L’informativa in parlamento del ministro della Giustizia sul caso Almasri si è basata su un’affermazione giuridicamente priva di fondamento, che inficia la tenuta della sua ricostruzione.
L’informativa in parlamento del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sul caso Almasri doveva chiarirne i profili dubbi, dopo le versioni contrastanti che erano state fornite nei giorni scorsi da esponenti del governo. Di fatto, la ricostruzione di Nordio si è basata su un’affermazione giuridicamente priva di fondamento, e si tratta di una crepa che ne inficia la tenuta.
Il “passacarte”
«Il ruolo del ministro non è semplicemente quello di un organo di transito delle richieste» provenienti dalla Corte penale internazionale, ha detto Nordio relativamente al fatto che, anziché esprimersi tempestivamente circa l’arresto di Almasri, su mandato della Cpi, ha lasciato che il comandante libico fosse rimesso in libertà. Il ministro, ha proseguito Nordio, «è un organo politico che deve meditare sul contenuto di queste richieste», e non un «passacarte».
Quanto affermato dal guardasigilli non trova rispondenza nella legge. Il ministro deve assolvere alle richieste della Corte senza entrare nel merito delle stesse.
Né lo Statuto di Roma, con cui è stata istituita la Cpi, né la legge interna di ratifica ed esecuzione, né quella di modifica dell’ordinamento interno in conformità a tale trattato prevedono un potere di valutazione circa un mandato della Cpi. La mancanza di questo potere trova riscontro nelle normative citate, le quali prescrivono che alle istanze della Corte sia dato corso con prontezza.
La legge del 1999 stabilisce che lo stato, quando riceve dalla Cpi un mandato di arresto, prende «immediatamente» provvedimenti per procedere all’arresto stesso. E la legge del 2012 dispone che «il ministro della Giustizia, nel dare seguito alle richieste di cooperazione, assicura che l’esecuzione avvenga in tempi rapidi».
Ma, soprattutto, lo Statuto di Roma prevede che ogni stato parte ha il dovere di cooperare «pienamente» con la Cpi («cooperate fully», articolo 86), e non di valutare se farlo, e se farlo in tutto o in parte.
A differenza dei casi di estradizione, Nordio non aveva un potere di «delibazione politica», come ha detto nell’informativa, nel dare corso o meno al mandato di arresto. Si doveva, invece, limitare alla consegna del ricercato, ai sensi delle normative citate.
L’atto sbagliato della Cpi
Nel caso Almasri sono state commesse «incertezze, imprecisioni e grossolane contraddizioni» ha detto Nordio: il mandato di arresto presentava «un vizio assoluto nella struttura del reato indicato», tant’è che la stessa Corte ne ha dovuto pubblicare un altro, il 24 gennaio, per rimediare al «pasticcio».
Come detto, non competeva al guardasigilli valutare nel merito il mandato della Corte. Ma anche qualora egli si fosse accorto di eventuali errori idonei a inficiare la richiesta di arresto della Cpi – così Nordio ha giustificato il non aver adottato alcun atto che consentisse alla Corte di Appello di Roma di tenere il libico in custodia – sarebbe stato tenuto ad avvisare tempestivamente la Corte penale internazionale affinché procedesse alla loro correzione.
In altre parole, il ministro avrebbe comunque dovuto assicurare il fermo del libico per il tempo necessario a consentire alla Corte di sanare eventuali vizi del mandato di arresto. Ciò tanto più in forza di quella cooperazione con la Cpi cui l’Italia si è obbligata aderendo allo Statuto di Roma. Invece Nordio, con la sua inerzia, sia verso la Cpi che verso la Corte di Appello, ha consentito che una persona indagata per crimini gravissimi, che ledono i valori su cui si fonda la comunità internazionale, fosse lasciata libera e potesse tornare a commettere in patria proprio quei crimini per i quali è ricercata a livello internazionale.
Dunque, il ministro non ha chiarito le sue azioni e omissioni, e non solo agli italiani, ma anche ai 125 stati parte dello Statuto di Roma, verso i quali l’Italia ha assunto la responsabilità di concorrere a «un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia». Responsabilità su cui, con il rilascio di Almasri, è sembrata chiudere un occhio.
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