Il magistrato, oggi in pensione dopo aver guidato le procure di Trani e Taranto, è accusato di aver avuto rapporti illeciti su alcuni procedimenti relativi all’Ilva con l’avvocato Piero Amara, arrestato stamattina. Oltre ai fatti contestati dai pm di Potenza, è attualmente sotto processo – sempre nella città lucana – per aver esercitato pressioni su un giovane sostituto procuratore di Trani, per condizionare l’esito di alcune indagini
Stamattina, nell’ambito di un'inchiesta che riguarda presunti favori relativi a procedimenti sull'ex Ilva di Taranto e che ha visto l’arresto dell’avvocato siciliano Piero Amara, per l’ex procuratore della città pugliese Carlo Maria Capristo è stato disposto l’obbligo di dimora.
Secondo la procura di Potenza, Amara – consulente di Ilva quando l’azienda era in amministrazione straordinaria – avrebbe avuto rapporti illeciti e scambi di favori proprio con Capristo. A fare da tramite tra i due, il poliziotto e collaboratore del sottosegretario al ministero dell’Interno Carlo Sibilia, Filippo Paradiso.
Capristo, oggi in pensione, è stato alla guida della procura di Taranto dal 2016 al 2020. In precedenza, aveva svolto lo stesso ruolo a Trani.
Le accuse nei suoi confronti, se confermate, getterebbero nuove ombre sulla sua figura, già in passato coinvolta in alcune inchieste.
Nel luglio 2019 la procura di Messina lo iscrisse nel registro degli indagati per abuso d’ufficio, per vicende relative a quando il magistrato ricopriva il ruolo di procuratore capo di Trani. In quell’occasione, infatti, alle procure di Trani e Siracusa arrivò un esposto anonimo su un presunto complotto contro l'Eni e il suo ad Claudio Descalzi. A Capristo veniva contestata l'anomala trasmissione dell'esposto al collega Giancarlo Longo (magistrato al centro dei rapporti di Amara), allora pm a Siracusa, anziché alla procura di Milano, naturale sede dell'inchiesta sul falso complotto.
Esattamente un anno dopo, la posizione di Capristo è stata archiviata dal gip del tribunale di Messina, che ha confermato la richiesta di archiviazione in quanto «rimangono delle irrisolte lacune ricostruttive» e «non è stato possibile chiarire in modo sufficiente da poter sostenere un’ accusa in un’eventuale dibattimento».
Nel frattempo, però, l’ex procuratore di Taranto era stato raggiunto da una nuova misura cautelare.
A maggio del 2020, infatti, Capristo è stato posto agli arresti domiciliari su ordine della procura di Potenza, che aveva ipotizzato per lui i reati di induzione indebita, tentata concussione, falso e truffa ai danni dello stato. L’arresto, avvenuto nell’ambito di un’inchiesta della procura di Trani, è stato disposto perché il magistrato avrebbe esercitato pressioni su un giovane sostituto procuratore di Trani, Silvia Curione, per condizionare l’esito di indagini su episodi di sua diretta competenza. Tutto poco dopo il suo trasferimento a Taranto.
Tre mesi dopo (nel frattempo si è dimesso da procuratore capo di Taranto e ha accettato il giudizio immediato), Capristo è tornato in libertà. Il processo nei suoi confronti è partito a ottobre 2020 ed è ancora in corso.
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