La decisione dei deputati di minoranza Zaratti (Avs) e Vaccari (Pd): «Si favoriscono le tesi della presidente Meloni». Mulè si dice sorpreso e amareggiato. La commissione chiude tra la polemiche
Il gran Giurì d’onore sul Mes finisce male. Le opposizioni hanno annunciato le dimissioni dall’organismo: il deputato di Alleanza verdi-sinistra, FIliberto Zaratti, è stato il primo a rendere nota la decisione, seguita dall’esponente del Partito democratico, Stefano Vaccari. Entrambi hanno scritto una lettera motivando le ragioni del passo indietro.
La commissione era stata istituita per controllare la veridicità delle parole pronunciate da Giorgia Meloni, in aula al Senato, sul Mes. Fu in quella circostanza che sventolò il fax, con una data sbagliata, che puntava il dito contro Conte per aver approvato il Mes dopo la caduta del governo. Il leader del Movimento 5 stelle, che si è ritenutò leso dalle affermazioni della presidente del Consiglio, ha avanzato la richiesta di una giudizio imparziale. Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha dato il via libera, assegnando la presidenza della commissione a Giorgio Mulè (Forza Italia), vicepresidente dell’Aula di Montecitorio.
La fine del gran giurì
La chiusura dei lavori è avvenuta così in maniera disordinata. «Se nella prima parte della relazione proposta vi è una chiara ricostruzione dei fatti e dei documenti, che mostrano in modo inequivocabile la correttezza istituzionale e formale delle procedure parlamentari adottate dal Presidente Conte in relazione alla materia in questione, nella seconda parte si adducono motivazioni di ordine unicamente politico, finalizzate ad avvalorale le tesi accusatorie, sostenute dalla Presidente Meloni. Dispiace constatare che la terzietà della commissione d’indagine è così venuta meno», ha scritto Zaratti nel documento inviato al presidente della Camera, Lorenzo Fontana.
Lo stesso ha fatto Vaccari: «Sono prevalse interpretazioni e motivazioni di natura politica», ha messo nero su bianco. La relazione finale del Giurì d’onore non è stata ancora resa nota: l’organismo ha convocato una riunione per stabilire la road map dopo le dimissioni dei rappresentanti delle opposizioni.
La posizione di Mulè
Mulè ha comunque commentato immediatamente la svolta nei lavori: «Sono sorpreso e amareggiato dalla decisione improvvisa degli onorevoli Stefano Vaccari e Filiberto Zaratti di dimettersi dalla Commissione di indagine nominata dal presidente della Camera dei deputati. Mai e in nessuna occasione, mai e in nessuna forma, fin dalla prima seduta del 10 gennaio e per le successive sei, gli onorevoli Vaccari e Zaratti avevano manifestato alcuna lagnanza, sollevato alcuna protesta, presentato alcun reclamo, palesato rimostranze rispetto all’organizzazione e all’evolversi dei lavori».
Le conseguenze politiche sono quindi facilmente prevedibili con rivendicazioni opposte da parte di Fratelli d’Italia e del Movimento 5 stelle. Meloni, dalla sua, avrà una relazione approvata a maggioranza (gli altri componenti, oltre a Mulè, sono il leghista, Fabrizio Cecchetti, e l’esponente di Noi Moderati, Alessandro Colucci). Insomma, il giudizio sarà pur monco, ma pur sempre valido. Mentre Conte potrà far valere, almeno dal punto di vista mediatico, la decisione delle opposizioni, denunciando la mancanza di un giudizio super partes.
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