- Alessandro Diddi, promotore di giustizia vaticano, incaricato da papa Francesco di cercare la verità sulla sparizione della cittadina vaticana Emanuela Orlandi è pubblico ministero tra le mura Leonine, ma anche avvocato nello stato italiano. Ci potrebbe essere un conflitto di interessi?
- In passato ha difeso Buzzi imputato insieme a Carminati, vicino alla Banda della Magliana. La stessa banda che continua a tornare nelle molteplici piste del caso Orlandi e che Diddi si è affrettato a ridimensionare in un’intervista, rilasciata dopo meno di tre mesi di indagini.
- «Difendo presunti mafiosi, e sono fiero di assistere le persone imputate di 416 bis. Il mio datore di lavoro ne è consapevole», dice Diddi. «Dalle sue domande traspare il desiderio di fare degli accostamenti, che come si dice in giurisprudenza per condannare i giornalisti, basta poco. Fate mistificazione della realtà con accostamenti suggestivi». Intanto la commissione di inchiesta parlamentare potrebbe essere rallentata.
Giovedì 22 giugno saranno trascorsi quarant’anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, la quindicenne vaticana di cui si sono perse misteriosamente le tracce nel 1983. Quattro decenni di silenzi e depistaggi, ma in questi mesi qualcosa è cambiato. In parlamento si discute da settimane dell’istituzione di una commissione di inchiesta sul caso, mentre a gennaio il Vaticano, su richiesta di papa Francesco, ha aperto per la prima volta un fascicolo d’indagine sulla scomparsa, che oggi è in mano al promotore di giustizia Alessandro Diddi.
Quest’ultimo, se da un lato ha chiesto e ottenuto la collaborazione della procura di Roma, pochi giorni fa, convocato a palazzo Madama, si è detto contrario alla commissione parlamentare. Che sarebbe, a parer suo, una «intromissione perniciosa».
Il niet di Diddi ha creato fastidi tra deputati e senatori che stanno lavorando all’istituzione della commissione e alla stessa famiglia Orlandi, che crede che un organismo terzo possa essere utile alla ricerca della verità. Anche dentro le sacre mura i nemici di Diddi (che rappresenta l’accusa nel controverso processo contro Angelo Becciu) dicono che non voglia avere nessuno, tantomeno il parlamento, che possa mettere i bastoni tra le ruote alla sua inchiesta interna.
Qualcuno, soprattutto, indica anche nel caso Orlandi i rischi potenziali di un conflitto di interesse, visto che Diddi è ancora oggi pm del papa Oltretevere ma contemporaneamente avvocato in Italia. Davvero la prima indagine in Vaticano su Orlandi rischia di collidere con la sua attività di legale? «Non c'è interferenza» e «faccia attenzione a quello che scrive, proprio perché faccio l’avvocato so difendermi », replica a Domani.
Il curriculum di avvocato di Diddi è noto, e può creare qualche intreccio. In passato l’uomo con due lavori ha infatti difeso nel processo Mafia capitale Salvatore Buzzi, imputato insieme a Massimo Carminati, il teorico del “mondo di mezzo”, maturato tra i Nuclei armati rivoluzionari della destra eversiva e la banda della Magliana.
La stessa banda che continua a tornare nelle molteplici piste del caso Orlandi, e su cui ha indagato la procura di Roma fino all’archiviazione del 2015, firmata dall’allora capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone. Oggi presidente del tribunale della Santa sede. Sul ruolo della banda nella vicenda Orlandi Diddi nutre qualche dubbio. «Temo che il ruolo della Banda della Magliana nel caso Orlandi sia stato sopravvalutato, sebbene esistano alcune evidenze», ha detto al Corriere. Dichiarazione che ha sorpreso molti, visto che la sua indagine da pm papale è appena iniziata, e le conclusioni in teoria sarebbero molto al di là da venire.
Tra Italia e Vaticano
Come promotore di giustizia Diddi (che finchè è magistrato del papa ha anche la cittadinanza vaticana) difende gli interessi dello stato vaticano. Nominato direttamente dal papa (e quindi non terzo rispetto al potere esecutivo) è anche iscritto all’albo degli avvocati di Roma. Secondo il codice deontologico, oltre ad avere il dovere di fedeltà all’assistito, deve evitare qualunque conflitto di interessi, che sussiste anche nel caso in cui il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, o la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un’altra.
Oltre Buzzi Diddi ha molti assistiti famosi, cognomi noti nel panorama criminale italiano. Diddi ha difeso alcuni membri della famiglia Casamonica, parte del clan mafioso finito nel processo Mafia capitale. «Non so a chi alluda. Difendo alcuni Casamonica e la settimana scorsa non dico che sono stati assolti ma le pene sono state dimezzate. Quelli che difendo io non hanno contatti con Carminati», spiega a Domani.
Oltre a loro, da notizie pubbliche risulta che ha difeso Domenico Morabito, andato a processo e assolto dall’accusa di aver favorito la consorteria Morabito-Mollica-Scriva di Africo, in Calabria. Secondo un’informativa dei Ros, l’ex calciatore Giuseppe Sculli, nipote del boss Giuseppe “u tiradrittu” Morabito, ha avuto un incontro diretto con Carminati nel 2012.«Difendo presunti mafiosi, e sono fiero di assistere le persone imputate di 416 bis. Il mio datore di lavoro ne è consapevole», dice l’avvocato.
«Dalle sue domande traspare il desiderio di fare degli accostamenti, che come si dice in giurisprudenza per condannare i giornalisti, basta poco. Fate mistificazione della realtà con accostamenti suggestivi».
«Carminati sa»
La nascita della pista della Banda della Magliana nella sparizione di Emanuela Orlandi si deve a tre momenti cruciali: la telefonata del 2005 a Chi l’ha visto che ha collegato il caso alla sepoltura del boss Enrico “Renatino” De Pedis nella basilica di Sant’Apollinare; la diretta testimonianza della compagna di allora di “Renatino”, Sabrina Minardi, che ha riferito di aver visto con i suoi occhi Emanuela Orlandi tenuta in ostaggio dalla Banda e poi riconsegnata al Vaticano; infine un’intervista audio a Marcello Neroni, ex sodale di De Pedis, che ha lanciato una pista interna sulla pedofilia. Minardi nel 2008 ha fatto direttamente il nome di Carminati. Le hanno chiesto se “il nero” sapesse della ragazza. «Sicuramente sì», la sua risposta. Carminati, sentito dai pm, ha smentito tutto.
Doppio ruolo
Diddi (in versione promotore di giustizia) sta poi collaborando con la procura di Roma guidata da Francesco Lo Voi per la risoluzione del caso Orlandi e, ha riferito più volte, ha il mandato del papa – il suo datore di lavoro – a indagare la verità «senza riserve». La collaborazione con la procura solleva però delle perplessità per le possibili incompatibilità tra i due ruoli che svolge. In via teorica, per esempio, Diddi come magistrato vaticano che usa una polizia giudiziaria (la gendarmeria) potrebbe entrare in possesso di informazioni di cui potrebbe giovarsi per la sua attività di avvocato in Italia. Può essere dunque acquisita un’indagine gestita, coordinata e firmata di chi è in potenziale conflitto di interessi vista l’attività di avvocato? Cosa dire delle sue due carriere? «Lo sa anche il mio datore di lavoro, e mi ha scelto proprio per questo», risponde Diddi.
Intanto oggi i senatori si preparano a votare gli emendamenti al disegno di legge e Fratelli d’Italia sta pensando di ritardare ancora l’avvio della commissione.
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