Messo all’angolo dalla scelta di Meloni di sfidare in tv Schlein, l’ex premier ha trovato un alibi: la segretaria Pd sarebbe meno temibile di lui. Ma Conte ragiona già nel lungo termine. Se la dem dovesse rimanere danneggiata dal confronto, lui è già pronto a raccogliere i frutti
Giuseppe Conte il terzo incomodo non lo vuole fare. Mentre pubblicamente si lamenta di essere stato escluso dal duello televisivo Schlein-Meloni, in privato ragiona già sugli effetti che lo scontro potrà avere nel campo del centrosinistra.
Schlein ha dalla sua una legittimazione garantita dalla più inaspettata delle dispensatrici: Giorgia Meloni. Il fatto che la presidente del Consiglio abbia scelto lei per come avversaria in un duello televisivo cambia le carte in tavola. Da una parte, la premier le riconosce il ruolo di guida dell’opposizione. Dall’altra, la espone, oltre che agli attacchi della maggioranza, al malumore dei grillini che non hanno mai accettato di essere stampella dei dem.
La linea ufficiale del Movimento rimane una: la donna da battere è solo Meloni. E il partito da avversare è «solo FdI. Ne è prova» spiega un dirigente vicino a Conte «la batteria di dichiarazioni del Movimento contro la riforma dell’editoria su cui starebbe lavorando il presidente della commissione Cultura Federico Mollicone». Ieri il meloniano ha ipotizzato a Repubblica una possibile legge che dia una sorta di certificazione alle notizie, scatenando un pandemonio. FdI ha poi smentito Mollicone.
Detto che ufficialmente il rivale politico resta la destra, i mal di pancia nei confronti della scelta di Meloni di “incoronare” Schlein come oppositrice principale restano. Le obiezioni principali che i grillini sollevano pubblicamente sono due: primo, la scelta di Schlein è un’esclusione ingiusta del Movimento dal dibattito politico. Secondo, Meloni ha scelto la segretaria dem perché in un duello televisivo sarebbe l’avversaria meno temibile di Conte.
Avversario temibile?
L’ex premier crede di avere più carte da giocarsi in uno scontro diretto, dalla conquista dei soldi del Pnrr al ruolo di capo del governo durante la difficile pandemia.
I grillini ricordano che la premier l’ha attaccato duramente durante la conferenza stampa citando tutti i cavalli di battaglia del Movimento, come il Superbonus e reddito di cittadinanza. E ripetono che il loro leader ha molte meno remore di Schlein di ricorrere alle armi del populismo che lei stessa padroneggia: «Più facile per lei virare su una polarizzazione estrema confrontandosi con i ragionamenti pacati della segretaria dem» sostengono
Contemporaneamente, Conte sta preparando una strategia per non restare nell’angolo. Se Meloni dovesse alla fine prevalere su Schlein in tv, l’ex premier potrebbe limitarsi a raccogliere i frutti della sconfitta della segretaria dem, a poche settimane dal voto «senza neanche sporcarsi le mani. Il candidato più prossimo per un elettore di centrosinistra rimane in questo momento Conte».
Grillini e meloniani sono poi da tempo legati da un rapporto sotterraneo che affiora di tanto in tanto, come per esempio nel caso delle spartizioni delle poltrone in Rai. A entrambi la destabilizzazione del Pd non può che essere gradita.
Se la responsabilità di indebolire i vertici del Pd se la prende la premier tanto meglio per Conte, è il ragionamento. Anche se Schlein dovesse convincere più di Meloni, l’M5s potrebbe giovarsene, visto che un pezzo del suo elettorato potenziale è a destra. Tra i due litiganti il terzo potrebbe godere, e il capo politico potrebbe veleggiare abbastanza serenamente verso le europee senza veder dipendere la sua performance dall’esito di uno scontro (pericoloso) con Meloni.
I prossimi mesi
Anche senza il rischio di un confronto televisivo, la campagna elettorale va preparata bene. Nelle discussioni interne al M5s, dopo un momento di incertezza dovuta all’esclusione dal duello, stanno per ricominciare le discussioni sui temi da privilegiare. La parola d’ordine è sempre la stessa: differenziarsi dal Pd, se necessario anche mettendo in difficoltà quelli che poi sarebbero gli alleati sui territori. Unica eccezione, il congedo paterno paritario di cinque mesi, su cui in parlamento i gruppi parlamentari si stanno venendo incontro.
«Ma penso che sia l’ultimo argomento su cui troveremo un’intesa di qui alle europee» sospira una parlamentare Cinque stelle. «Tanto alla fine a giugno ci si misura sui numeri».
Ed è proprio a quelli che guarda Conte, che continua a tenere la posizione nei sondaggi e a ridurre la distanza tra Movimento e Pd. Puntando su antimilitarismo e ostilità all’Europa della finanza «ma con presupposti e obiettivi assolutamente diversi dal 2013» assicurano da via di Campo Marzio, dove si vuole chiudere con l’antieuropeismo dogmatico dei tempi di Gianluigi Paragone.
Conte spera poi di ottenere un successo inaspettato dalla Sardegna, dove, grazie alle divisioni interne alla destra, la grillina Alessandra Todde inizia ad avere serie possibilità di vincere. Se dovesse andare così, sarebbe solo altra acqua al mulino dell’ex premier. Ma di questo si parlerà soltanto dopo giugno. Fino ad allora, chiude l’onorevole grillina, «lo scontro con Meloni e il Pd andrà inevitabilmente ad inasprirsi sempre di più». Quali siano le circostanze in cui si riaprirà il dialogo coi dem dopo il voto, insomma, è tutto da vedere.
© Riproduzione riservata