Cinque anni dopo l’accordo della Cop21 di Parigi e all’indomani della chiusura dell’accordo del Consiglio europeo sul taglio delle emissioni, il ministro dell’Ambiente parla dei lavori sull’Ilva e delle centrali di Enel, dello stop ai sussidi ambientalmente dannosi «nel 2022» e dello scontro con Iv per Terra mia: «Gli imprenditori dovrebbero spingere per l’approvazione»
- A cinque anni dagli accordi per il Clima di Parigi, raggiunti il 12 dicembre 2015, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa dice: «Abbiamo la consapevolezza di dover agire e farlo subito».
- Per quanto riguarda la fuoriuscita dal carbone al 2025 risponde: «Ci stiamo lavorando», la riconversione dei sussidi ambientalmente dannosi partirà nel 2022: «Stiamo parlando di una delle riforme più complesse e articolate».
- Sullo scontro con Italia viva per il disegno di legge Terra mia: «La dialettica del governo in certi momenti è particolarmente vivace, ma lo spirito che anima la maggioranza è lavorare per il bene del paese e dei cittadini. Terra mia non è il diavolo»
Ministro Costa, sono passati cinque anni dagli accordi della Cop21 di Parigi che hanno impegnato l’Italia a fare il possibile per mantenere l’aumento delle temperature ben al di sotto dei due gradi centigradi rispetto al periodo preindustriale. Pena il disastro climatico. Qual è il bilancio?
Quello di oggi è un anniversario molto significativo che cade, tra l’altro, all’indomani dell’importante obiettivo fissato dal Consiglio Europeo, dopo una notte di mediazioni, di fissare ad almeno il 55 per cento il taglio delle emissioni di gas climalteranti entro il 2030. Oggi quindi non stiamo celebrando solo una ricorrenza, ma un obiettivo sfidante che coinvolge tutto il continente. L’Italia è stata protagonista in questa partita e abbiamo lavorato fin da subito per alzare il livello dell’ambizione. Sempre senza lasciare indietro nessuno, perché tutte le imprese vanno accompagnate verso i nuovi traguardi.
Obiettivi necessari perché le conseguenze della crisi climatica sono sotto i nostri occhi tutti i giorni: temporali violenti alternati a forti siccità, scioglimento dei ghiacciai, fenomeni meteorologici che ci lasciano inermi, mettendo in pericolo le nostre vite e la nostra economia. Di fronte a tutto questo abbiamo la consapevolezza di dover agire e farlo subito.
L’anno prossimo ci sarà la conferenza per il clima Cop26.
Nel 2021 il paese rivestirà due ruoli molto importanti: la presidenza del G20 e l’organizzazione, in partenariato con il Regno Unito, della PreCop26 e dello Youth for Climate, un grande evento che coinvolgerà i giovani di tutto il mondo in un vero e proprio negoziato. La “Carta dei Giovani” sarà portata alla PreCop ai ministri dell’ambiente di tutto il mondo. Non sarà un momento retorico ma concreto: quella carta dei giovani sarà negoziata durante la PreCop, insieme con gli altri ministri dell’ambiente, proprio come se fosse nata un’altra nazione, quella dei giovani. È un percorso condiviso anche con l’Onu e che vedrà la luce per la prima volta a Milano, dal 28 settembre 2021. Anche sul fronte interno stiamo lavorando in questo senso: penso al decreto legge Clima, approvato l’anno scorso, ai 30 milioni per la forestazione urbana, ai bonus ecologici come il Superbonus 110 per cento e quello per la mobilità. Penso agli impegni per aumentare le aree protette, sia marine che terrestri, agli investimenti per i Parchi nazionali, come ad esempio i 100 milioni del fondo “Parchi per il Clima”, ai 517 milioni destinati al miglioramento della qualità dell’aria in Pianura Padana, giusto per fare degli esempi.
Il Piano nazionale integrato energia e clima che ha avuto anche la sua firma però non impegna l’Italia alla fuoriuscita dal carbone nel 2025, né l’Italia ha fissato il vincolo alla neutralità climatica al 2050. Come mai?
La neutralità climatica è un obiettivo condiviso a livello europeo. Non è in discussione, così come da oggi possiamo dire che non lo è l’obiettivo più vicino di tagliare le emissioni di almeno il 55 per cento entro il 2030. Questo percorso, a cui abbiamo aderito con grande forza ed entusiasmo come ho detto, ci impone delle scelte. Lo abbiamo detto in vari scenari internazionali: l’Italia è impegnata a chiudere le sue centrali a carbone entro il 2025 e i grandi player come l’Enel da questo punto di vista stanno sostenendo la scelta. Inoltre grazie al Just Transition fund sarà possibile lavorare concretamente alla decarbonizzazione dell’ex Ilva. E adesso, con l’ingresso dello stato nel capitale societario, l’obiettivo non è più procrastinabile.
Grazie alla definizione dei nuovi target europei dovremo necessariamente aggiornare il Piano nazionale integrato energia e clima, ma questo era già previsto a fine 2019 quando è stato approvato definitivamente. Ed è una bella notizia: la politica europea ha preso atto della crisi climatica e tutti noi Paesi, ognuno con la propria storia e le proprie capacità siamo chiamati ad adeguare le nostre strategie nazionali e le politiche economiche a questi nuovi obiettivi. E noi lo faremo.
Ha cercato più volte di avviare un’operazione di taglio e riconversione dei sussidi ambientalmente dannosi. Non va mai in porto, anche quest’anno è stata rimandata. A quando? Come mai non va avanti la riforma?
Stiamo parlando di una delle riforme più complesse e articolate. Durante questo anno il ministero dell’Ambiente ha coordinato un gruppo di lavoro composto anche dai ministeri dello Sviluppo economico, dell’Economia e dell’Agricoltura, che hanno esaminato il catalogo dei Sad, i sussidi ambientalmente dannosi, e formulato delle proposte affinché, mantenendo gli stessi saldi, possano essere trasformati in Saf, sussidi ambientalmente favorevoli. Come ho già detto: vogliamo che nessuno resti indietro, per cui abbiamo elaborato una proposta che preveda una rimodulazione dei Sad, non un taglio lineare. Questa proposta è stata presentata al Mef, che ha ritenuto di farla slittare di un anno anche in considerazione della particolare situazione del 2020. Sono fiducioso che nel 2022 sarà possibile attuarla. Lo spirito, condiviso da tutto il governo, è quello del percorso verso una transizione ecologica, ormai urgente e necessario.
Vogliamo riuscire nell’operazione di orientare i soggetti che beneficiavano di risorse già attribuite verso soluzioni sostenibili, ottenendo un saldo zero che possa andare a vantaggio dell’ambiente e della salute dei cittadini, garantendo al contempo un’adeguata tutela sociale.
Lei è uno dei due ministri – insieme al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede – che non solo è stato riconfermato ma ha tenuto la stessa casella nel passaggio dal governo giallo-verde a quello giallo-rosso. Come lavora con le forze di maggioranza? Italia viva la attacca spesso, da ultimo sul disegno di legge Terra mia che inasprisce le pene per chi inquina.
Certo, la dialettica del governo in certi momenti è particolarmente vivace, ma lo spirito che anima la maggioranza è lavorare per il bene del Paese e dei cittadini. Terra mia non è il diavolo: è un disegno di legge che nasce dalla mia esperienza ultratrentennale nel campo delle investigazioni ambientali. So esattamente cosa è necessario per la lotta contro le ecomafie e non è una legge che va contro le aziende, anzi, è esattamente il contrario. Terra mia si pone al fianco delle imprese, tanto che anche Confindustria la sta valutando e mi ha espresso le prime considerazioni positive. L’azienda che dovesse inciampare in un illecito ambientale sarà aiutata a riparare il danno, a porre rimedio. Lo Stato, invece, mostrerà i muscoli solo con chi pervicacemente vorrà avvelenare il nostro territorio. Chi non è interessato a un percorso di redenzione. Ebbene in quel caso non parliamo di imprenditori, ma di criminali, ed è giusto che contro di loro lo Stato debba agire con forza. Questi criminali inoltre rappresentano una concorrenza sleale proprio per chi fa impresa nella legalità. Ed ecco perché anche gli imprenditori, con cui da mesi ho un dialogo costante, dovrebbero spingere affinchè sia approvata al più presto.
Lei è stato molto criticato per la misura “sui monopattini”.
Solo chi vuole denigrare una nuova forma di mobilità, chi non riconosce che i modelli di mobilità privata della nostra città sono fallimentari definisce il bonus introdotto con il dl Rilancio “bonus monopattino”. Tutti coloro che hanno acquistato una bicicletta o un mezzo di mobilità individuale tra il 4 maggio e il 3 novembre riceveranno o hanno ricevuto il ristoro dei soldi spesi, nella misura del 60 per cento o comunque fino a 500 euro. Non è poco. Circa 600 mila persone in un solo giorno hanno potuto presentare fattura o scontrino o ritirare il voucher per acquistare una bicicletta o un monopattino. Il 9 dicembre scorso, inoltre, si è chiusa a finestra lasciata aperta per far preregistrare chi aveva acquistato il mezzo e non era riuscito a caricare fattura o scontrino il giorno del cosiddetto click day. Come abbiamo promesso, chiunque ha speso i sodi sarà pagato. Questi sono risultati concreti che ripagano anche delle prime ore di impasse del sito.
Cosa dobbiamo aspettarci di ambientalmente proficuo dopo l’approvazione della legge di Bilancio?
In legge di Bilancio c’è uno stanziamento da 100 milioni che servirà a implementare la mobilità sostenibile, sia per la costruzione di piste ciclabili nei comuni sia per riattivare l’articolo della legge clima che prevedeva incentivi per chi volesse rottamare un’auto o un motorino acquistando in cambio una bici o un abbonamento ai mezzi pubblici o in sharing. Vede, non parliamo di misure spot, ma di step successivi che concorrono alla realizzazione di una visione: modificare il paradigma della mobilità nelle nostre città, a partire da quelle sottoposte a infrazione europea per la qualità dell’aria, costruendo una mobilità ciclabile in sicurezza per tutti. Nella legge di bilancio ci sono almeno 5 miliardi di euro in norme per l’ambiente. Abbiamo, tra le numerose misure, prorogato gli incentivi per la riqualificazione energetica e la rigenerazione urbana, per il verde urbano, la sicurezza del territorio, la finanza sostenibile, incrementato il fondo per il sistema nazionale delle aree protette, aumentato la tutela e la vigilanza del mare.
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