La vicenda che coinvolge l’ex ministro e l’imprenditrice presenta profili finora non molto approfonditi. Boccia farebbe bene a tenere presenti norme in tema di privacy, quando allude a materiale che potrebbe divulgare. Sangiuliano sembrerebbe aver ignorato alcune regole interne al proprio dicastero
La vicenda che coinvolge Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia, nonostante se ne parli da giorni, presenta profili che non sono stati finora molto approfonditi.
Da un lato, l’imprenditrice farebbe bene a tenere presenti specifiche disposizioni in tema di privacy, quando allude a informazioni di cui sarebbe in possesso e che potrebbe divulgare. Dall’altro lato, l’ex ministro, a carico del quale sono state formulate ipotesi di peculato e rivelazione di segreto amministrativo, pare aver ignorato alcune regole del proprio dicastero in tema di uso di strumenti informatici.
Registrazioni fraudolente
«La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili», afferma la Costituzione (articolo 15), e pertanto l’ordinamento prevede che pubblicarne il contenuto possa costituire reato. In particolare, il codice penale (art. 617-septies) punisce chiunque diffonda, con qualsiasi mezzo, riprese audio-video o registrazioni fraudolente di incontri privati e conversazioni con lo scopo di arrecare danno all’immagine o alla reputazione altrui.
In base a tale norma, Boccia sarebbe sanzionabile se decidesse di divulgare – sotto forma di screenshot, registrazioni telefoniche, riprese o altro – conversazioni private avvenute in chat, email, sms o messaggi vocali che avesse acquisito illegittimamente nel periodo di vicinanza all’ex ministro. Tale divulgazione le si ritorcerebbe contro. Pertanto, l’imprenditrice ha le mani legate.
Ci sono delle eccezioni all’inviolabilità della corrispondenza. Non si commette reato se si divulgano riprese, registrazioni o materiale similare «in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca». Pertanto, per legittimarsi alla pubblicazione, a Boccia non basterebbe affermare che ha necessità di difendersi da accuse a lei rivolte sui media o comunque in sedi diverse da quelle indicate dalla norma.
Boccia e la privacy
Boccia sarebbe sanzionabile anche se divulgasse comunicazioni e riprese di cui non si fosse appropriata fraudolentemente, come nella precedente ipotesi, ma che avesse acquisito perché inserita, ad esempio, in una chat o tra i destinatari di email. Il Codice della privacy (articolo 167), infatti, sanziona penalmente chi diffonda, senza il consenso degli interessati, dati personali (ad esempio, nome e cognome, indirizzo di residenza o email, numero di cellulare, orientamento sessuale, condizioni di salute) ottenuti in maniera legittima, e ciò produca un danno agli interessati stessi. Il reato è escluso solo se il materiale divulgato non contiene elementi relativi alla privacy delle persone coinvolte (ad esempio, informazioni pubbliche o comunque generiche).
Dunque, Boccia avrebbe le mani legate anche in questo caso: salvo l’uso legittimo per la propria difesa giudiziale, rischierebbe di essere sanzionata se divulgasse senza autorizzazione screenshot, audio ecc. contenenti dati personali, pur acquisiti in via “regolare”.
Pertanto, il molto fumo sollevato dal fuoco e dalle fiamme dell’imprenditrice stenterà a diventare “arrosto”: lei finirebbe per scottarsi.
Sangiuliano e i dispositivi informatici
Gennaro Sangiuliano – oltre a consentire a Boccia la partecipazione a incontri istituzionali, nonché la conoscenza di informazioni riservate – pare non si occupasse con la dovuta cura del proprio cellulare: secondo quanto riferito dall’aspirante consulente, glielo avrebbe consegnato con disinvoltura in diverse occasioni.
L’allora ministro forse ignorava le disposizioni in materia di strumenti informatici stabilite dal dicastero della Cultura. Un apposito disciplinare, infatti, prevede una serie di regole di sicurezza in tema di uso e conservazione di detti strumenti, di cui l’amministrazione dota i propri dipendenti e altri soggetti che ne hanno titolo poiché prestano la propria attività all’interno del ministero.
Il disciplinare mira a prevenire «usi arbitrari» dei dispositivi informatici in dotazione o comunque «comportamenti inconsapevoli che possano innescare problemi o minacce alla sicurezza dei dati». La responsabilità per la buona cura e l’adeguato utilizzo dei dispositivi ricade sugli assegnatari. Sangiuliano avrà preso visione del disciplinare quando era al ministero e, se lo ha fatto, perché sembra non averlo osservato? Si è sentito al di sopra delle regole? Rivestire incarichi particolarmente elevati non esime dal doverle rispettare. Quando la Costituzione (articolo 54) parla di «disciplina», oltre che di «onore», per chi svolge funzioni pubbliche, qualcosa vorrà pur dire.
© Riproduzione riservata