L’ex ministro dice sì alle primarie. Con Zingaretti inizia il disgelo. Resta il sospetto che i dem cerchino ancora un accordo con i Cinque stelle, ma il Pd lo tranquillizza: «Oggi il M5S sostiene Raggi e questo esclude ogni dialogo»
- La sindaca presenta un progetto di conservazione dello stadio Flaminio. Ma non ci sono i soldi. L’ex ministro: Questa non è neanche la politica degli annunci, è la politica che pretende di prendere per fessi i cittadini».
- Calenda dà l’ok all’alleanza e accetta di sedere al tavolo delle regole della consultazione popolare. La sinistra applaude: «Sono il perimetro valoriale e politico: candidati e programmi potranno sfidarsi in un contesto certo».
- Ma la pandemia cambia le priorità. Casu (Pd): «Oggi dobbiamo costruire un’alleanza per combattere insieme il virus e non lasciare nessuno solo».
«Molti tifosi ci hanno scritto e contattato, e sarebbero stati contenti di vedere la squadra al Flaminio». Dopo aver deluso i tifosi romanisti con la chimera dello stadio di Tor di Valle, ora la sindaca di Roma Virginia Raggi ci riprova con quelli della Lazio. Ma non c’è motivo di credere che le vada meglio. Ieri al Campidoglio è stato presentato il piano di conservazione dello storico stadio chiuso nel 2011 e ora in degrado. Ma il presidente biancoceleste Claudio Lotito, contattato dall’assessore allo sport, ha già chiarito che se ne tira fuori: il progetto capitolino «non è compatibile con l’idea che hanno di sviluppo della società». Il commento di Carlo Calenda, candidato al Campidoglio alle prossime amministrative, è inclemente con la sindaca: «Non ci sono fondi o un piano di lavoro. Questa non è neanche la politica degli annunci, è la politica che pretende di prendere per fessi i cittadini». Quanto all’altro stadio, quello di Tor di Valle, la sindaca prova a scaricare le responsabilità sul presidente Nicola Zingaretti: «In città metropolitana gli atti sono pronti e li firmerò a breve. Attendiamo la firma della Regione». Arriva un’altra replica gelida, carte alla mano: «Come da corrispondenza fra gli Uffici di Roma Capitale e le strutture regionali competenti datata 5 agosto 2020», mancano «approfondimenti tecnici da elaborare in sede congiunta», «Alla richiesta non è mai seguita una risposta ufficiale da parte di Roma Capitale».
Ieri, dunque, per la prima volta, Zingaretti e Calenda hanno sferrato un uno-due contro la sindaca. Convergenze parallele, si potrebbe dire. La realtà è che la sfida dell’ex ministro a Raggi è già lanciatissima. E il suo avvicinamento alla coalizione di centrosinistra è cosa fatta, anche se lui lamenta che Zingaretti non gli abbia ancora fissato un appuntamento. Ma il disgelo fra i due è iniziato. E alla riunione dell’alleanza, Azione (l’associazione da lui fondata ed ora travagliata dalla scelta dell’alleanza con il Pd) ha detto sì alle primarie.
Un sì dubitativo («sono un’opzione») e con qualche paletto («no alla modalità online»). Ma nella sostanza un netto cambio di passo rispetto al «mai» pronunciato appena dieci giorni fa quando, in tv, Calenda ha annunciato la sua corsa. Così nei prossimi giorni l’alleanza intera riunirà il tavolo per iniziare a ragionare sui gazebo. Ad Azione resta un dubbio: che il Pd provi a rallentare le decisioni per prendere tempo, nella speranza che si apra un altro tavolo, quello con i 5 stelle. Ma quel tavolo non c’è, se non nelle fantasie di alcuni, e comunque per ora il Pd tranquillizza: «Oggi il M5S sostiene Raggi e questo esclude ogni dialogo», spiega il segretario romano Andrea Casu. E se Raggi dovesse uscire di scena «valuteremo tutti insieme». Non c’è fretta, è il senso, mancano sette mesi, e Roma non è in ritardo: nelle altre città al voto i candidati ancora non ci sono. Ma è il contrario di quello che pensa Calenda. Che infatti, senza aspettare il permesso, già si comporta da leader della coalizione.
Curiosamente le posizioni di Azione fanno asse con la sinistra dell’alleanza: «Il giudizio sulla giunta Raggi è senza appello, netto e definitivo: abbiamo fatto opposizione per cinque anni, abbiamo riconquistato due municipi, abbiamo vinto le suppletive e ora manderemo a casa Virginia Raggi. Non ci interessano accordi di palazzo con M5S. Piuttosto dobbiamo parlare alle romane e ai romani delusi», spiega Amedeo Ciaccheri, portavoce di Liberare Roma e presidente dell’VIII municipio. Che segna il punto sui gazebo, che per primo aveva chiesto: «I fatti hanno la testa dura, è preziosa la disponibilità di tutte le forze politiche di partecipare alle primarie. Sono il perimetro valoriale e politico dell’alleanza: candidati e programmi potranno sfidarsi in un contesto certo». Calenda ha capito che senza un sì alle primarie non avrebbe potuto stringere l’alleanza con il Pd. Del resto vincere non sarebbe un problema. Ammesso che alla fine si facciano davvero. La pandemia è una variabile indipendente anche per i più convinti. Al tavolo infatti si è discusso dell’emergenza Covid che si sta abbattendo sul Roma. «La priorità oggi è costruire un’alleanza per combattere insieme il virus e non lasciare nessuno solo nella battaglia», ammette Casu. In programma una convocazione degli eletti del centro-sinistra di Roma «per stabilire misure concrete a sostegno dei cittadini della Capitale a partire dal Dpcm appena presentato e dalla manovra economica che approderà alle camere».
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