Nell’ultima settimana Italia e Germania hanno avuto in media un numero simile di nuovi casi di coronavirus, circa 12mila al giorno. Ma mentre la Germania sta facendo uno dei lockdown più severi d’Europa, l’Italia riapre. Undici regioni sono passate oggi dalla zona arancione a quella gialla e altre due dalla zona rossa a quella arancione.

Da questa mattina, circa 35 milioni di italiani potranno tornare a fare colazione seduti al bar, potranno ricominciare a pranzare nei ristoranti, a fare shopping nei negozi del centro e, durante la settimana, potranno visitare mostre, musei e centri commerciali.

Europa in lockdown

L’ondata di riaperture in Italia è un caso quasi unico in Europa. Questo fine settimana, per esempio, il governo francese si è fermato subito prima di imporre un nuovo lockdown generale. Nel paese, bar, ristoranti, musei e palestre rimangono chiusi tutto il giorno ed è in vigore il coprifuoco dalle 18 alle 6 di mattina. Le frontiere extra Ue sono state chiuse e per entrare da un altro paese europeo è necessario presentare il risultato negativo di un tampone prelevato negli ultimi tre giorni.

In Germania, che ha meno casi della Francia, il governo ha chiuso negozi, ristoranti e le altre attività non essenziali dallo scorso 11 gennaio. Ha chiuso anche gran parte delle scuole e nelle regioni più colpite ha vietato gli spostamenti a più di 15 chilometri di distanza dalla propria residenza. Il resto dell’Europa centrale, la Scandinavia e il Regno Unito sono in situazioni simili.

Da almeno un mese l’Italia va invece in controtendenza e il governo alterna irrigidimenti ad aperture, segnali d’allarme a messaggi tranquillizzanti. L’ultimo Dpcm, entrato in vigore il 15 gennaio, è un compendio di queste contraddizioni. Da un lato ha stretto sui criteri per spostare una regione in zona arancione o rossa e ha vietato gli spostamenti anche tra regioni gialle, dall’altro ha riaperto i musei e introdotto le zone bianche, dove le limitazioni sono minime.

Italia divisa

Questa incostanza è il frutto delle divisioni e della cronica debolezza che hanno caratterizzato la gestione della seconda fase dell’epidemia da parte del governo Conte. Questa fase ha visto lo scontro costante tra i rigoristi, come il ministro della Salute, Roberto Speranza, e quello degli Affari regionali, Francesco Boccia, a cui si si sono opposti il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e il leader di Italia viva, Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio Conte è spesso sembrato esitante nel sostenere il suo ministro della Salute contribuendo ulteriormente all’incertezza dell’azione di governo.

Anche i consiglieri tecnici sono apparsi spesso divisi, con l’Istituto superiore di sanità che non manca di scrivere in ogni bollettino settimanale che la situazione potrebbe precipitare se le misure di contenimento non venissero mantenute, e il Comitato tecnico scientifico e il suo coordinatore, Agostino Miozzo, che spesso sono di avviso diverso. Per un governo così diviso è stato particolarmente difficile vincere l’ostilità delle regioni, che hanno contrastato, e spesso continuano a ostacolare, quasi tutte le misure di chiusura, a volte ricorrendo ai tribunali o contestando le statistiche sull’epidemia (nonostante siano loro stesse a fornire i dati al governo, come ha dimostrato l’imbarazzante incidente della regione Lombardia).

La crisi

La crisi di governo ha complicato ulteriormente la situazione. Da due settimane il governo assiste apparentemente impotente mentre le regole che lui stesso ha stabilito conducono a una riapertura che al momento non ha eguali in Europa. Il fatto che i media siano concentrati a seguire le ultime evoluzioni della crisi politica, più che a raccontare la pericolosità delle nuove varianti del virus o i problemi del piano vaccini, ha probabilmente contribuito a generare un clima di falsa sicurezza e scampato pericolo.

È vero che l’Italia in questo momento ha meno casi di Francia e Regno Unito, ma è allo stesso livello della Germania. Inoltre, avremmo dovuto ormai imparare che i tempi con cui si muove l’epidemia possono generare facili illusioni. Lo scorso ottobre l’Italia si trovava nella stessa situazione: era uno dei paesi con il minor numero di casi e uno di quelli dove la vita proseguiva in maniera più simile alla normalità. Poi, nel giro di poche settimane, siamo passati dal celebrare l’eccezione italiana a piangere un nuovo record di morti in Europa.

 

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