La disfatta della nazionale azzurra agli Europei segna un passaggio che potrebbe essere decisivo per le mire del governo sul calcio. Che nonostante la fase di declino assicura un capitale di potere e relazioni. Così viene esibito un decisionismo a due velocità, a seconda che si tratti di atleti o di intermediari
Questione di priorità. Per il governo di Giorgia Meloni e il suo ministro dello Sport e dei giovani, Andrea Abodi, lo sport è una preda invitante e il calcio lo è ancora di più. Ma nella partita per il controllo di questo piatto ricchissimo (in termini di leve politiche e di consenso) la gestione dei tempi d’intervento è molto diversa. Nel senso che talvolta il governo si muove con una velocità perentoria, anche a costo di passare come una ruspa sulle forme da mantenere, mentre altre volte lascia i dossier a decantare senza calcolare le conseguenze.
Nello specifico: se si tratta di prorogare la durata del vincolo sportivo per atlete e atleti, così compiacendo i desiderata delle società sportive e delle federazioni, si interviene immediatamente per decreto, anche a costo di compiere sgrammaticature; se invece si tratta di regolarizzare la posizione di un gruppo di agenti, e di consentire loro di lavorare, l’attività di decretazione diventa torpida e distratta.
Rimane il fatto che il calcio è il bersaglio grosso. E che questo bersaglio, adesso, risulta pressoché inerme dopo la figuraccia rimediata dalla nazionale azzurra agli Europei di Germania. Nei giorni scorsi Abodi è intervenuto a due riprese contro il presidente della Figc, Gabriele Gravina. Lo ha paragonato al presidente francese Emmanuel Macron, per la scelta di anticipare a novembre le elezioni del presidente federale. La partita è nella sua fase decisiva, ma è iniziata da parecchio.
Governare per decreto
Si diceva che la partita del governo per il controllo del calcio non è cominciata in questi giorni. Mancavano meno di due mesi all’inaugurazione degli Europei quando il ministro Abodi ha annunciato un decreto per la costituzione di un’agenzia per il controllo economico sulle società professionistiche. E per quanto il provvedimento sia esteso anche alle società professionistiche del basket, è chiaro che il vero soggetto a essere posto sotto tutela sia il calcio. Le cui condizioni economico-finanziarie sono in grave sofferenza, nulla da obiettare. Ma la mossa di affidare a un soggetto esterno il controllo delle società è, di fatto, una messa in stato di minorità dell’intero movimento. Soprattutto, a suscitare sconcerto è stata la perentorietà della mossa, intorno alla quale si è acceso il balletto delle dichiarazioni e delle smentite sul fatto che Gravina ne sarebbe stato avvertito. In realtà l’intero mondo dello sport è rimasto spiazzato, compreso il presidente del Coni, Giovanni Malagò.
Ma, al di là dei dissensi, Abodi ha tirato dritto e ha portato in approvazione il decreto con cui viene istituita l’agenzia. Un messaggio al calcio che è un messaggio allo sport intero, nell’anno in cui si chiude il quadriennio olimpico: il governo agisce con decisionismo, non cerca la mediazione, e se necessario usa lo strumento del decreto.
Lo schema è stato replicato nel caso della proroga dei termini per la conclusione del vincolo sportivo per atlete e atleti tesserati prima dell’entrata in vigore della riforma dello sport, datata 1° luglio 2023. La scorsa domenica, 30 giugno, costoro avrebbero dovuto trovarsi liberi dal legame con le società di appartenenza. Ma un giorno prima che ciò accadesse, 29 giugno, il decreto-legge n. 89 ha fatto slittare il termine al 30 giugno 2025. L’effetto è che atlete e atleti convinti di trovarsi in libertà da vincoli a partire da lunedì 1° luglio, e che magari avevano già raggiunto accordi con una nuova società sportiva, si sono trovati di nuovo sotto il controllo della vecchia società. E l’imbarazzo vale anche per le società sportive che avevano cominciato a pianificare la stagione confidando sull’arrivo delle nuove forze. Come non detto, è tutto da rifare. A meno di mettere mano al portafoglio e pagare per liberare atlete e atleti. Il provvedimento ha scatenato la reazione, fra gli altri, dell’International Association of Football Agents (Iafa) presieduta da Christian Bosco, e dell’onorevole Mauro Berruto, parlamentare Pd. Il principale ispiratore del decreto, per sua stessa ammissione, è stato l’onorevole Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera nonché presidente della Federnuoto. Cioè, la sorte di un esercito di atlete e atleti dipende da una pressione personale.
L’estate negata agli agenti
Al decisionismo sbrigativo adottato per prorogare il vincolo di atlete e atleti fa da contraltare la tempistica molto rilassata nei confronti di una pattuglia di agenti sportivi che aspettano un decreto attuativo. Un decreto indispensabile per l’equiparazione al ruolo di agenti in ambito Fifa per tutti i soggetti che hanno superato in Italia le prove di abilitazione previste nelle sedi Coni e Figc.
La questione è complessa, poiché entra in ballo un doppio standard di licenze concesse dopo il superamento di un esame Fifa e licenze concesse dopo il superamento di un esame nazionale. Tra Fifa e Figc è stato raggiunto il reciproco riconoscimento dei titoli abilitativi, ma poiché in Italia la professione dell’agente sportivo è regolata da legge dello stato è necessario che venga emanato un decreto attuativo del governo per consentire di operare in ambito Fifa agli agenti che hanno conseguito titolo in Italia. Il problema è che quel decreto non arriva, né c’è sentore che possa farlo entro l’estate. Il lavoro di formazione del testo sta procedendo con una tempistica molto rilassata. L’effetto è che, rimanendo così le cose, una pattuglia di agenti abilitati in Italia non potrà operare sul mercato internazionale durante la finestra di calciomercato estivo che si apre proprio in questi giorni.
E, tenuto conto che, per gli agenti sportivi, il lavoro di un anno intero viene messo a frutto durante i due mesi del mercato estivo (la finestra di mercato invernale non ha il medesimo impatto), si sta di fatto impedendo di lavorare a dei professionisti in questa annata 2024. Un’estate al mare, per forza. A qualcuno fra loro è già capitato di vedersi stoppare al momento del dunque dopo aver lungamente partecipato a una trattativa. E tutto ciò soltanto perché, nei loro confronti, non c’è la medesima fretta che è servita per prorogare il vincolo sportivo di atlete e atleti. Né un presidente federale assiso in parlamento che sussurri una parolina all’orecchio del ministro.
L’altra autonomia differenziata
Un intreccio di influenze e desistenze, dunque. Con nel mezzo il solito lobbismo da Lega che cerca l’autonomia differenziata. Stavolta non è questione di Salvini, ma di Casini. Lorenzo. Che da presidente della Lega di Serie A cerca una sponda in parlamento per realizzare il progetto di autonomizzazione dalla Figc. La trova in Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia. E anche il ministro Abodi benedice il progetto. Le grandi manovre sono già partite. La cosiddetta Confindustria del calcio italiano aspira a contare di più e prende come modello la Premier League inglese. Vasto programma. Se però iniziasse a contare anche l’apporto fornito al rosso profondo nei conti del calcio italiano, sarebbe un bel passo in avanti.
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