «pressioni», insomma un “complotto” ai suoi danni che però per la procura di Roma è di fatto inesistente. L’indagine dei magistrati Paolo Ielo, Luigia Spinelli ed Elena Neri nasce proprio dalla decisione di Antonio Esposito, presidente del collegio che firmò la sentenza, di querelare un anno fa Mediaset e il quotidiano Riformista, rei di aver pubblicato servizi diffamanti e falsi basati su quei nastri. Il cui contenuto viene allegato alla richiesta di archiviazione (accolta dal giudice delle indagini preliminari a fine marzo) in merito alla posizione di Piero Sansonetti, direttore del Riformista.

L’ex presidente del Consiglio consegna alla registrazione con Franco (depositata nel 2016 dai suoi legali anche nel ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che dovrà valutare se nel processo siano stati violati i diritti processuali del leader) anche una versione inedita del caso di Karima El Mahroug, detta “Ruby”. Berlusconi prima descrive le celebri “cene eleganti”: «Sono andati avanti a farmene di tutti i colori, quelle invenzioni delle mie cene con il club delle ragazze. Ho giurato su tutto quello che ho di più caro, che non ho mai visto un atto che potesse essere inelegante. Ma poi, ero in casa mia: se ci fossero stati anche atti di sesso, che reato era?».

La verità su Mubarak

Poi sull’età di Ruby e sui suoi rapporti con la ragazza, conosciuta quando era ancora minorenne, dice: «Ruby dichiarava a tutti di avere 24 anni, ha una intelligenza e una furbizia riconosciuta pure dalla Boccassini (ex pm di Milano, ndr), ha sempre dichiarato di non avere mai avuto nessuna avance da parte mia e di non avere mai fatto sesso con me. Quindi dovrebbero avere una prova contraria, almeno qualche testimone, oppure un filmino. Non c’è niente».

È storia come nel 2011 Pdl e Lega votarono alla Camera una mozione – citata come esempio di ignominia parlamentare – nella quale si sostenne come Ruby non fosse una normale minorenne marocchina, ma la nipote dell’allora presidente egiziano Mubarak. Tre anni dopo Berlusconi spiega al giudice l’origine di quello che sarebbe un semplice equivoco. «È lei che si era dichiarata figlia di una famosa cantante egiziana parente di Mubarak, e noi le abbiamo creduto. Ha detto che i suoi genitori l’avevano buttata fuori casa perché aveva abbracciato la religione cattolica. Ci faceva vedere le piaghe provocate, a suo dire, dal lancio di olio bollente da parte del padre e di un fratello del padre, di uno zio. E noi ci avevamo creduto, tanto è vero che otto giorni prima io faccio un summit con Mubarak, a villa Madama, e finita la colazione, eravamo al formaggio, praticamente gli ho detto: “Ho conosciuto una ragazza egiziana, dice di essere una tua parente”. Ci davamo del tu con Mubarak: ogni anno veniva nove giorni in vacanza da me in Sardegna, e io gli lasciavo la casa...lui, moglie, figlio e figlia. Comunque, gli dico: “Questa ragazza ha detto di essere figlia di questa cantante”. Mubarak conosceva benissimo la cantante, e guarda caso era vero che fosse una sua nella sua cerchia famigliare. Però non sapeva niente della ragazza, e dice “ti farò sapere”. Quando, otto giorni dopo, mi dicono, che la ragazza è stata presa in questura, che piange, perché ha paura di essere portata a San Vittore...a me passa nella testa: “Oddio, faccio un incidente diplomatico con Mubarak”. Stavo trattando l’enorme incidente diplomatico che è avvenuto tra Gheddafi e la Svizzera. Te lo ricordi, presidente?». La Cassazione ha stabilito che Berlusconi non fosse a conoscenza della minore età della giovane, ma ha confermato che è «presso la residenza di Arcore vi fu esercizio di attività prostitutiva che coinvolse anche Karima El Marough».

Povere ragazze

Durante lo sfogo, Berlusconi ricostruisce anche altre grane giudiziarie. Le serate del bunga bunga hanno infatti aperto altri filoni giudiziari, in primis quelli sulla presunta corruzione delle testimoni del primo processo Ruby. L’ipotesi è che l’ex premier abbia foraggiato con denaro o altre utilità le ragazze che frequentavano le sue residenze, in cambio del silenzio davanti ai giudici che le chiamavano a sommarie informazioni. Berlusconi è ancora a giudizio a Siena, dove è già stato condannato in primo grado il pianista Danilo Mariani per falsa testimonianza. L’ex premier è imputato anche a Milano con lo stesso titolo di reato: corruzione in atti giudiziari. «Io sono accusato di aver corrotto testimoni, sei ragazze che hanno loro...che sono tutte implicate in cose di droga, per cui dicono quello che vuole il pm. Tra i miei 44 testimoni c’è il ministro degli Esteri Frattini, il viceministro, il ministro dello Sviluppo economico Galan, ecc. ecc. e c’è la senatrice Rossi, Valentini, tutte persone che hanno testimoniato che al tavolo con Mubarak si era davvero parlato di questa ragazza», ribadisce a Franco. «Io ho ritenuto a un certo punto che queste ragazze avessero bisogno di essere aiutate, perché hanno avuto la vita devastata. Tutte sono state messe su internet, due sono andate a lavorare in Inghilterra (...) Per dire, una volta una ragazza di Roma incontra un ragazzo svizzero, flirtano, lei rimane incinta. Il ragazzo la porta a casa dei genitori, la mamma felice: “Una nipotina!”, era già di cinque mesi, quindi “Oh che bello! Quando vi sposate? Vi dovete sposare subito!”». La storia di Berlusconi si conclude però con una tragedia. «Il papà, mi sembra un direttore di una agenzia di una banca, va in ufficio fa vedere orgoglioso sul telefonino le fotografie della ragazza, “escort di Berlusconi”. Sa che è successo? Non ha più visto i genitori del ragazzo, non ha più visto il ragazzo, si è trovata incinta e sola. Decide di suicidarsi (...) Ha aperto tutto, la trovano sul letto con una schiuma bianca che le esce dalla bocca, chiama il marito, la prendono, la portano in ospedale, lavanda gastrica, salvano lei e il figlio, che è nato adesso».

Berlusconi chiarisce che non poteva non occuparsi della sfortunata. «Io cosa dovevo fare? Mi sono sentito la responsabilità...cosa avevano fatto ste ragazze? Avevano accettato un invito a cena rivolto da un amico per andare a cena dal presidente del Consiglio. Che è anche l’uomo della televisione, che è l’uomo del cinema, che è l’uomo del teatro, e tutte venivano pensando che trovavano una parte in un film. Ma non è vero niente. Io dalla televisione sono fuori dal 1994. E allora, gli ho dato con un bonifico 2.500 euro al mese». Un reddito di cittadinanza ante litteram. Ma Berlusconi smonta in un solo colpo la tesi dell’accusa, quella di corruzione di testimoni, con una battuta infelice: «Le sei ragazze hanno detto che invece le ragazze estraevano il pisello di Emilio Fede, 82 anni, presidente, 82 anni: per trovare il pisello a lui, specie dopo la mezzanotte, occorre organizzare una regolare caccia al tesoro».

Per Berlusconi anche il processo che si celebra a Bari, dove il leader è imputato per la presunta corruzione di un altro testimone, Gianpaolo Tarantini, è un errore giudiziario. Anche in questo caso l’ex Cavaliere ha avuto «pena» per il lenone che portava ragazze ad Arcore e ha solo aiutato la moglie che non aveva come sostentare le figlie. «Ti sembra che io avessi bisogno di un Tarantini? Mi ha portato la Arcuri, la Lana, delle attrici, si mostrava come un playboy di successo e telefonava al mio maggiordomo e diceva “Quando c’è la prossima cena?”. Io non lo invitavo, lui arrivava con due ragazze, sempre a posto, tutto ben vestito, no? Ma io avevo bisogno del signor Tarantini per portarmi due escort? Ma basta prendere l’iPad, si fa così a Roma, ma ci sono anche Busto Arsizio, Monza, anche in provincia hanno le loro escort».

L’affaire De Gregorio

Berlusconi ritorna al governo vincendo le elezioni anticipate del 2008, dopo la caduta dell’esecutivo guidato da Romano Prodi. Il professore bolognese pagò l’uscita dal governo dell’Udeur di Clemente Mastella, ma i numeri risicati della maggioranza di centrosinistra erano peggiorati quasi subito, anche a causa del passaggio nelle file della destra di Sergio De Gregorio. Un senatore dell’Italia dei valori che fu folgorato sulla via del berlusconismo a settembre del 2006. De Gregorio, qualche anno dopo aver saltato il fosso, confesserà ai pubblici ministeri napoletani di essere stato corrotto dal tycoon, patteggiando una condanna a venti mesi.

Berlusconi e il giornalista Valter Lavitola vengono condannati in primo grado, ma la prescrizione chiude il loro contenzioso penale. «Intanto il voto di un parlamentare è libero, non è condizionato» si difende l’ex premier parlando con Franco, «noi abbiamo dato a questo, due anni prima che cadesse il governo Prodi, un milione di euro alla luce del sole...Perché stavamo cercando di mettere insieme tutte le piccole formazioni della destra per fare il Popolo della libertà. Abbiamo dato un milione a lui, 800mila euro a Gianfranco Rotondi per la Nuova Dc. De Gregorio poi va sotto processo a Napoli e l’accusa è di bancarotta fraudolenta, per cose sue, la pena iniziale prevede fino a dieci anni... Si prende paura, tratta con il magistrato e i pm – come sempre – gli dicono: “Però se mi dici qualcosa contro Berlusconi...”. E lui gli dice che io non gli ho dato solo un milione, che poi non gli ho dato io ma il mio partito, ma pure altri due milioni in contanti, e in nero. Dimmi tu come fai a trovare due milioni di nero! Quando se vai da una banca e prendi più di 3mila euro devi dire a che cosa ti servono, no? Quindi è una balla totale».

Il risarcimento

Infine l’anziano capo forzista ricostruisce i retroscena di un’altra sentenza che lo ha colpito, soprattutto nel portafoglio. Si tratta della decisione della Cassazione che costrinse la Fininvest a risarcire Carlo De Benedetti (editore di Domani) con oltre mezzo miliardo di euro per i danni cagionati dal Lodo Mondadori alla Cir. La questione è nota: l’ex ministro berlusconiano Cesare Previti corruppe il giudice Vittorio Metta, membro del collegio che aveva assegnato a Berlusconi la casa editrice milanese e i giornali controllati. Nel processo penale l’ex Cavaliere si salvò grazie alla solita prescrizione, ma la causa civile che ne seguì lo condannò al maxi risarcimento.

Nel settembre 2013 la terza sezione civile della Corte di cassazione, presieduta da Francesco Trifone, respinge infatti il ricorso degli avvocati del politico, ordinando alla Fininvest di pagare la maxipenale. Per Berlusconi il verdetto è ingiusto, frutto di un’ennesima macchinazione a cui avrebbero partecipato addirittura i vertici istituzionali del paese. «Hanno fatto la sentenza in camera di consiglio il 27 di giugno. E l’hanno poi pubblicizzata, cioè resa pubblica, solo a settembre», spiega a Franco, «come mai? Sembra che il presidente della Repubblica (al tempo era Giorgio Napolitano, ndr) visitato da De Benedetti, si sia interessato di questa sentenza, abbia voluto conoscerla, l’abbia vista e abbia rimandato la sentenza chiedendo a Santacroce (Giorgio, ex presidente della corte, ndr) e al presidente della sezione di aprire di nuovo la camera di consiglio per cambiare la sentenza che prima divideva tra noi e De Benedetti la cifra, per non sapere né leggere né scrivere, 250 e 250. Dopo invece ha dato 500 milioni tutti a De Benedetti. E adesso qua il presidente Trifone l’ha raccontato a degli amici, un giudice l’ha raccontato pure lui, ma non c’è modo di avere una dichiarazione...». Per la cronaca, “dichiarazioni” di Trifone o altri soggetti sul presunto intervento del Quirinale a favore di De Benedetti non arriveranno mai.

 

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