- Bibbiano, in realtà, era un luogo avvelenato, contaminato dal fanatismo dogmatico dello psicologo Claudio Foti e di tanti suoi “allievi”, convinti che i bambini siano sempre sinceri e che un qualunque malessere possa nascondere abusi atroci subiti in famiglia.
- La condanna di primo grado certifica lesioni dolose gravissime e concorso in abuso d’ufficio.
- Significa che per la prima volta un tribunale stabilisce che i ricordi non sono muffa nascosta in anfratti bui che la terapia può grattare via dalla parete per farne materiale probatorio.
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LaPresse
Ho pensato spesso, in questo anno e mezzo di pandemia, alla strana sorte capitata alla vicenda Bibbiano. Era un giorno di fine gennaio del 2020, quando la piazza delle sardine e quella della Lega di Matteo Salvini si riempirono l’una accanto all’altra, nella cittadina simbolo della vicenda.
Cosa fosse davvero Bibbiano l’avevano capito in pochi, ma tutti avevano compreso che c’erano di mezzo dei bambini e si sa, quando c’è da creare un’onda emotiva in tempo di elezioni, i bambini sono pietre preziose. Anche a costo di farne salire uno sul palco che con Bibbiano non c’entrava nulla.
Cos’era Bibbiano
Bibbiano, in realtà, era un luogo avvelenato, contaminato dal fanatismo dogmatico dello psicologo Claudio Foti e di tanti suoi “allievi”, convinti che i bambini siano sempre sinceri e - troppo spesso - che un qualunque malessere possa nascondere abusi atroci subiti in famiglia.
Bibbiano è stato uno dei cluster della peggior pandemia che abbia mai colpito il mondo degli affidamenti e dei servizi sociali, epidemia partita dal bambino zero dell’inchiesta Veleno di Pablo Trincia.
Pochi giorni dopo, la pandemia di Covid spazzava via Bibbiano. Il paziente zero diventava un anonimo jogger di Codogno e gli striscioni “Parlaci di Bibbiano” venivano sostituiti da quelli “Andrà tutto bene”.
Nel frattempo, nulla è andato bene e nessuno ha parlato più di Bibbiano. Finché non è arrivata la sentenza di oggi, quella che ha condannato a quattro anni con rito abbreviato Claudio Foti, lo psicologo che a Bibbiano si occupava del servizio terapeutico destinato ai minori insieme - tra gli altri - a sua moglie Nadia Bolognini e a vari operatori dei servizi sociali della Val d’Enza.
Una condanna per lesioni dolose gravissime e concorso in abuso d’ufficio che potrebbe sembrare poca cosa, se non significasse molto di più di una mera somma aritmetica. Significa che il famoso ascolto dei bambini era viziato da convincimenti pregressi di cui si cercava conferma.
Significa che per la prima volta un tribunale stabilisce che i ricordi non sono muffa nascosta in anfratti bui che la terapia può grattare via dalla parete per farne materiale probatorio. Claudio Foti è stato condannato per lesioni nei confronti di una minore alla quale aveva instillato l’idea di aver subito abusi dal padre e da altre due persone.
La minore non aveva più visto il papà, era decaduta la responsabilità genitoriale. Insomma, una famiglia devastata. La bambina veniva anche sottoposta a sedute di Emdr “per il recupero dei ricordi”, così diceva Foti.
L’Emdr, secondo i terapeuti che lo praticano, è «un metodo psicoterapico strutturato che facilita il trattamento di diverse psicopatologie e problemi legati sia ad eventi traumatici, che a esperienze più comuni ma emotivamente stressanti».
Insomma, Foti pretendeva di convincere la ragazzina di avere ricordi di cui lei non sapeva nulla (gli abusi subiti) e mentre agiva con fare suggestivo e orientante, anziché scovare un trauma, ne causava lui stesso uno alla ragazzina.
Questo è quello che è successo alla minore, ma poi c’erano gli adulti. Bibbiano, Veleno, Sagliano Micca, Rignano Flaminio e le tante vicende in cui Claudio Foti e i suoi “collaboratori” erano periti e consulenti, sono state soprattutto storie di adulti distrutti, guastati per sempre da accuse infamanti in cui le uniche prove della colpevolezza erano traumi estratti dagli “ostetrici dei ricordi”.
Il metodo Foti
Suicidi, malattie, genitori e figli che si sono persi per sempre sono state solo alcune delle conseguenze della cultura del sospetto ammantata di valenza scientifica. E fa quasi pena sapere che oggi Claudio Foti viene cacciato da un ristorante perché quello stigma che i suoi fanatici convincimenti hanno appiccicato addosso a tanti adulti, oggi è appiccicato addosso a lui.
Ora è lui il maltrattante. È lui l’uomo da cui vanno tenuti lontani i bambini. E adesso, ripercorrendo all’indietro le tante vicende controverse in cui famiglie, giornalisti, avvocati hanno accusato Claudio Foti di aver agito con le stesse modalità di Bibbiano, non si può smettere di pensare che ci sia un filo neppure troppo sottile a legare il tutto.
Ripenso a quel fax con su scritto “urgente” che 25 anni fa Foti inviò a un pm, poiché convinto che un bambino gli avesse appena rivelato l’indubitabile esistenza di una botola nella stanza dei nonni accusati di stupri ferocissimi.
La botola non fu mai trovata, i nonni si suicidarono insieme ai due figli, accusati anch’essi, a Sagliano Micca.
Ripenso alle sue certezze sugli abusi subiti dai bimbi di Rignano, con quelle perizie surreali in cui un bambino disegna Spider-Man e lui scrive: «Il concetto di “trasformazione” (nell’ultimo film di Spider-Man l’eroe buono si trasforma in cattivo) può anche rinviare al processo psicologico - anch’esso altamente compatibile con la finalità dell’abuso sessuale ritualistico - che mira a trasformare l’identità positiva della vittima in identità negativa e malefica».
Era il 2007, quell’anno c’era Spider Man 3 al cinema, probabilmente quei disegni erano nell’album di tutti i bambini d’Italia, ma nella sua perizia diventavano “prove di abusi sessuali ritualistici”.
Penso a Francesca Ederoclite, la cui vicenda è raccontata nell’inchiesta Veleno e a quel salto dalla finestra che mise fine alla sofferenza per quella figlia amatissima, allontanata per sempre da lei.
Ripenso al povero orologiaio di Cagliari accusato di avere abusato dei figli, con Claudio Foti che vedeva nell’inquietante disegno di uno dei figli un “pene dentato”, mentre il pene dentato era Goku, il personaggio di un manga.
Ripenso alla compagna dell’orologiaio, accusata e assolta anche lei, morta di malattia qualche tempo dopo. Ripenso alla lunga scia di dolore di cui Bibbiano è solo l’ultima tappa. E sorrido con amarezza all’ipotesi non remota che l’eventuale condanna definitiva di Claudio Foti, un giorno, possa essere convertita proprio in un affidamento ai servizi sociali.
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