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I 45 deputati assenti fanno mancare la maggioranza alla Camera. E il Def deve tornare di nuovo in cdm.
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Il risultato è una figuraccia senza precedenti e tutto da rifare. Il governo ha dovuto entrare in modalità emergenza, fissando un consiglio dei ministri in extremis alle 18.30 che ha riapprovato il testo e convocare una seduta del Senato per rivotare.
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Dopo l’allarme di Goldman Sachs, il passo falso rischia di minare la credibilità del governo all’estero.
Alle 17 di ieri, la giornata parlamentare si è trasformata in un incubo per il governo. La maggioranza di Giorgia Meloni infatti è crollata in aula alla Camera, non riuscendo ad approvare la relazione del governo sul Documento di economia e finanza. Il disastro è frutto di conti sbagliati e leggerezza nella gestione dell’aula ed è avvenuto proprio nel momento più sbagliato per il governo, incalzato dalla commissione Ue sul Pnrr e sotto lo scrutinio dei mercati.
Con la premier che non ha potuto che assistere a distanza, rovinando il clima del viaggio diplomatico a Londra che avrebbe dovuto proprio servire a tranquillizzare un partner importante della solidità del suo governo. Il voto, pur delicato perché serviva la maggioranza assoluta, veniva considerato di routine. Invece i conti non sono tornati: all’appello mancavano 45 voti tra deputati assenti ingiustificati e in missione (14 di FdI; 15 della Lega; 24 di Forza Italia e 2 di Noi moderati) e Fabio Rampelli che presiedeva l’aula non ha potuto che certificare incredulo il mancato raggiungimento della maggioranza assoluta.
«Capisco l’euforia dell’opposizione», ha detto sconsolato mentre dalla parte sinistra dell’emiciclo piovevano applausi. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che sedeva tra i banchi del governo e ha assistito alla bocciatura, ha lasciato Montecitorio scurissimo in volto sibilando un «i deputati non sanno o non si rendono conto». Di quel che hanno fatto, in primis, ma soprattutto della responsabilità che portano sulle spalle visto che i numeri del governo sono sì ampi, ma basta una disattenzione per fare pasticci. Esattamente come accaduto ieri, con la maggioranza che ha incassato il primato di essere il primo governo della Repubblica a non vedere approvato il proprio Def.
Il risultato è una figuraccia senza precedenti e tutto da rifare. Il governo ha dovuto entrare in modalità emergenza, fissando un Consiglio dei ministri in extremis alle 18.30 che ha riapprovato il testo. Il Def, infatti, ha dovuto ripassare per il Cdm e ci dovrà essere una variazione anche minima dei numeri che contiene. Inoltre il testo – che conteneva i 3,4 miliardi di euro da utilizzare subito per tagliare il cuneo fiscale ai lavoratori dipendenti con redditi medio bassi e altri 4,5 miliardi per ridurre le tasse nel 2024 – era già stato approvato al Senato, dunque il presidente Ignazio La Russa ha dovuto rivoluzionare l’ordine del giorno di palazzo Madama e fissare per oggi il voto bis sul Def.
Governo in confusione
«Nessun problema politico», solo «una brutta figura» ha commentato Meloni che poi ha aggiunto: «Sono i fatti a dover rassicurare i mercati questo governo ha lavorato con estrema serietà, i fatti dicono che i nostri fondamentali vanno meglio di nazioni considerate più solide della nostra». Ma nei gruppi è già partita la caccia alle streghe degli assenti ingiustificati, ben 11 della Lega, 9 di Forza Italia e 5 in FdI.
Che sia politico o meno, è evidente che un problema nella maggioranza ci sia. La bocciatura del Def è solo la sua manifestazione più catastrofica, ma l’ansia nei ministeri e a palazzo Chigi è alle stelle. Meloni ha provato a rassicurare sulla stabilità dei conti e che «l’obiettivo è spendere tutti i fondi Pnrr», ma è ormai un dato certo che una parte più o meno consistente dei progetti salteranno per mancanza di tempo o di strutture per realizzarli, come ha adombrato anche il ministro Raffaele Fitto, che del Pnrr ha la delega. Per questo ora il governo deve trovare le parole giuste per convincere la Commissione europea ad essere flessibile sia nei tempi che nell’allocazione dei fondi su meno progetti, in modo da spenderli tutti.
Impresa complessa e senza garanzia di riuscita. Contro Meloni, inoltre, remano anche i poteri finanziari. Inizialmente cauti nei confronti del governo, ora i mercati stanno maturando dubbi sempre più importanti, di cui un segnale è stato la bocciatura dei Btp da parte della banca d’affari Goldman Sachs. Un altro è il rischio che Moody’s declassi ulteriormente l’affidabilità dei titoli italiani.
La premier, in visita in Gran Bretagna per un incontro diplomatico programmato, sperava di poter rassicurare gli investitori stranieri, ma il disastro sul Def mina l’immagine del suo governo e si aggiunge ai problemi che già tolgono fiato al governo.
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