L’incontro chiarificatore doveva essere preceduto da una riunione del Consiglio nazionale, in cui Conte voleva sondare gli umori del partito. Il viaggio del premier a Canazei ha fatto saltare l’agenda. L’avvocato si presenterà con una serie di richieste e valuterà le proposte di Draghi sui temi più caldi. Intanto, il decreto aiuti, uno dei più controversi per il Movimento, torna in commissione Bilancio
È stato rinviato a mercoledì alle 16.30 l’incontro chiarificatore tra Mario Draghi e Giuseppe Conte. Fissato venerdì scorso, il faccia a faccia avrebbe dovuto aiutare a risolvere le incomprensioni nate dall’intervista al Fatto quotidiano di Domenico De Masi, che aveva raccontato di presunte pressioni da parte di Draghi su Beppe Grillo affinché escludesse Conte dal Movimento.
Il viaggio del presidente del Consiglio alla Marmolada, sul luogo della tragedia che si è consumata ieri, ha provocato un rinvio dell’appuntamento, che dovrà essere fissato in un altro momento. Saltato di conseguenza anche il Consiglio nazionale in cui si dovevano confrontare i vertici del partito. Conte ha inviato al premier un messaggio in cui ha manifestato la sua disponibilità a rinviare l'incontro previsto per oggi pomeriggio, così da poter permettere al premier di avere tutto il tempo necessario per il sopralluogo in un momento così delicato. A seguito dell'iniziativa di Conte, i due hanno avuto un colloquio telefonico dove si è convenuto di comune accordo di rinviare l'incontro.
Le dichiarazioni sono poi state smentite, ma ormai l’incontro ha acquistato un peso ancora più importante perché, complici due sconfitte in commissione su provvedimenti centrali per i Cinque stelle come il reddito di cittadinanza e il termovalorizzatore, il M5s deve decidere se restare oppure no nel governo Draghi.
Negli ultimi giorni i diversi partner di maggioranza si sono spesi per convincere Conte a rimanere nell’esecutivo: l’ex banchiere ha fatto capire che senza il Movimento il governo cadrebbe e anche il segretario dem Enrico Letta ha assicurato che il Pd non sarebbe disposto a sostenere altre soluzioni. Ieri Dario Franceschini ha rincarato la dose, spiegando che nel caso in cui i Cinque stelle rompessero, anche l’alleanza giallorossa e da considerarsi conclusa e ciascuno dei due partiti arriverebbe alle elezioni per conto suo.
Soprattutto le parole di Franceschini hanno provocato molta ostilità nel Movimento nelle ultime ore: «Il Pd ci teme. Questa è l’unica spiegazione di certe recenti uscite scomposte. Siamo una concorrenza temibile su quello che è un campo di “sinistra” per tradizione, ma che noi abbiamo saputo interpretare e portare nelle istituzioni molto meglio di loro. Senza tutta la ridondante retorica della sinistra» scrive stamani Alessandra Maiorino sul suo profilo Facebook.
Una delle prime occasioni su cui potrebbe consumarsi lo strappo in parlamento potrebbe essere il decreto Aiuti, sbarcato oggi nell’aula di Montecitorio, che contiene molti argomenti cruciali per i Cinque stelle, come il Superbonus, le modifiche al reddito di cittadinanza e il termovalorizzatore per Roma. Nella discussione generale, un appuntamento in genere non molto seguito dai deputati, si sono iscritti ben dieci parlamentari grillini per intervenire, segnalando una lunga serie di nodi irrisolti che sembrano anticipare il confronto tra Conte e Draghi.
Resta per esempio sul tavolo la questione del termovalorizzatore da costruire a Roma, che «non risolve un bel niente» dice, durante il dibattito in aula, la deputata romana Francesca Flati. «Quello che serve a Roma non è l'inceneritore, ma investire sulla raccolta differenziata» aggiunge.
Intanto, in mattinata è stato comunicata la necessità di far ripassare in commissione Bilancio il testo del decreto Aiuti: un passaggio tecnico, spiegano dalla commissione, dovuto a un problema di coperture, ma c’è chi legge il passaggio ulteriore come apertura al Movimento 5 stelle per ridiscutere il provvedimento anche nel merito. Il nuovo esame dovrebbe comunque essere brevissimo, attualmente è previsto che il governo ponga la fiducia sul testo già nel primo pomeriggio di domani.
Le ipotesi
In ogni caso, l’avvocato pugliese sonderà gli umori del suo partito con una riunione del Consiglio nazionale prima dell’incontro con Draghi, alle 13. Una buona parte dei parlamentari, soprattutto al Senato, spinge per lasciare il governo e tentare di recuperare terreno nei sondaggi con un passaggio all’opposizione. Resta sul tavolo anche l’ipotesi dell’appoggio esterno, in ballo da quando Grillo è sceso a Roma a incontrare gli eletti.
Sicuramente, Conte arriverà a palazzo Chigi con una lista di richieste, sovrapponibile a tutti i provvedimenti su cui può far cadere il governo. Il Fatto quotidiano questa mattina rivela alcuni dei punti su cui l’avvocato pugliese si confronterà con il presidente del Consiglio.
In cima alla lista ci sono le nuove forniture di armi, che potrebbero arrivare già questa settimana, e su cui in realtà il M5s ha già dato il via libera votando diverse risoluzioni nei mesi scorsi. Secondo il Fatto Conte vorrebbe tornare su una linea più diplomatica.
Al secondo posto c’è la gestione della crisi economica e sociale: Conte considererebbe la misura dei 200 euro una tantum insufficiente, e andrebbe a chiedere un piano complessivo contro la povertà, oltre all’introduzione del salario minimo e la difesa del reddito di cittadinanza. Soprattutto su quest’ultimo tema, in realtà, potrebbe trovare sponde da parte di Draghi.
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