Joussef Moktar Loka Baron, il 18enne egiziano morto nel carcere di San Vittore a Milano, è la vittima numero 71 del sistema carcerario. Il ragazzo è morto carbonizzato in un incendio divampato all’interno della sua cella nella notte tra il 5 e il 6 settembre. Le dinamiche dell’accaduto non sono del tutto chiare, al momento sembra esclusa l’ipotesi del suicidio. Da una prima ricostruzione, il rogo sarebbe partito da un materasso, l’incendio sarebbe stato appiccato come gesto di protesta. Nella cella era presente un altro detenuto, che è riuscito a salvarsi. Ora risulta indagato per omicidio colposo nel fascicolo aperto dal pm Carlo Scalas della procura di Milano. Un atto dovuto, per gli inquirenti, necessario a procedere con i vari accertamenti del caso, tra cui l’autopsia.

Il precedente

Joussef Moktar Loka Baron era stato arrestato qualche mese fa per rapina e si trovava in carcere in custodia cautelare in attesa di giudizio.

Quando era minorenne è stato assolto due volte, sempre per rapine, per “vizio totale di mente”. Una perizia psichiatrica aveva certificato che non era in grado di intendere e di volere e quindi non era compatibile col carcere. L’indagine dovrà chiarire anche come mai si trovava, quindi, in uno stato di detenzione.

«Era arrivato in Italia dall’Egitto, passando per la prigione in Libia, a bordo di un barcone quando era minorenne», racconta Monica Bonessa, legale che lo ha assistito. «L’avevano trovato legato nel bagno del barcone, punito per i suoi comportamenti respingenti verso gli altri.

Ci siamo spesi tantissimo col comune di Milano e con l’Ussm (servizi sociali per i minorenni per i minori autori di reato, ndr) del carcere Beccaria per aiutarlo nel corso degli anni. È stato in almeno cinque comunità diverse, dall’ultima è scappato quest’estate e da allora viveva in strada, dove ha commesso l’ultima rapina».

Le condizioni carcerarie

Se non sono ancora chiare le cause scatenanti dell’incendio, erano chiare a tutti, invece, le condizioni carcerarie dell’istituto penitenziario. A San Vittore, secondo i dati del sindacato, il tasso di sovraffollamento è oltre il 247 per cento: nella struttura sono reclusi 1.100 detenuti su 445 posti disponibili. In totale sono operativi 580 agenti penitenziari, ma dovrebbero essere almeno 700. Una carenza del 17 per cento che rende massacranti le condizioni di lavoro degli agenti e disumane quelle di vita dei reclusi. Mentre il governo è silente sulla vicenda, la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli, ha visitato nel pomeriggio la struttura. «La tragedia di questa notte, su cui non entro perché è al vaglio della magistratura, dimostra quanto è necessario che le istituzioni si facciano carico della situazione dei nostri istituti penitenziari», ha detto Ronzulli. E ha specificato che è «contraria a soluzioni a breve termine come “svuotacarceri”, amnistie o indulti».

Il carcere di San Vittore non è il solo a essere in questo stato. Sono almeno 15mila i detenuti in eccesso all’interno degli istituti penitenziari, e mancano all’appello 18mila agenti penitenziari. Il garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, ha diffuso i dati del sovraffollamento di Regina Coeli: più del 185 per cento. «Il ministro Nordio ha promesso nuovi interventi, dopo il deludente decreto “carcere sicuro”» ha detto Anastasia. Intanto, le associazioni chiedono che sia istituita una commissione parlamentare d’inchiesta sulle carceri.

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