- Oggi Enrico Letta è un segretario forte alla guida di un partito, come il Pd, in cui la leadership è stata sempre in balìa degli umori delle correnti.
- Allo stesso modo Matteo Salvini è un leader debole all’interno di una coalizione dove Forza Italia sembra aver inaspettatamente recuperato posizioni e diventa un oggetto del desiderio.
- Sarà soprattutto il dibattito sulla legge elettorale a far capire quale sarà il futuro di Forza Italia. Fermo restando il ruolo di Berlusconi. Che ieri ha spiegato che presto si tornerà a «un’alleanza tra forze politiche omogenee». Prima, però, «Draghi deve avere tutto il tempo necessario per completare il suo lavoro».
Archiviato il bis-giuramento di Sergio Mattarella è possibile fare qualche considerazione sulle condizioni in cui i partiti e le coalizioni affrontano gli ultimi mesi di questa legislatura. È indubbio che l’elezione del capo dello stato abbia ribaltato i rapporti di forza. Oggi Enrico Letta è un segretario forte alla guida di un partito, come il Pd, in cui la leadership è stata sempre in balìa degli umori delle correnti.
Allo stesso modo Matteo Salvini è un leader debole all’interno di una coalizione dove Forza Italia sembra aver inaspettatamente recuperato posizioni. Se infatti fino a poche settimane fa il partito di Silvio Berlusconi sembrava destinato verso un malinconico finale di stagione, adesso è diventato oggetto del desiderio. Del centrodestra, del centro e del centrosinistra.
Una simulazione effettuata da YouTrend in collaborazione con Cattaneo Zanetto & Co. pubblicata ieri da Repubblica, ha mostrato che, nel caso in cui i partiti, come sembra, dovessero accordarsi per una nuova legge elettorale proporzionale con sbarramento al 4 per cento, FI eleggerebbe 38 deputati e 19 senatori. Pochi, ma abbastanza per favorire la nascita di una maggioranza che, complice il taglio dei parlamentari, dovrà superare i 200 deputati e i 100 senatori.
Se poi questa piccola pattuglia dovesse confluire in un “grande centro”, contribuirebbe a formare la quarta forza parlamentare diventando ancora più decisiva.
Parola di Silvio
I sondaggi e le simulazioni non sono le elezioni. E a quelle che definiranno la composizione del prossimo parlamento mancano, sulla carta, almeno dodici mesi. Ma ieri, dopo il ricovero al San Raffaele e il silenzio dei giorni del Quirinale, Silvio Berlusconi è tornato a parlare con un’intervista al Corriere della Sera.
Un modo per intestarsi, con la più classica delle “berlusconate”, la rielezione di Mattarella («ho chiamato il presidente chiedendogli la disponibilità a essere votato»), ma anche per inviare qualche segnale ad avversari e alleati.
Il primo ovviamente non avrà fatto piacere a Salvini e Giorgia Meloni che speravano, dopo averlo convinto a ritirarsi dalla corsa al Quirinale, di aver avviato il processo di archiviazione del leader di FI. Al contrario Berlusconi, che ieri ad Arcore ha ricevuto anche Pier Ferdinando Casini, c’è, vuole esserci e vuole che tutti lo sappiano.
Il secondo messaggio, legato al primo, è che se qualcuno pensava di muoversi, offrirsi, migrare verso altri progetti politici, è meglio che aspetti. Da Forza Italia non escludono che nei prossimi mesi qualche parlamentare o qualche rappresentante locale possa decidere di andare in altri partiti, ma la maggioranza resterà ferma in attesa di vedere cosa succederà.
Draghiani e filo-leghisti
Il partito è ormai da tempo in due blocchi. Da un lato c’è l’ala governista con i ministri Renato Brunetta e Mariastella Gelmini. Mara Carfagna, pur attiva, in questo momento è più defilata.
I “draghiani”, così li definiscono, sostengono il premier e guardano ovviamente al centro e alla possibilità di dar vita a un raggruppamento con Renzi, Carlo Calenda e, magari, Coraggio Italia di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti. Questi ultimi e Italia viva si sono già portati avanti e stanno lavorando a una federazione.
I dubbi degli esponenti di Forza Italia sono legati soprattutto a Renzi che in questa fase ha dimostrato, come sempre, di essere molto bravo sul piano strategico, ma che non sembra avere consensi sufficienti per garantire il successo di un qualsiasi progetto politico.
Sulla sponda opposta stanno Antonio Tajani, Licia Ronzulli e l’attuale dirigenza del partito che, al contrario, non vuole abbandonare l’idea di una coalizione di centrodestra e, magari, approdare in quel Partito repubblicano evocato da Salvini. Nessuna fusione però, se intesa ci sarà, il modello è quello di una federazione.
Anche qui, però, la debolezza di Salvini e le tensioni con Giorgia Meloni, che ieri ha chiesto ai suoi alleati di chiarire se «si preferisce stare nel campo del centrodestra costi quel che costi o preferire l’alleanza con il centrosinistra», hanno rallentato qualsiasi progetto.
Prossimi appuntamenti
Non va dimenticato, poi, che nei prossimi mesi, probabilmente a maggio, si terranno le elezioni amministrative. Si voterà in circa mille comuni tra cui Palermo, Genova, Parma, Verona, Taranto, Catanzaro, Como, La Spezia. In autunno, invece, si svolgeranno le regionali in Sicilia. Anche per questo è difficile che succeda qualcosa di particolarmente significativo nell’immediato.
E comunque sarà soprattutto il dibattito sulla legge elettorale a far capire quale sarà il futuro di Forza Italia. Fermo restando il ruolo di Berlusconi. Che ieri ha spiegato che presto si tornerà a «un’alleanza tra forze politiche omogenee». Prima, però, «Draghi deve avere tutto il tempo necessario per completare il suo lavoro».
Una frase sibillina che guarda al presente ma anche al futuro. Chi esclude, infatti, che quel «tempo necessario» non coinvolga anche la prossima legislatura?
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