«La direzione del governo è togliere a chi ha di meno per dare a chi ha di più». «La europee non saranno una conta interna alla sinistra, ma una sfida tra due visioni diverse di futuro: da un lato la destra sovranista degli egoismi nazionali e individuali; dall’altro i democratici e i progressisti impegnati a costruire un’Europa più forte dei diritti e del lavoro, della democrazia e dell’ambiente». «Non troverete mai una mia polemica verso gli altri partiti di opposizione, l’avversario è la destra».
Per il Pd ogni giorno ha la sua pena. Quella di ieri è l’addio di trenta dirigenti genovesi, alcuni molto votati, che traslocano ad Azione, con una lettera molto dura verso Elly Schlein: nel Pd c’è, scrivono, «una netta svolta a sinistra», il riformismo «viene negato», «non ci sentiamo più a casa nostra». Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna e del Pd, ma anche leader dell’area riformista da cui provengono i trenta, misura le parole.
«Credo ci sia bisogno di tutto fuorché di questo», scandisce con attenzione. «Rispetto le scelte di tutti ma non condivido. Batteremo la destra quando smetteremo di rubarci personale politico e lo zero virgola qualcosa. Ciò detto, è essenziale che il Pd recuperi rapidamente la propria vocazione maggioritaria: abbiamo bisogno di un partito più grande ed espansivo che punti a tornare al governo, non di un partito più piccolo e radicale. Credo che Elly sia la prima a doversi e volersi far carico di questo». Prima di proseguire sul Pd, si parla del governo.
Secondo Giorgia Meloni il crimine minorile è la prima emergenza del paese, e si affronta con il carcere per i minorenni. È cosìi?
Sicurezza e legalità sono temi fondamentali per la vita di una comunità, riguardano tutti gli italiani. Farne una battaglia di parte sarebbe sbagliato e i fenomeni di devianza giovanile, al pari di quelli della violenza degli uomini sulle donne, non solo sconvolgono tutti ma impongono risposte e provvedimenti. Ho però la sensazione che questo governo rincorra più i singoli episodi che non i mali profondi. Alzare le sanzioni non basta, non sarà il codice penale a risolvere questi problemi. Fermo restando che chi delinque va punito, i fenomeni di criminalità giovanile o di violenza domestica non si sono mai attenuati con l’inasprimento delle pene, per le quali non ho alcun preconcetto. Vorrei aggredissimo però la dispersione scolastica, sostenessimo i servizi di inclusione sociale e le reti del terzo settore, dello sport di base e degli oratori; che rafforzassimo i servizi di prevenzione, presa in carico e assistenza per minori e donne vittime di violenza. Un blitz estemporaneo delle forze dell’ordine a favore di telecamere, o l’innalzamento delle pene a favore di conferenza stampa, reggono un tempo breve: poi i riflettori si spengono e il rischio è che tutto continui come prima.
Da quel po’ che si sa della manovra, si può capire in che direzione va questo governo?
I nodi arrivano al pettine. La destra ha potuto beneficiare in buona misura in questo anno del lavoro fatto dal governo Draghi e di una congiuntura economica abbastanza favorevole; ma più passa il tempo e più la situazione peggiora: anziché usare questo anno per accelerare gli investimenti del Pnrr su energia e infrastrutture, imprese e servizi, il governo ha rallentato e ora si ritrova in difficoltà, con l’inflazione che corre più veloce di stipendi e pensioni, con i condoni che rallentano le entrate, con la sanità e la scuola in affanno. L’anno scorso, per pagare la tassa piatta, hanno colpito gli ultimi tagliando sussidi, fondo per l’affitto e il reddito di cittadinanza; quest’anno toccherà ai penultimi. Si taglia sulla sanità pubblica per favorire il privato, si riduce la scuola, si bloccano le pensioni. Si dice no al salario minimo per chi guadagna 4 euro all’ora e, contemporaneamente, si toglie il tetto dei 240mila euro ai manager. È questa la direzione: togliere a chi ha di meno per dare a chi ha di più.
Lei ogni giorno ricorda i ritardi dei fondi per la ricostruzione della Romagna alluvionata. Dal commissario Figliuolo è arrivata qualche nuova indicazione?
Con il commissario Figliuolo stiamo lavorando bene, quel che manca sono le risorse per i rimborsi a cittadini e imprese, che a oggi non hanno ancora ricevuto praticamene nulla, se si escludono i primi 3mila euro stanziati da noi con la Protezione civile. Servono certezze su tempi e indennizzi. Chiediamo rapidità e che venga rimborsato il 100 per cento dei danni.
In questo ritardo c’è una scelta deliberata contro un’amministrazione simbolo del centrosinistra?
Mi auguro di no, sarebbe da irresponsabili giocare una partita politica sulla pelle di cittadini che hanno perso tutto o quasi. So bene che il governo è in difficoltà sulle risorse e, con spirito costruttivo, abbiamo avanzato due proposte concrete dal territorio: usare tutte le risorse stanziate dal primo decreto ma non spese, perché rimaste nei ministeri e quindi fuori dalla disponibilità del commissario; parliamo di oltre un miliardo di euro, sarebbe un’operazione a costo zero per lo stato. La seconda proposta è di istituire il credito di imposta per erogare gli indennizzi a imprese e famiglie, spalmando il costo per lo stato su 25 anni anziché su un anno solo, come facemmo col sisma dell’Emilia del 2012. Al momento non ci hanno risposto: abbiamo chiesto un incontro a palazzo Chigi, spero che prima o poi ci chiamino.
I retroscena riferiscono che Schlein vuole candidarla alle europee ma non vuole lasciare la sua regione in piena ricostruzione, scelta che peraltro sarebbe apprezzabile. È così?
Io ed Elly ci confrontiamo spesso su ciò che serve per riparare i danni del territorio e indennizzare famiglie e imprese. Prima ancora che presidente di questa regione e segretaria del Pd siamo due emiliano-romagnoli che hanno a cuore la propria terra e i propri concittadini: nessuno dei due anteporrebbe mai i problemi di partito o i destini personali alla ricostruzione dell’Emilia-Romagna, che per noi è una priorità assoluta. Il mio futuro non c’entra nulla con questa tragedia, né la segretaria l’ha mai messa in relazione con le candidature alle europee.
La segretaria Pd ha chiesto di rallentare il raggiungimento del 2 per cento del Pil per le spese militari e ha detto sì a un referendum contro il Jobs act, che però non c’è. Lei non è d’accordo. Il Pd è ancora un partito con due, almeno, linee diverse?
Mi pare si stiano mettendo in bocca a Schlein parole che non ha detto e in ogni caso le dico quel che penso io. Abolire l’articolo 18 è stato un errore, ma continuare a guardarsi indietro non serve a nulla. Preferisco una battaglia per il salario minimo legale, il valore universale dei contratti collettivi di lavoro e la rappresentanza sindacale che non una retrospettiva sul Jobs act. Il nostro problema è combattere il lavoro povero e rendere il lavoro stabile più conveniente di quello precario: incalziamo il governo su questi obiettivi condivisi. Così come sulle spese militari: l’Italia deve rispettare gli impegni presi in Europa, compreso quello di accrescere l’autonomia europea sul fronte della difesa. Ma se la Germania propone di rendere i tempi meno stringenti per far fronte alla crisi economica che si annuncia e al problema dell’energia, credo se ne possa discutere tranquillamente.
Lei, da leader della minoranza interna, chiede pluralismo. Ma se la linea della segretaria è diversa dalla sua, come si risolve?
Discutendo e trovando insieme le soluzioni migliori, come avviene negli altri grandi partiti europei; e come non avviene purtroppo in troppi partiti italiani, che hanno un capo. Avere punti di vista diversi è normale, alimentare scontri interni è invece da masochisti, perché siamo tutti sulla stessa barca.
Le europee sono il banco di prova del Pd di Schlein? C’è un’asticella da superare, forse il 23 per cento che fu di Zingaretti, per continuare la navigazione?
Mi dispiace, non partecipo a questo gioco. E poi i voti si conquistano, non si annunciano.
Buona parte dei “suoi” riformisti non auspicano la prospettiva di un’alleanza con Conte, Azione non vuole allearsi né con M5s ma neanche con il Pd di Schlein. Credete davvero di riuscire a stringere alleanze?
Di questo teatrino non se ne può davvero più. È con queste discussioni che siamo arrivati al minimo storico della sinistra e al massimo storico della frammentazione. La europee non saranno una conta interna alla sinistra, ma una sfida tra due visioni molto diverse di futuro: da un lato la destra sovranista degli egoismi nazionali e individuali; dall’altro i democratici e i progressisti impegnati a costruire un’Europa più forte dei diritti e del lavoro, della democrazia e dell’ambiente.
Matteo Renzi dà della populista a Schlein? Il nuovo “centro” di Renzi attrarrà qualche riformista del Pd?
Dico sempre che chi parla troppo degli altri è perché non ha proposte da fare. Non troverete mai una mia polemica verso gli altri partiti di opposizione, per me l’avversario è la destra. Il giorno che impareremo a fare tutti così non sarà mai troppo presto. E non sarà un bel giorno per la destra, perché gli italiani chiedono un’alternativa credibile per decidere di cambiare, non il teatrino che prima dicevamo.
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