- Prima ha escluso Draghi, poi si è rimangiato il veto, convinto da Di Maio. Infine ha esultato per l’uscita di scena di Berlusconi, ma senza trovare un nome su cui unificare il più grande gruppo misto della storia del parlamento italiano, il M5S.
- Il presidente ha provato a condurre una trattativa con Salvini. Ma è stato possibilista su ipotesi che già l’alleato Letta aveva bocciato.
- L’ultima scelta, un’uscita onorevole anche se con poche speranze di riuscita, è il reincarico a Mattarella, di cui il movimento aveva chiesto l’impeachment. Ora è un rifugio per non fare altre brutte figure.
Per il presidente del Movimento 5 stelle sono le ultime ore per tirare fuori un coniglio dal cilindro e uscire dall’angolo in cui si è cacciato, dopo aver condotto in maniera confusionaria la prima parte delle trattative con Enrico Letta e Matteo Salvini. Prima ha escluso Draghi, poi si è rimangiato il veto, convinto da Luigi Di Maio.
Infine ha esultato per l’uscita di scena di Silvio Berlusconi, ma senza riuscire a trovare un nome su cui unificare il più grande gruppo misto della storia del parlamento italiano, quello che è ormai il movimento. Passerà agli annali dell’elezione del 13esimo capo dello stato come il leader dei «ni».
All’uscita dell’ultimo vertice con Enrico Letta e Roberto Speranza, gli altri due partner dell’alleanza giallorossa, ha apprezzato ma senza entusiasmo il nome di Andrea Riccardi, l’ex ministro fondatore della Comunità di Sant’Egidio – una potenza geopolitica in tema di cooperazione e accoglienza dei migranti – anche solo come candidato «di messaggio» (non di «bandiera», chiede chi caldeggia l’operazione, che finirebbe per ghettizzare la scelta in una parte politica). «Riccardi è una candidatura che risponde sicuramente a quelle caratteristiche che sto descrivendo, però non abbiamo parlato di candidati», ha tagliato corto. Quanto al movimento «abbiamo 235 grandi elettori che non sono nostri, ma che hanno l’obiettivo di mettere a disposizione il patrimonio di voti a disposizione di tutti i cittadini». Bellissime parole. Ma dopo aver valutato le tante proposte uscite dalle arlecchinesche riunioni grilline (l’ex ministro Patroni Griffi, la direttrice generale del dipartimento delle Informazioni per la sicurezza Belloni, l’ex ministra Severino e persino l’ex segretario Pd Bersani, le ultime) la somma tende allo zero. L’ultima scelta, quella che potrebbe essere un’uscita onorevole, anche se con poche speranze di riuscita, è il reincarico a Mattarella, il presidente di cui il M5s nel 2018 aveva chiesto l’impeachment ed ora è «Il nome», almeno per non fare altre brutte figure.
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